Cass. civ., SS.UU., sentenza 24/09/2014, n. 20107
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In tema di distanze legali, le norme degli strumenti urbanistici integrano la disciplina dettata dal codice civile nelle materie regolate dagli artt. 873 e ss. cod. civ., ove tendano ad armonizzare l'interesse pubblico ad un ordinato assetto urbanistico del territorio con l'interesse privato relativo ai rapporti intersoggettivi di vicinato sicché vanno incluse in tale novero le disposizioni del piano regolatore generale dell'ente territoriale che stabiliscano la distanza minima delle costruzioni dal confine del fondo e non tra contrapposti edifici. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che condannava il convenuto ad arretrare il proprio edificio dal fabbricato attoreo, sino al rispetto della distanza prevista quale minima dal confine dal piano regolatore generale del Comune).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente aggiunto -
Dott. F M - Presidente di sez. -
Dott. R R - Presidente di sez. -
Dott. R V - Consigliere -
Dott. D C V - Consigliere -
Dott. D I C - Consigliere -
Dott. P S - rel. Consigliere -
Dott. G A - Consigliere -
Dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M R (MNT RTI 31C53 A373A), rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall'Avvocato G R, elettivamente domiciliata in Roma, via Caio Canuleio n. 127, presso lo studio dell'Avvocato A D;
- ricorrente -
contro
T T (TRM TMS 38C13 H943P), già rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al controricorso, dall'Avvocato B R e successivamente dall'Avvocato C D V, per procura speciale notarile, elettivamente domiciliato in Roma, via Merulana n. 234, presso lo studio dell'Avvocato Della Valle;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova n. 280 del 2009, depositata in data 11 marzo 2009;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 luglio 2014 dal Consigliere relatore Dott. S P;
sentiti gli Avvocati A D, con delega, e C D V;
sentito il P.M., in persona del Procuratore Generale Aggiunto, Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Trimarco T conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale della Spezia, M Rita lamentando che alcuni manufatti edificati da quest'ultima erano stati realizzati in violazione delle distanze dal confine con la sua proprietà, e chiedendo, quindi, la condanna del convenuto all'arretramento dei detti fabbricati. Si costituiva la M chiedendo il rigetto della domanda. L'adito Tribunale, previo esperimento di una consulenza tecnica d'ufficio, condannava la convenuta alle demolizioni dei manufatti, come specificate in dispositivo, e al pagamento delle spese processuali e di c.t.u..
2. Avverso questa decisione M Rita proponeva gravame. Ricostituitosi il contraddittorio, la Corte d'appello di Genova respingeva il gravame.
La Corte d'appello rigettava, in primo luogo, il motivo di appello con il quale la M aveva dedotto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quello amministrativo, rilevando:
a) che l'attore aveva agito per ottenere tutela in ordine alla affermata violazione delle norme sulle distanze legali, contenute nel codice civile;b) che si trattava, comunque, di controversia vertente tra privati in ordine a posizioni di diritto soggettivo. Quanto al secondo motivo di impugnazione, con il quale l'appellante aveva contestato nel merito la condanna all'arretramento, la Corte distrettuale ne riteneva la infondatezza osservando che correttamente, sulla scorta dei non contestati accertamenti del c.t.u. e delle fotografie allegate da parte attrice, il Tribunale aveva qualificato l'intervento di ristrutturazione eseguito dalla M come una nuova costruzione, soggetta all'osservanza delle norme sulle distanze dal confine, e segnatamente della distanza di cinque metri prevista dal piano regolatore del Comune di Arcola. In particolare, doveva ritenersi provato che la M aveva sostituito una preesistente capanna in canniccio sorretta da pali in legno infissi al suolo con una struttura in cemento coperta da un regolare tetto e di dimensioni certamente maggiori di quelle della capanna. La Corte d'appello rilevava altresì che dalle fotografie allegate all'elaborato peritale emergeva l'esistenza di una finestra nella nuova costruzione, che integrava una nuova veduta sulla proprietà del Trimarco, sicché la decisione di primo grado doveva ritenersi corretta anche con riferimento all'ordine di eliminazione della veduta.
In sostanza, l'edificio realizzato dalla M, integrando una nuova costruzione, avrebbe dovuto essere realizzato alla indicata distanza di cinque metri dal confine, il che non era nella specie avvenuto, non potendosi attribuire alcuna efficacia alla circostanza che la M avesse ottenuto dal Comune di Arcola regolare titolo edificatorio, posto che il detto titolo non poteva riguardare la lesione di diritti soggettivi di terze persone;così come era priva di rilievo la mancata impugnazione, da parte del Trimarco, del titolo edificatorio rilasciato alla M dinnanzi al giudice amministrativo.
