Cass. civ., sez. III, sentenza 16/06/2003, n. 9620

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In materia di procedimento civile, i rapporti ed i verbali della polizia giudiziaria fanno fede fino a querela di falso per quanto concerne i fatti che il pubblico ufficiale afferma di avere personalmente compiuto o constatato ( salvo il potere - dovere del giudice di valutare liberamente, ai fini del proprio convincimento, l'esattezza delle operazioni effettuate ed i relativi risultati ), mentre per ciò che attiene alle altre circostanze di cui lo stesso pubblico ufficiale ha avuto notizia da altre persone - tra cui anche informazioni di polizia ed assunzione di testi senza giuramento- i suindicati rapporti forniscono pur sempre al giudice un materiale indiziario utilizzabile, se non superato da prova contraria.

In materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era da parte di quest'ultimo alcuna possibilità di prevenire l'evento, situazione questa ricorrente allorché il pedone tenga una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l'automobilista si trovi nell'oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti. Tanto si verifica quando il pedone appare all'improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza incidenti con nesso di causalità sul sinistro.

In materia di responsabilità civile derivante dalla circolazione Stradale e di valutazione del concorso di colpa, se il conducente di un autoveicolo, procedendo a velocità eccessiva (art. 102 del d.P.R. 15 giugno 1959 n. 393), investe un pedone mentre attraversa la carreggiata fuori degli appositi spazi (art. 134 stesso d.P.R.), non può ritenersi più grave la colpa del primo in base alla maggiore gravità della sanzione penale, perché questa è correlata alla rilevanza sociale del bene protetto, e non alla gravità della colpa.

