Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 15/11/2004, n. 21595
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In tema di prescrizione annuale del diritto di ottenere dal Fondo di garanzia gestito dall'INPS il pagamento delle retribuzioni relative agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, secondo la previsione dell'art. 2, comma quinto, D.Lgs. n. 80 del 1992, la presentazione della prescritta domanda, secondo le norme che regolano il conseguimento delle prestazioni previdenziali, ai sensi degli art. 25 e 46 legge n. 88 del 1989, oltre a costituire atto interruttivo della prescrizione, determina l'apertura del procedimento amministrativo preordinato alla liquidazione, cosicché il decorso della prescrizione resta sospeso fino alla sua conclusione (che, nel caso di silenzio dell'Istituto e di mancata proposizione nei termini del ricorso amministrativo, si ha dopo duecentodieci giorni, di cui centoventi dalla domanda e novanta fissati per la proposizione del ricorso, ai sensi dell'art. 46 della citata legge n. 88 del 1989).
In tema di decadenza dall'azione giudiziaria per il conseguimento di prestazioni previdenziali, ai sensi dell'art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970 (nel testo modificato dal D.L. n. 384 del 1992, convertito nella legge n. 439 del 1992), la mancanza di un provvedimento esplicito dell'INPS sulla domanda, oppure l'omissione nel provvedimento delle indicazioni prescritte dal comma quinto del detto articolo (precisazione dei gravami esperibili e dei termini per l'esercizio dell'azione giudiziaria), configurano un impedimento al decorso del termine di decadenza dalla scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo (computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione).
Sul provvedimento
Testo completo
ESENTE REGISTRAZIONE ESENTE BOLLI - ESENTE DIRITTI 15 NOV. 2004 2 1595 / 04 AULA B REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano LA CORTE DI CASSAZIONE Sezione Lavoro Oggetto: Lavoro q Composta dai magistrati: R.G.N. 21358/2002 Vincenzo Mileo - Presidente Luciano Vigolo - Consigliere Rep. Giovanni Mazzarella 66 Cron. 36726 Guido Vidiri 66 Pasquale Picone relatore 66 Ud. 29.9.2004 ha pronunziato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE -Inps- in persona del presidente Massimo Paci, elettivamente domiciliato in Roma, via della Frezza, n. 17, presso gli avv. Jeni Franco, Giuseppe Fabiani e Giovanna Biondi, che lo difendono con procura speciale apposta in calce al ricorso;
4117 -ricorrente-
contro
ZA ER -intimato- м per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Catania n. in data 183/2001 marzo 2002 (R.G. 10792000);
sentiti, nella pubblica udienza del 29.9.2004: il cons. Pasquale Picone che ha svolto la relazione della causa;
l'avv.Antonino Sgroi per delega dell'avv.Fabiani;
il Pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore generale Umberto Apice che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo La Corte di appello di Catania, in accoglimento dell'impugnazione di ER EN contro la sentenza del Tribunale di Siracusa, di rigetto della domanda, ha condannato l'Inps, quale gestore del Fondo di garanzia di cui alla legge n. 297 del 1982 e al d.lgs. n. 80 del 1992, al pagamento di tre volte la misura massima del trattamento straordinario di integrazione salariale. ER EN, già dipendente dell'A.I.A.S, - sezione di Siracusa – dall'1.1.1972 - al 13.4.1996, esauritasi infruttuosamente la procedura di esecuzione forzata nei confronti dell'Associazione in data 25.2.1997, aveva presentato il 28.3.1997 domanda amministrativa per conseguire dal Fondo di garanzia il pagamento delle retribuzioni inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro. Nel silenzio dell'Inps, aveva poi proposto ricorso amministrativo in data 11.9.1998 e domanda giudiziale il 6.4.1999. L'Istituto convenuto aveva eccepito la prescrizione annuale e la decadenza dall'azione giudiziaria. 2 I giudici dell'appello hanno ritenuto che non fosse decorso il termine annuale di prescrizione di cui all'art. 2, comma 5, d.lgs. 80/1992 perché la domanda di prestazione era stata tempestivamente proposta rispetto alla data di conclusione infruttuosa della procedura di esecuzione forzata;
che il lavoratore non fosse incorso nella decadenza di cui all'art. 47 d.P.R. 639/1970 (nel testo modificato dal d.l. 384/1992, conv. in 1. 438/1992), stante la presentazione del ricorso al Comitato provinciale dell'Inps in data 11.9.1998. La cassazione della sentenza è domandata dall'Inps con ricorso per due motivi. Non ha svolto attività di resistenza l'intimato. Motivi della decisione. f 1. Con il primo motivo è denunciata violazione dell'art. 2, comma quinto, del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 80;
secondo l'Istituto ricorrente la Corte di Catania non ha considerato che dalla data della domanda amministrativa, primo atto interruttivo, era trascorso più di un anno rispetto al successivo atto interruttivo rappresentato dal ricorso al comitato provinciale.
