Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 18/12/2018, n. 32697

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 18/12/2018, n. 32697
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 32697
Data del deposito : 18 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso 14561-2013 proposto da: CARTA SILVIO CRTSLV48B06G273G, ZIZZO VINCENZO ZZZVCN41S14G273L, MAGGIORE CATERINA MGGCRN43R61G273J, MILAZZO GIOVANNA MLZGNN46T50L740D, PROVENZANO CALOGERO PRVCGR41H20D009P, DRAGOTTA SILVANA DRGSVN48H69A546R, CARUSO STEFANO CRSSFN49B07G2731, LO VERDE MARIA CONCETTA LVRMCN46R68G273G, MASSEI ROSA ALBA MSSRS049E58G273L, GIAMBALVO CALOGERO GMBCGR46C24I224M, MONDELLO GIULIANA MNDGLN44P43F158N, BELLANTE ERCOLE BLLRCL48T27G273T, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A

STOPPANI

1, presso lo studio dell'avvocato M B M, che li rappresenta e difende per procura a margine del ricorso per cassazione

- ricorrenti -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE

11210661002, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI e

MINISTERO ECONOMIA FINANZE

80415740580, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che ex lege li rappresenta e difende - contrari correnti - avverso la sentenza n. 2215/2012 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 22/11/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/07/2018 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il rigetto del ricorso. udito l'Avvocato AVERAINO PATRIZIA per delega MICELI MARIA BEATRICE. RG 14561-2013

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Palermo aveva rigettato la domanda proposta dagli odierni ricorrenti che, quali dipendenti dell'Agenzia delle Entrate, avevano agito per il riconoscimento della qualifica di "vicedirigente" ex art. 17- bis D.Lgs. n. 165/2001 dagli stessi rivendicata sul presupposto di avere maturato cinque anni di anzianità nelle posizioni C2 e C3 o nelle corrispondenti VIII e IX qualifica del previgente ordinamento.

2. La Corte territoriale, richiamato l'art. 8 della L. n. 15/2009 con cui è stata fornita l'interpretazione autentica del predetto art. 17-bis, richiamata altresì la sentenza n. 14656 del 2011 delle Sezioni Unite di questa Corte, ha ritenuto, in estrema sintesi, che l'art. 17-bis D.Lgs. n. 165/01, inserito dall'art. 7, comma 3, Legge n. 145/2002, poi modificato dall'art. 14- octies del D.L. 115/2005, conv. in Legge n. 168/2005, aveva rimesso esclusivamente alla contrattazione collettiva il compito di istituire l'area della "vicedirigenza", dettando i criteri ai quali le parti contraenti avrebbero dovuto attenersi per individuare quali dipendenti potessero essere inquadrati in detta area e che, in assenza di disciplina negoziale, non poteva sorgere alcun diritto a favore di coloro che vantano i requisiti di legge, posto che tali requisiti non costituiscono la sola condizione prevista dalla legge, essendo invece indispensabile l'intervento della disciplina negoziale ad opera delle parti sociali.

3. Per la cassazione di tale sentenza gli originari ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a tre motivi, cui resistono con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Agenzia delle Entrate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell'art. 17-bis D.Lgs. n. 165/01, omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione al difetto di legittimazione passiva del Dipartimento delle Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'Economia e delle Finanze, statuizione emessa dal Giudice di primo grado ed impugnata dai ricorrenti, sulla quale la Corte di appello aveva omesso di pronunciare espressamente, limitandosi a confermare la sentenza di primo grado.

2. Con il secondo motivo denunciano violazione e falsa applicazione dell'art. 17-bis citato, dell'art. 8 Legge n. 159 del 1999 e dell'art. 5, co. 13 D.L. n. 95/12, conv. in L. n. 135/2012, violazione e falsa applicazione dell'art. 1339 c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.). Deducono l'illegittimità costituzionale della norma abrogativa (art. 5, comma 13 cit.) per contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost. Assumono che l'istituzione di una specifica area per le professionalità più elevate nella Pubblica Amministrazione era contemplata dal predetto art. 17-bis con una disposizione avente efficacia immediatamente precettiva e cogente nei confronti della RÚ 14561-2013 contrattazione collettiva. Sostengono, quindi, che il diritto alla qualifica di vice dirigente era previsto direttamente dalla legge e doveva essere riconosciuto anche in mancanza di una disciplina contrattuale collettiva integrativa.

3. Il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 112 c.p.c., omesso esame di domanda subordinata intesa al riconoscimento del trattamento economico "attualmente goduto dal personale del ruolo ad esaurimento e alla condanna delle amministrazioni resistenti a corrispondere le relative differenze stipendiali". I ricorrenti prospettano di svolgere mansioni del tutto equiparabili a quelle del personale appartenente alla IX qualifica funzionale. Assumono che tale domanda era stata rigettata dal Giudice di primo grado e riproposta in appello, ma la Corte territoriale aveva omesso di pronunciare al riguardo.

4. Il primo e il terzo motivo sono inammissibili, il secondo è infondato.

5. Sia il primo che il terzo motivo si incentrano su presunte omesse pronunce in ordine a questioni che si assumono riproposte in appello. Tuttavia, il ricorso difetta del requisito di indicazione di cui all'art. 366 c.p.c.. Poiché la sentenza di appello non riferisce delle questioni suddette, sarebbe stato onere dei ricorrenti riportare - almeno nelle parti salienti - i passaggi degli atti e della sentenza di primo grado, nonché dell'atto di appello recanti la proposizione delle relative questioni e domande. Se è vero che la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, è anche giudice del fatto e ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, è altresì vero che, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, è necessario che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, in esatto adempimento degli oneri di cui all'art. 366 c.p.c., tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass.n. 2771 del 2017, n. 1170 del 2004).
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