Cass. civ., SS.UU., sentenza 08/04/2008, n. 9040
Sentenza
8 aprile 2008
Sentenza
8 aprile 2008
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Con riferimento all'attuazione dei piani per gli insediamenti produttivi, come delineata dall'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, l'intervento di trasformazione fisica del bene è compiuto dall'assegnatario (titolare del diritto di superficie concesso dal Comune) nell'esclusiva veste di esecutore materiale di un progetto la cui attuazione è solo del Comune, il quale non solo espropria, ma anche utilizza le aree; pertanto, in mancanza di delega a terzi (enti o istituti, ai sensi dell'art. 60 della stessa legge) dell'esercizio dei poteri espropriativi, l'occupazione appropriativa si compie a favore del Comune, che resta unico responsabile del risarcimento per la perdita della proprietà dei fondi irreversibilmente trasformati.
Il giudizio circa l'utilità e la pertinenza di un mezzo di prova rientra nei poteri di valutazione del giudice di merito, il quale può anche utilizzare per la formazione del proprio convincimento prove raccolte in altro giudizio tra le stesse parti. (Fattispecie in cui la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto utilizzabile, ai fini della quantificazione del danno da occupazione appropriativa, una c.t.u. raccolta in un precedente giudizio di opposizione alla stima tra le stesse parti, poi estinto).
La possibilità di agire per il risarcimento del danno ingiusto causato da atto amministrativo illegittimo senza la necessaria pregiudiziale impugnazione dell'atto lesivo, sussistente già prima che l'art. 35 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, concentrasse nella cognizione del giudice amministrativo la tutela demolitoria e quella risarcitoria, comporta che il termine di prescrizione dell'azione di risarcimento decorre dalla data dell'illecito e non da quella del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento da parte del giudice amministrativo, non costituendo l'esistenza dell'atto amministrativo un impedimento all'esercizio dell'azione. Peraltro, la domanda di annullamento dell'atto proposta al giudice amministrativo prima della concentrazione davanti allo stesso anche della tutela risarcitoria, pur non costituendo il prodromo necessario per conseguire il risarcimento dei danni, dimostra la volontà della parte di reagire all'azione amministrativa reputata illegittima ed è idonea ad interrompere per tutta la durata di quel processo il termine di prescrizione dell'azione risarcitoria proposta dinanzi al giudice ordinario, dovendosi al riguardo fare applicazione del principio, affermato da Corte cost. n. 77 del 2007, per cui la pluralità dei giudici ha la funzione di assicurare una più adeguata risposta alla domanda di giustizia e non può risolversi in una minore effettività o addirittura in una vanificazione della tutela giurisdizionale.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISCUOLO Alessandro - Primo Presidente f.f. -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Consigliere -
Dott. CICALA Mario - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. DE MATTEIS Aldo - Consigliere -
Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -
Dott. LA TERZA Maura - Consigliere -
Dott. BENINI Stefano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI VIMODRONE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5, presso lo studio dell'avvocato ABBAMONTE Andrea, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ANTONIO CHIAROLANZA, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
AD TO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AMERIGO CAPPONI 9, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO LACOMBA, rappresentato e difeso dall'avvocato OS NO, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
ENI S.P.A.;
- intimata -
e sul 2^ ricorso n. 30209/05 proposto da:
E.N.I. S.P.A., in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo studio dell'avvocato MO ERNESTO, rappresentata e difesa dall'avvocato TORRANI PIER GIUSEPPE, giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
COMUNE DI VIMODRONE, AD TO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 2075/04 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 09/07/04;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 11/03/08 dal Consigliere Dott. Stefano BENINI;
uditi gli avvocati Antonio CHIAROLANZA, NO OS, ES MO per delega dell'avvocato Pier Giuseppe Torrani;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del 1^ motivo del ricorso principale, A.G.O..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 4 luglio 2002, il Comune di Vimodrone aveva proposto appello avverso la sentenza del Tribunale di Monza con cui, in accoglimento della domanda proposta dall'E.n.i. s.p.a., con atto di citazione notificato il 13.2.1999, era stato condannato al risarcimento per l'illegittima occupazione di alcuni fondi ricompresi nel piano per gli insediamenti produttivi (pip), con chiamata in garanzia, da parte del Comune, dei trentadue soggetti assegnatari. Il risarcimento del danno si configurava per l'illegittimità dell'occupazione, a seguito annullamento degli atti della procedura espropriativa con la sentenza del Tar Lombardia n. 164 del 1996, ed era liquidato nella complessiva somma di L. 1.598.384.615, oltre interessi calcolati sulla somma via via rivalutata a decorrere dalla data dell'occupazione al soddisfo, con il rigetto delle ulteriori domande proposte dalle parti e compensazione delle spese giudiziali.
Con la sentenza depositata il 9 luglio 2004, la Corte di appello di Milano, disattesa, tra l'altro, l'eccezione di prescrizione formulata dall'ente appellante, dichiarava la cessazione della materia del contendere (con compensazione delle relative spese) tra il Comune e trentuno dei terzi chiamati in causa (ad eccezione di AD NT, nei cui soli confronti non era intervenuta la rinuncia al diritto e agli atti del giudizio) e, con riguardo al rapporto processuale tra il predetto Comune di Vimodrone e l'E.n.i. s.p.a., confermava l'impugnata sentenza, riconoscendo, altresì, in favore di quest'ultima società il favore dei 4/5 delle spese processuali (con compensazione del residuo quinto).
Avverso questa sentenza il Comune di Vimodrone ha proposto ricorso dinanzi alle Sezioni unite della Corte di Cassazione deducendo sette distinti motivi, illustrati da memoria, cui si oppongono con controricorso AD NT e l'Eni s.p.a., che a sua volta propone ricorso incidentale fondato su due motivi, illustrati da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve preliminarmente disporsi la riunione dei procedimenti ai sensi dell'art. 335 c.p.c., avendo essi ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.
