Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/12/2003, n. 19660
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In sede di discussione, nel procedimento disciplinare a carico di magistrati, l'incolpato può farsi assistere da "un altro magistrato", in forza dell'espressa previsione dell'art. 34 secondo comma del R.D.L. 31 maggio 1946 n. 511, e non anche, pertanto, da un aggiuntivo difensore del libero foro, integrando la suddetta norma una deroga al disposto dell'ultimo comma dell'art. 125 cod. proc. pen. circa l'assistenza in giudizio di due difensori. Tale regola resta ferma anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 497 del 2000, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del menzionato art. 34, secondo comma, nella parte in cui esclude che il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare possa farsi assistere da un avvocato, atteso che la stessa decisione ha avuto modo di precisare che <
È manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 379 cod. proc. civ., là dove, in merito all'ordine di intervento nella discussione nell'udienza del giudizio di cassazione avverso la decisione pronunciata dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, prevede il potere del procuratore generale di esporre oralmente le sue conclusioni motivate dopo che l'avvocato dell'incolpato ha svolto le proprie difese, e ciò in quanto la norma in oggetto non preclude, nel quadro della generale disciplina del ricorso per cassazione, il pieno dispiegarsi del diritto di difesa nel contraddittorio di tutte le parti, considerato anche il ruolo proprio del Procuratore generale che, nella fase dinanzi alla Corte di cassazione, svolge la funzione di tutore imparziale della legge (cfr. Corte cost., sent. n. 403 del 1999).
L'accertamento circa la sussistenza in concreto, nel comportamento tenuto dal magistrato dei connotati oggettivi e soggettivi suscettibili di rilevanza disciplinare costituisce un apprezzamento di merito rientrante nell'insindacabile apprezzamento della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, cui spetta in via esclusiva l'identificazione delle regole deontologiche professionali del magistrato e la valutazione della rilevanza disciplinare della loro violazione.
La condotta del magistrato che faccia uso consapevole e volontario della qualifica professionale, accompagnata da espressioni ultimative e perentorie, si caratterizza - sotto il profilo soggettivo - come dolosa ed integra un illecito disciplinare per violazione di norma deontologica. Il fine lecito che essa, eventualmente, mira a raggiungere rileva solo sotto il profilo della entità della sanzione (In applicazione di tale principio la Corte di cassazione ha respinto il ricorso contro una sentenza della sezione disciplinare del CSM che aveva ritenuto colpevole, sul piano disciplinare, un magistrato il quale, appresa la notizia dell'affezione influenzale che aveva colpito il proprio figlio minore nel corso di una gita scolastica, aveva intimato con un fax, sottoscritto con la propria qualifica professionale e inviato alla professoressa - capogruppo della scuola, di acquistare a sue spese un medicinale e sottoporre il figlio a visita medica, <
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V C - Primo Presidente f.f. -
Dott. G O - Presidente di sezione -
Dott. E R - Consigliere -
Dott. F S - Rel. Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. M V - Consigliere -
Dott. U V - Consigliere -
Dott. R M T - Consigliere -
Dott. G M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME1, elettivamente domiciliato in LOCALITA1, presso lo studio dell'avvocato NOME2, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 104/02 del Consiglio superiore magistratura, depositata il 02/04/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/11/03 dal Consigliere Dott. F S;
udito l'Avvocato NOME2;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A M che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso, manifesta infondatezza delle questioni legittimità costituzionale, in subordine il rigetto del secondo motivo del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il dott. NOME1, magistrato in servizio presso il Tribunale di LOCALITA2, fu incolpato della violazione dell'art. 18 del r.d.lgs. 31 maggio 1946 n. 511 per avere - appresa la notizia dell'affezione
influenzale che aveva colpito il figlio minore nel corso di una gita scolastica - intimato con fax del 22 febbraio 2001 alla. professoressa NOME3, quale capogruppo della scuola, di acquistare a sue spese un medicinale e sottoporre il figlio a visita medica, "significando che ulteriori ritardi" non sarebbero stati "giustificati" e sottoscrivendo il documento con la propria qualifica professionale;
secondo il capo di incolpazione, il dott. NOME1 aveva inutilmente ostentato la propria professione, dando così al documento un illegittimo contenuto di abuso e di diffida, ed aveva esposto a discredito l'Ordine giudiziario. All'esito del procedimento - nel corso del quale fu respinta l'istanza dell'incolpato di essere assistito da un secondo difensore -, e previa acquisizione di due memorie difensive con allegati, con sentenza del 18 ottobre 2002, depositata il 2 aprile 2003, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura ha ritenuto il dott. NOME1 responsabile dell'illecito disciplinare ascrittogli, infliggendogli la sanzione disciplinare dell'ammonimento.
Secondo il giudice disciplinare il comportamento dell'incolpato, sebbene provocato dalla comprensibile preoccupazione per la salute del figlio, non era tuttavia giustificabile ed era deontologicamente censurabile.
Egli apprese infatti la notizia dell'epidemia influenzale che aveva colpito diversi studenti, tra cui il figlio, da un colloquio telefonico con la prof. NOME4, insegnante accompagnatrice, avvenuto la mattina del 22 febbraio;
orbene, l'utilizzo della propria qualifica professionale ed i toni ultimativi e perentori, che contrassegnavano il fax da lui inviato alcune ore dopo, avevano esposto a discredito l'Ordine giudiziario essendosi egli avvalso del prestigio della sua posizione istituzionale per perseguire finalità legittime ma di natura privata, e ciò anche in considerazione delle espressioni usate, non consone alla misura ed all'equilibrio che il magistrato deve tenere anche nella condotta privata. Per la cassazione di tale decisione il dott. NOME1 ha proposto ricorso, affidato a due motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva. Il ricorrente ha depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la memoria illustrativa, il ricorrente ha eccepito