Cass. civ., SS.UU., sentenza 12/03/2003, n. 3602
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La parte alla quale il ricorso per cassazione è diretto, se intende contraddire deve farlo mediante controricorso da notificare al ricorrente nelle forme e nei termini di cui all'art. 370, primo comma, cod. proc. civ. In mancanza, la detta parte non può presentare memorie ma solamente partecipare alla discussione orale. A tal fine il difensore deve essere munito di procura speciale che, in assenza di controricorso, non può essere apposta validamente a margine di una "memoria conclusiva" depositata in prossimità dell'udienza, trattandosi di atto che esula dalla previsione normativa di cui al terzo comma dell'art. 83 cod. proc. civ. ed estraneo al sistema processuale disegnato dal legislatore per il giudizio di cassazione.
Proposta in primo grado domanda di restituzione di un terreno e, in via graduata, il risarcimento del danno sul presupposto della invalidità del decreto di espropriazione e della conseguente sua inidoneità ad attribuire la proprietà del bene alla P.A. espropriante, costituisce domanda nuova, come tale improponibile in appello, quella diretta ad ottenere la retrocessione totale del terreno ai sensi dell'art. 63 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, giacché quest'ultima presuppone che l'espropriazione sia stata validamente eseguita, che la proprietà del bene sia quindi passata all'espropriante e che il bene possa ritornare all'originario proprietario in presenza delle condizioni indicate nel citato art. 63.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CORONA Rafaele - Primo Presidente f.f. -
Dott. VITTORIA Paolo - Consigliere -
Dott. PAOLINI Giovanni - Consigliere -
Dott. CRISCUOLO Alessandro - rel. Consigliere -
Dott. LUPO Ernesto - Consigliere -
Dott. SABATINI Francesco - Consigliere -
Dott. ALTIERI Enrico - Consigliere -
Dott. VITRONE Ugo - Consigliere -
Dott. GRAZIADEI Giulio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ME CO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ZANARDELLI 20, presso lo studio dell'avvocato FABIO LAIS che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato CARLO ZAULI, giusta delega a margine del ricorso e unitamente all'avvocato MENOTTO ZAULI, giusta procura speciale del Notaio Dott. Giorgio OLIVERI, depositata in data 5/12/2002, in atti;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI PREDAPPIO, in persona del Sindaco pro-tempore, domiciliato in ROMA, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO CACCIAGUERRA, PAOLA CICOGNANI, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 458/99 della Corte d'Appello di BOLOGNA, depositata il 17/05/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/02 dal Consigliere Dott. Alessandro CRISCUOLO;
udito l'Avvocato Menotto ZAULI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Domenico IANNELLI che ha concluso per il rigetto dei primi due motivi di ricorso, accoglimento del terzo motivo, giurisdizione dell'A.G.O..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto n. 43 in data 31 maggio 1977, emesso dal presidente dell'amministrazione provinciale di Forlì, fu pronunziata l'espropriazione a favore del comune di Predappio (per l'attuazione del P.E.E.P. del capoluogo di Predappio e della frazione di Fiumana) di un'area di complessivi mq. 11.126 (facente parte del podere denominato "Casalecchio"), di cui era proprietario AS OZ. Quest'ultimo propose opposizione contro la stima della relativa indennità davanti alla Corte di appello di Bologna, ai sensi dell'art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Come risulta dagli atti, il giudizio così promosso fu definito dalla Corte di appello di Bologna con sentenza depositata il 31 marzo 1987, che determinò in complessive lire 134.000.000 l'indennità definitiva di espropriazione spettante al OZ ed ordinò al comune di Predappio di procedere al deposito nelle forme di legge della somma di lire 129.428.000, con i relativi interessi legali, quale differenza tra l'indennità provvisoria già versata e quella determinata in sede giudiziale. Respinse invece la domanda sul punto concernente la rivalutazione monetaria.
Il comune di Predappio propose ricorso per cassazione e il OZ, a sua volta, formulò ricorso incidentale quanto al punto ora accennato.
Questa Corte, con sentenza n. 5133 depositata l'8 maggio 1991, rigettò il ricorso principale ed accolse quello incidentale, rilevando la violazione dell'art. 1224 c.c. e rinviando alla Corte di appello di Bologna.
La Corte bolognese, giudicando in sede di rinvio, con sentenza depositata il 12 settembre 1994 condannò il comune di Predappio a pagare al OZ un importo pari agli interessi al saggio del 10% per ogni anno a far tempo dal 28 luglio 1983, sull'indennità di lire 129.428.000 dovuta per effetto della sentenza precedente, importo comprensivo degli interessi legali già dovuti. Lo stesso OZ, con citazione notificata il 23 luglio 1983, convenne in giudizio il comune di Predappio davanti al Tribunale di Forlì e - premesso di essere stato destinatario del menzionato provvedimento ablatorio e di aver proposto opposizione alla stima (che, peraltro, non avrebbe sortito alcun esito) - dichiarò:
che il provvedimento medesimo era stato preceduto da un'illegittima ed inefficace dichiarazione di pubblica utilità, onde non costituiva titolo idoneo ad operare l'attribuzione della proprietà all'espropriante;
che, infatti, il comune di Predappio, dopo avere adottato il piano di zona ai sensi della legge n. 167 del 1962 (piano poi approvato dal presidente della giunta regionale), in data 11 maggio 1973 aveva approvato il primo programma attuativo del detto piano di zona ed il 21 marzo 1975 aveva deliberato di procedere all'esproprio delle aree occorrenti, tra le quali era quella di mq. 11.126 di proprietà dell'attore, di cui in data 31 maggio 1977 era stata decretata l'ablazione;
che, tuttavia, l'espropriante non aveva fissato i termini per il compimento delle espropriazioni e dei lavori, così incorrendo in violazione dell'art. 13 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e quindi procedendo all'espropriazione in assoluta carenza di potere;
che, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 167 del 1962, l'approvazione del P.E.E.P. equivaleva a dichiarazione di p.u. nonché di urgenza e indifferibilità delle opere;
che, nel caso in esame, mentre l'approvazione del piano risaliva al 1973 e l'espropriazione al 1977, le opere da compiere sull'area espropriata ad esso OZ (suddivise in dieci lotti) non erano state affatto eseguite, in quanto soltanto un lotto su dieci aveva avuto la compiuta destinazione indicata;
che, dunque, l'illegittimità dell'atto traspariva sotto vari profili pur essendo assorbente quello prima menzionato;
che, inoltre, l'ablazione, avendo "mutilato" il podere dell'attore nella sua parte più produttiva, aveva creato un notevole danno all'intera superficie.