Con il primo motivo il Comune di Vimodrone ha prospettato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell'instaurata controversia, ritenendone la spettanza al giudice amministrativo in ordine al disposto del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come novellato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, valutato in correlazione con lo stesso D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 35 e art. 45, comma 18. A sostegno di tale doglianza, il Comune ricorrente ha evidenziato che l'atto di citazione di primo grado formulato dall'E.n.i. s.p.a. era stato notificato il 3 febbraio 1999, ovvero quando, in virtù del combinato disposto dei suddetti del D.Lgs. n. 80 del 1998, artt. 35 e 45, tutte le controversie successive al 1 luglio 1998, aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti della p.a. in materia urbanistica ed edilizia, erano state devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. Peraltro, essendo sopravvenuta in pendenza del giudizio la sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e stante la sua efficacia retroattiva, non risultando mai intervenuto nella fattispecie l'annullamento della dichiarazione di pubblica utilità ricollegabile all'adozione ed approvazione del pip, la controversia in questione, riconducibile ad un caso di occupazione appropriativa, si sarebbe dovuta ritenere ancora attratta nella giurisdizione dei giudice amministrativo, trattandosi di risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., derivante da comportamenti ricollegabili all'esercizio di poteri autoritativi.
Con il secondo motivo il Comune di Vimodrone, denunciando omessa e insufficiente motivazione sul punto decisivo del rigetto del motivo di appello sulla nullità della procura e comunque sulla mancanza di legittimazione attiva e interesse dell'attrice, violazione e falsa applicazione dell'art. 2504 bis c.c., comma 1, e conseguentemente dell'art. 100 c.p.c., violazione dell'art. 112 c.p.c., si duole che la Corte d'appello abbia pronunciato sul difetto di legittimazione attiva dell'Eni, prospettato fin dal primo grado, solo per quanto attiene alla validità della procura, non avendo avuto l'ing. NI NO, che conferì il mandato ad litem, poteri rappresentativi, ed appartenendo il medesimo all'Agip s.p.a., la fusione nell'Eni aveva provocato l'estinzione delle cariche amministrative interne alla stessa.
Con il terzo motivo il Comune di Vimodrone, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., per mancata pronuncia sul motivo d'appello circa la qualità di proprietari e non di meri superficiari dei terzi per effetto dell'occupazione appropriativa, si duole che la Corte d'appello abbia ritenuto la legittimazione passiva del Comune, in quanto esso aveva avviato e gestito la procedura di esproprio, essendone alla fine beneficiario, mentre in realtà i beneficiari sono gli assegnatari, in proprietà, dei singoli lotti, i quali, peraltro, costituendosi in giudizio, hanno aderito ad alcune delle difese del Comune, e dedotto e controdedotto direttamente nei confronti dell'Eni, senza che questa rifiutasse il contraddittorio. Con il quarto motivo il Comune di Vimodrone, denunciando omessa e insufficiente motivazione sul punto della nullità dell'atto di fusione, decisivo ai fini dell'inammissibilità dell'azione per mancanza della legittimazione attiva dell'attrice, violazione della L. n. 47 del 1985, art. 18, e dell'art. 2501 ter, quater, quinquies, sexies c.c., e art. 1253 c.c., conseguente violazione dell'art. 100 c.p.c., censura la sentenza impugnata per non aver rilevato la nullità dell'atto di fusione, in quanto, non essendovi prova agli atti della relazione degli amministratori anteriore al deposito del progetto di fusione dell'Agip, proprietaria dei terreni, incorporata nell'Eni, non si può escludere che l'azione in giudizio dell'Eni miri a conseguire un vantaggio di cui la stessa aveva già beneficiato nel rapporto di cambio tra le due società, imputando la perdita di proprietà dei terreni come perdita di una somma di denaro ben quantificata, da qui la carenza dell'interesse ad agire. Con il quinto motivo il Comune di Vimodrone, denunciando violazione e falsa applicazione delle norme in tema di decorrenza del termine di prescrizione e degli effetti interruttivo-sospensivi della domanda di opposizione all'indennità di espropriazione sul termine di prescrizione dell'alternativo e diverso diritto al risarcimento del danno, censura la sentenza impugnata per aver fatto errata applicazione dei principi giurisprudenziali, non tenendo conto che avendo l'incorporata Agip, a suo tempo, agito con opposizione alla stima, ottenendone la sospensione in attesa della definizione del giudizio amministrativo sulla legittimità del procedimento espropriativo, allo stesso modo avrebbe potuto agire tempestivamente per il risarcimento del danno, sicché l'effetto è stato in definitiva quello di configurare una sospensione del termine di prescrizione per tutta la durata del giudizio sull'indennità, tanto più che la sentenza n. 500 del 1999, sconfessando la pregiudiziale amministrativa, rende la pendenza del giudizio amministrativo mero impedimento di fatto, che non impedisce la decorrenza della prescrizione, dalla data dell'irreversibile trasformazione delle singole aree, dal 1991 al 1996, mentre l'azione risarcitoria era intrapresa dall'Erti solo nel 1999.
Con il sesto motivo il Comune di Vimodrone, denunciando omessa e insufficiente motivazione sul punto della propria buona fede, decisivo al fine di decidere la mancata responsabilità aquiliana, si duole che la Corte d'appello abbia giustificato il comportamento degli assegnatari, autori delle trasformazioni materiali delle aree che hanno dato luogo all'occupazione appropriativa, mentre è proprio il comportamento del Comune che è assistito dalla buona fede. Con il settimo motivo il Comune di Vimodrone, denuncia