3. Per la cassazione di questa sentenza M Rita ha proposto ricorso affidato a sette motivi, cui Trimarco T ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce carenza di giurisdizione del giudice ordinario, sostenendo che, nella stessa prospettazione avversaria, la definizione giuridica dell'intervento, se ristrutturazione edilizia o nuova costruzione, era decisiva per disporre la conservazione o non della preesistente distanza dal confine (metri 3,03) rispetto a quella prevista dalle norme tecniche attuative del piano regolatore generale del Comune di Arcola (5 metri dal confine);la stessa domanda dell'attore implicava, dunque, una questione che fuoriusciva dalla disciplina civilistica per rientrare nell'ambito della valutazione di conformità urbanistica, rimessa al giudice amministrativo.
1.1. A conclusione del motivo la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: Tenuto conto che la difesa avversaria ha sempre giudizialmente sostenuto che l'attività edilizia complessivamente posta in essere dall'attuale ricorrente fosse riconducibile ad una nuova costruzione anziché ad un intervento di ristrutturazione edilizia D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 3 e che la stessa avrebbe in ogni caso comportato una volumetria non consentibile da un punto di vista edificatorio, tale tema di decisione finendo per investire l'osservanza o meno delle prescrizioni regolatrici della edificazione in base alle NTA del P.R.G. vigente del Comune di Arcola (SP) nonché in base al D.P.R. n. 380 del 2001, è affidato alla decisione del G.A. in luogo di quelle del G.O. adito?
1.2. Il motivo è infondato, alla luce del principio, reiteratamente affermato da queste Sezioni Unite, per cui nella controversia fra proprietari di fondi limitrofi, in tema di osservanza delle distanze per le costruzioni, la circostanza che vengano in discussione norme degli strumenti urbanistici locali, o che si ponga il quesito del loro carattere integrativo o meno delle prescrizioni del codice civile, non tocca l'inerenza della causa a posizioni di diritto
soggettivo, nell'ambito del rapporto privatistico di vicinato, e, quindi, non incide sulla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., S.U., n. 1276 del 1991;Cass., S.U., n. 21578 del 2011). Nè a tal fine rileva l'avvenuto rilascio di concessione edilizia, atteso che il giudice ordinario, cui spetta la giurisdizione, vertendosi in tema di assunta violazione di un diritto soggettivo, può incidentalmente accertare l'eventuale illegittimità della concessione edilizia medesima, onde disapplicarla;mentre la giurisdizione del giudice amministrativo è al riguardo configurabile allorché la controversia sia insorta tra il privato e la pubblica amministrazione, per avere il primo impugnato detta concessione al fine di ottenerne l'annullamento nei confronti della seconda (Cass., S.U., n. 9555 del 2002). Del resto, anche di recente si è avuto modo di affermare che la controversia instaurata tra un privato e l'Amministrazione comunale avente ad oggetto l'osservanza da parte del Comune, in occasione della costruzione di un terrazzamento destinato a spazi attrezzati, delle norme in materia di distanza tra le costruzioni non da luogo ad una controversia in materia urbanistica od edilizia, devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34 e succ. mod., ma ad una controversia di spettanza del giudice ordinario, atteso che l'attività di edificazione posta in essere dal Comune non modifica l'assetto giuridico della corrispondente parte del territorio comunale, ne' il Comune - nel compimento di tali attività - si presenta in una posizione diversa da quella del privato (Cass., S.U., n. 17065 del 2011). Nella specie, dunque, poiché la controversia verte esclusivamente tra privati e ha ad oggetto la denunciata violazione delle distanze imposte dalle NTA del P.R.G. del Comune di Arcola, e poiché la qualificazione dell'intervento edilizio effettuato dalla ricorrente ha rilievo non nei suoi profili amministrativi, eventualmente con interferenza su atti o provvedimenti dell'amministrazione, ma unicamente sotto il profilo della individuazione della norma applicabile (e, cioè, quella preesistente, ove l'intervento sia qualificato come ristrutturazione, o quella vigente, ove l'intervento venga qualificato come nuova costruzione), non vi è dubbio che la giurisdizione spetti al giudice ordinario.
Si deve solo aggiungere che le deduzioni svolte dalla ricorrente nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., volte a sostenere che l'intervento edilizio oggetto di causa integrava, in effetti, una ristrutturazione, secondo anche quanto stabilito dalla L.R. Liguria n. 16 del 2008 e, da ultimo, dal D.L. n. 69 del 2013, che ha espunto
dalla definizione di interventi di ristrutturazione contenuta nel D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3 e successive modificazioni, realizzata mediante demolizione e ricostruzione di un fabbricato esistente, il requisito del rispetto della sagoma preesistente, attengono, ovviamente, al merito della controversia, che non cessa di essere una controversia tra privati avente ad oggetto il rispetto delle distanze dal confine.