In materia di responsabilità civile, ai fini dell'insorgenza del danno biologico risarcibile il fattore temporale assume rilievo decisivo là dove determina la soglia minima di sopravvivenza ( la cui valutazione compete al giudice di merito, tenuto conto delle circostanze concrete ), in quanto è necessario che il soggetto sia rimasto in vita per un tempo apprezzabile, idoneo a consentire la configurazione di una effettiva ripercussione delle lesioni nella sua complessiva qualità della vita. Ne consegue che, ove nel caso concreto tale danno venga ravvisato sussistente, il danneggiato acquisisce ( e quindi trasferisce agli eredi ) il diritto al risarcimento del danno biologico da inabilità temporanea - per quanto assoluta- per il solo tempo di permanenza in vita, e non già in relazione ad un periodo di tempo pari alle sue speranze di vita per il caso di mancata morte a causa delle lesioni ( Nel fare applicazione dei suindicati principi, la S.C. ha rigettato per infondatezza il motivo di ricorso con il quale i ricorrenti si dolevano che il giudice del merito avesse nel caso sia escluso la sussistenza di un danno biologico risarcibile e trasmissibile agli eredi, considerando irrilevante un intervallo di sole cinque ore tra l'evento lesivo - sinistro stradale - ed il decesso della vittima; sia conseguentemente rigettato la domanda di risarcimento del danno biologico, formulata nel senso che quest'ultimo fosse da valutarsi come entrato per intero - e cioè come se il soggetto avesse raggiunto la durata di vita conforme alle speranze - e non solo per quanto commisurabile a cinque ore ).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 16/06/2003, n. 9620
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9620
Data del deposito : 16 giugno 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Presidente -
Dott. TRIFONE Francesco - Consigliere -
Dott. DURANTE Bruno - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. MANZO Gianfranco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LF TE, NZ AN RI, elettivamente domiciliati in ROMA VIA CESI 21, presso lo studio dell'avvocato CARLO TAORMINA, difesi dagli avvocati ANTONIO SIRACUSA, FRANCESCO MOBILIO, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro
OR ASSIC SPA, con sede in Milano, in persona del suo legale rappresentante ed amministratore delegato Roberto Guarena, nonché TT TA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell'avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che li difende unitamente agli avvocati LUCIANA ROBOTTI, FELICE PENCO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2370/99 della Corte d'Appello di MILANO, Sezione 5^ Civile, emessa il 30/06/99 e depositata il 24/09/99 (R.G. 113/98);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/03/03 dal Consigliere Dott. Antonio SEGRETO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Renato FINOCCHI GHERSI che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 23.10.1992 GH NO e AN AM convenivano in giudizio davanti al tribunale di Milano DI ON, proprietaria e conducente dell'autovettura tg. CO A01535 e la TT Assicurazioni S.p.A., assicuratrice della r.c. della DI, chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni conseguenti al decesso della loro figlia IL di tre anni, conseguente al sinistro stradale verificatosi in località Caronno Plinio, nell'ambito urbano del Comune di Dervio il 13.10.1990.
Le convenute, costituitesi, chiedevano il rigetto della domanda. Con sentenza depositata il 6.11.1997 il Tribunale di Milano condannava le convenute in solido a risarcire i danni morali subiti dagli attori, quali genitori della minore nella misura di L. 272.500.000 per ciascuno, oltre agli interessi legali nella misura dell'8,2% e la rivalutazione monetaria dalla data degli esborsi al saldo sulla somma di L. 19.393.800, oltre alle spese. Avverso tale sentenza proponevano appello le convenute. Proponevano appello incidentale gli attori, per la parte in cui la sentenza non aveva loro riconosciuto il danno biologico iure ereditario e quello iure proprio.
La corte di appello di Milano, con sentenza depositata il 24.9.1999, accoglieva parzialmente l'appello principale e riteneva il concorso di colpa della vittima nella produzione del sinistro nella misura del 50%. Riteneva la corte, ricostruendo l'incidente sulla base delle deposizioni dei testi rese alla Polstrada, i rilievi planimetrici e la natura dei danni riportati dall'autovettura, che la minore si trovava in compagnia del nonno materno in uno stretto spazio collocato sulla destra della carreggiata, secondo la direzione di marcia del veicolo investitore, lungo un tratto di strada con curva a destra e fiancheggiata da un muro di media altezza, che ne impediva l'ispezione;
che sul lato opposto si trovava il nonno paterno;
che la bambina, per raggiungere il nonno paterno, abbandonava lo spazio e cominciava ad attraversare la strada, quando veniva investita dall'auto della DI, imbarcata sul cofano e trascinata per 26 metri.
Secondo la corte territoriale non era possibile negare efficacia causale all'imprudente attraversamento della carreggiata da parte della minore, uscita da un'area posta a lato della strada, in quanto la bambina o chi doveva tenerla per mano, giunta sul limitare della carreggiata, avrebbe dovuto fermarsi per dare la dovuta precedenza all'auto, prima di attraversare la carreggiata.
Riteneva la Corte di appello che sussisteva nella fattispecie anche la colpa in concreto della conducente dell'auto, per la velocità eccessiva tenuta in relazione allo stato dei luoghi, che le impedì di frenare o di porre in essere una manovra di emergenza per evitare l'investimento del pedone, tenuto conto che la velocità massima consentita in quel posto era di 30 km/h, mentre risultava accertato anche dalla deposizione del teste LI, che precedeva con la sua auto quella dell'investitrice, che la velocità tenuta da quest'ultima era di 50 km/h;
che detta velocità eccessiva risultava provata anche dal caricamento del pedone e dal suo trascinamento per 26 metri.
Riteneva la Corte di merito che il comportamento colposo dell'investitrice risultava anche dal fatto che essa doveva tenere una velocità moderata nei limiti tali da consentire di rallentare o di fermare la marcia a fronte di un ostacolo alla circolazione, non imprevedibile per la DI, in quanto la stessa, essendo del luogo, sapeva che in quella curva vi era l'uscita di un ristorante. La corte, pertanto, condannava le convenute al pagamento del 50% di quanto statuito dal tribunale per danno morale e spese funerarie, mentre rigettava l'appello incidentale, relativo al risarcimento del danno biologico iure proprio dei genitori, perché domanda nuova ed in ogni caso perché non era provato detto danno psico-fisico, e quello relativo al risarcimento del danno biologico iure ereditario, poiché nella fattispecie, essendo decorse solo 5 ore tra l'incidente ed il decesso della minore, non sussisteva un apprezzabile lasso di tempo tra la lesione ed il decesso. Avverso questa

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