2. Con il secondo motivo è denunciata violazione dell'art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, nel testo modificato dall'art. 6 del decreto legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito in legge 1° giugno 1991, n. 166. e dall'art. 4 del decreto legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438;
sostiene l'Istituto che la domanda giudiziaria doveva essere proposta entro il termine di un anno e trecento giorni dalla presentazione della domanda amministrativa, non rilevando la presentazione tardiva del ricorso amministrativo.
3. La Corte giudica il ricorso infondato perché la sentenza impugnata ha deciso conformemente al diritto, ancorché la motivazione debba essere corretta e integrata (art. 384, comma secondo, c.p.c.). 3 4. Entrambi i motivi di ricorso devono essere esaminati nel loro fondamento alla stregua delle norme che regolano l'erogazione delle prestazioni previdenziali (come, del resto, ritiene scontato l'Inps con la formulazione del secondo motivo).
4.1. E' opportuno ricordare brevemente che la Direttiva della Comunità Europea 20 ottobre 1980, n. 987, impegnò i Paesi membri ad adottare le misure necessarie affinché appositi organismi di garanzia assicurassero la tutela dei diritti dei lavoratori subordinati nei confronti dei datori di lavoro, sia in caso d'insolvenza di questi ultimi accertata in sede di procedura concorsuale, sia in caso di semplice inadempimento dei medesimi, dopo l'esperimento negativo dell'esecuzione forzata individuale. In attuazione della citata Direttiva, la legge 29 maggio 1982, n. 297, recante la disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica, ha previsto all'art. 2 l'istituzione presso l'Inps del "Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto", alimentato mediante contributi a carico dei datori di lavoro, con lo scopo di sostituirsi, su domanda del lavoratore interessato, al datore di lavoro in caso d'insolvenza nel pagamento del trattamento di fine rapporto di cui all'art. 2120 cod. civ., spettante ai lavoratori o ai loro aventi diritto. Erogata la prestazione, il Fondo ha azione di regresso nei confronti del datore di lavoro e subentra per le somme pagate nel privilegio riconosciuto al credito del lavoratore dagli art. 2751-bis e 2776 cod. civ.. Successivamente, il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, attuativo, a sua volta, della delega di cui all'art. 48 legge 29 dicembre 1990, n. 428, ha previsto l'intervento del medesimo Fondo, alimentato finanziariamente mediante aumento dei contributi già corrisposti al Fondo per il trattamento di fine rapporto, per i (diversi) crediti di lavoro relativi agli ultimi tre mesi del rapporto, i quali, peraltro, 4 sono garantiti entro un certo massimale, non sono compatibili con redditi alternativi ricevuti dal lavoratore nello stesso periodo, sono prescrittibili entro il breve termine di un anno, e comprendono gli accessori, decorrenti dalla data di presentazione della relativa domanda (art. 1 e 2).
4.2. Nell'interpretare le suddette norme, la giurisprudenza di questa Corte ha rilevato che il primo comma dell'art. 2 della legge n. 297 del 1982 stabilisce che il Fondo "si sostituisce" al datore di lavoro nel pagamento della somma dovuta (e non che "garantisce" tale pagamento) e contiene, dunque, un precetto che induce a ritenere costituito dallo stesso legislatore (in termini più descrittivi che f tecnicamente corretti, a fronte della mancanza di un contratto tra debitore e terzo) un accollo