Su tali premesse il OZ chiese che:
a) si dichiarasse illegittimo per violazione di legge ed eccesso di potere, in quanto non sonetto da efficace dichiarazione di p.u., il decreto di esproprio in questione, e si disapplicasse tale atto, dichiarandolo inidoneo ad attribuire la proprietà all'espropriante:
b) si condannasse il Comune al risarcimento di tutti i danni subiti dall'attore a seguito dell'atto ablatorio, da quantificare in corso di causa;
c) qualora si fosse ritenuta irreversibile la destinazione delle aree espropriate a fine pubblico, si condannasse il Comune al risarcimento di tutti i danni da precisare in corso di causa. L'ente territoriale si costituì chiedendo il rigetto delle domande. A tal fine rilevò che l'azione di risarcimento dei danni si sarebbe potuta proporre soltanto previo annullamento dell'atto (asseritamente) illegittimo da parte del giudice amministrativo. Ribadì la legittimità dei provvedimenti adottati, escludendo la violazione dell'art. 13 della legge n. 2359 del 1865 in quanto il termine di efficacia del P.E.E.P. era normativamente stabilito. Affermò, infine, che le opere di urbanizzazione di spettanza del Comune erano state eseguite.
Con altra citazione notificata il 20 giugno 1985 il OZ convenne ancora in giudizio il comune di Predappio davanti al Tribunale di Forlì e, premessi i fatti innanzi esposti, dichiarò:
che, in relazione al piano di zona, era mancata l'individuazione delle aree da cedere in proprietà e di quelle da cedere in superficie entro i limiti stabiliti dall'art. 35 della legge n. 865 del 1971;
che non era stata rispettata la previsione di cui all'art. 38 della legge n. 865 del 1971;
che non era stato osservato il precetto di cui all'art. 2 della legge n. 10 del 1977, relativo alla proporzione tra le aree
destinate all'urbanizzazione;
che la condotta dell'espropriante - tradottasi nella parziale esecuzione delle opere progettate - era illecita;
che la concessione delle aree espropriate a persone fisiche che, ai sensi delle leggi sull'edilizia economica e popolare, non potevano fruirne godendo di redditi superiori a quelli normativamente previsti, era illegittima;
che, per conseguenza, era stato leso il suo diritto soggettivo alla restituzione delle aree, sussistente anche qualora si fosse ritenuto che i termini ex art. 13 della legge n. 2359 del 1865 non dovessero essere apposti, essendo già normativamente previsti. Chiese pertanto che il Tribunale adito:
1) dichiarasse il decreto di esproprio inidoneo ad attribuire la proprietà all'espropriante, previa disapplicazione di esso;
2) in subordine, qualora non fosse stata possibile la restituzione delle aree ad esso OZ, si condannasse il comune di Predappio al risarcimento di tutti i danni cagionati dall'illegittimo ed illecito provvedimento ablativo, da liquidare in corso di causa, con vittoria di spese.
Il Comune si costituì proponendo difese analoghe a quelle già addotte nel precedente giudizio e rilevando inoltre che il OZ doveva ritenersi acquiescente all'espropriazione, avendo proposto opposizione alla stima dell'indennità davanti alla Corte di appello.
Riunite le due cause ed espletata una consulenza tecnica il Tribunale di Forlì, con sentenza depositata il 29 aprile 1996, rigettò tutte le domande proposte dal OZ e compensò tra le parti un terzo delle spese giudiziali, condannando l'attore al pagamento della parte restante.
Il Tribunale considerò:
che la "acquiescenza all'espropriazione", eccepita dal Comune in relazione all'opposizione alla stima promossa dal OZ non era ravvisabile, perché la detta opposizione aveva un oggetto diverso da quello dedotto nelle cause riunite e quindi non implicava disposizione delle situazioni soggettive che l'attore con tali cause aveva inteso tutelare;
che il OZ, allegando nella prima citazione il mancato completamento dell'opera cui l'esproprio era finalizzato, aveva in sostanza formulato una domanda di retrocessione parziale;
che tale domanda non poteva essere accolta non soltanto perché mancava la dichiarazione dell'espropriante sul punto che gli eventuali beni relitti non fossero più necessari per l'opera pubblica, ma, ancor prima, perché i lavori di urbanizzazione spettanti al Comune (come accertato dalla c.t.u.) erano stati in realtà ultimati, avendo il consulente constatato l'edificazione anche della maggior parte dei fabbricati destinati alle abitazioni;
che il OZ aveva anche proposto, in via subordinata, domanda di risarcimento dei danni da fatto illecito;
che non si ravvisava alcuna fattispecie d'illecito rientrante nella c.d. occupazione appropriativa, in