Cass. pen., sez. VI, sentenza 06/02/2023, n. 05195
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: F S, nato in Algeria il 25.05.1985 avverso la sentenza emessa in data 9 settembre 2021 della Corte di appello di Bologna;visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D'Arcangelo;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale T E, che ha chiesto di dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. S F è stato tratto a giudizio dal Pubblico Ministero del Tribunale di Reggio Emilia per rispondere del delitto di cui all'art. 336 cod. pen. posto in essere in Reggio Emilia in data 1 aprile 2014. 2. Il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza pronunciata in data 11 novembre 2015, ha dichiarato l'imputato colpevole del reato ascrittogli e lo ha condannato alla pena di otto mesi di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali. 3. Con la decisione impugnata la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza di condanna di primo grado, appellata dall'imputato, che ha condannato al pagamento delle spese processuali del grado. 4. L'avvocato F B, nell'interesse del F, ha presentato ricorso avverso tale sentenza e ne chiede l'annullamento, deducendo due motivi. 4.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., dell'inosservanza o dell'erronea applicazione degli artt.137, 142, 162 cod. proc. pen., in quanto la vocatio in ius nel giudizio di primo grado sarebbe stata del tutto inefficace, essendo fondata su un verbale di elezione di domicilio non sottoscritto dall'imputato. Deduce il difensore che la Corte di appello aveva affermato che l'elezione di domicilio priva di sottoscrizione dell'imputato non è invalida, ma la Corte di Cassazione, con sentenza n. 26631 del 27 giugno 2016, ha ritenuto che l'elezione di domicilio contenuta nel verbale di polizia giudiziaria è nulla qualora il verbale non risulti sottoscritto dal dichiarante. 4.2. Con il secondo motivo il difensore deduce, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l'inosservanza o l'erronea applicazione degli artt.52, 62 bis, 336, 131 bis cod. pen. e il vizio di motivazione sul punto. Rileva il difensore che la Corte di appello non avrebbe motivato specificamente in ordine alle censure formulate nell'atto di appello;in particolare, sarebbe evidente, dalla mera lettura degli atti processuali, la sussistenza dell'esimente della legittima difesa di cui all'art. 52 cod. pen. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche non avrebbe formato oggetto di valutazione da parte della Corte di appello, in violazione del dettato normativo, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità. La ritenuta consumazione del delitto di cui all'art. 336 cod. pen. si porrebbe, inoltre, in contrasto con il dettato normativo, al pari del mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. Ad avviso del ricorrente, pertanto, la Corte di appello avrebbe motivato in modo solo apparente sul punto, ricorrendo ad affermazioni generiche, riferibili a qualsiasi analoga fattispecie.
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