Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 27/05/2019, n. 14417

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 27/05/2019, n. 14417
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14417
Data del deposito : 27 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso 24639-2013 proposto da: I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA

29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati ANTONELLAPATTERI, SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO;

- ricorrente -

contro

P F, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIUSEPPE MARCORA

18/20, presso lo studio dell'avvocato G F, che lo rappresenta e difende;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 553/2012 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 03/12/2012 R.G.N. 1089/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/2019 dal Consigliere Dott. D C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M P che ha concluso per accoglimento del ricorso. udito l'Avvocato ANTONELLA PATTERI. n.r.g. 24639/2013

FATTI DI CAUSA

1. La sentenza n. 553/2012 della Corte d'appello di Venezia, ha riformato, accogliendo la domanda, la sentenza del Tribunale in funzione di Giudice del lavoro di Verona che aveva rigettato la domanda proposta da F P tesa all' accertamento del diritto a fruire della pensione di anzianità revocata dall'Inps in ragione del divieto di cumulo della stessa pensione con i redditi derivanti da attività lavorativa e che aveva accolto la domanda riconvenzionale proposta dall'Istituto al fine di ottenere la restituzione della somma di euro 134.618,90. 2. La Corte territoriale, dato atto che il Tribunale aveva escluso che il ricorrente avesse cessato il proprio rapporto di lavoro, come previsto dalla legge, prima del pensionamento, dal momento che egli aveva continuato a lavorare alle dipendenze dello stesso datore di lavoro con le stesse mansioni ed alle stesse condizioni, senza soluzione di continuità tra la formale cessazione del rapporto del 28 febbraio 2002 e la instaurazione del nuovo rapporto il 1 marzo 2008, ha affermato che pur essendo necessaria, al fine di conseguire il diritto alla pensione di anzianità, la cessazione del rapporto di lavoro ( ai sensi dell'art. 10, comma sei, d.lgs. n. 503 del 1992) tale circostanza, nel caso di specie, doveva ritenersi provata attraverso la produzione del libretto di lavoro, la corresponsione del t.f.r. e mediante la produzione dei prospetti paga. Tali fonti di prova dimostravano che il rapporto di lavoro del Padoan con la Logiudice Forni s.r.l. era cessato alla data del 28 febbraio 2002, mentre la pensione era stata liquidata con effetto dal primo marzo 2002 ed anche se nella stessa data l'appellante è stato nuovamente assunto dalla stessa società, in conformità con la circolare dell'INPS n. 89/2009 e con la nota del Ministero del Lavoro 19/2009 che non aveva ritenuto necessario subordinare la liquidazione della pensione alla sussistenza di un lasso temporale minimo tra la cessazione del rapporto di lavoro ed il successivo reimpiego.

3. Avverso tale sentenza, ricorre l'Inps con un motivo illustrato da memoria.

4. Resiste con controricorso F P che eccepisce, fra l'altro, l'inammissibilità del ricorso per acquiescenza alla sentenza ora impugnata realizzatasi per l'avvenuta comunicazione della liquidazione degli importi pretesi, prima ancora della pubblicazione della sentenza .

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va rigettata l'eccezione di acquiescenza (art. 329 cod. proc. civ.) sollevata dal contro ricorrente in relazione alla circostanza che l'Inps ha provveduto, con nota del 30 ottobre 2012, alla riliquidazione della pensione per il periodo dal 1.3.2002 al 30.4.2006, che era stato oggetto di revoca, e per aver corrisposto al Padoan i relativi ratei pari all'importo netto di Euro 37.713,67.n.r.g. 24639/2013 2. Come affermato più volte da questa Suprema Corte (ex plurimis, Cass. 29 maggio 2012 n. 8537;
Cass. ord. n. 1963 del 2012;
Cass. n. 13630 del 2009), l'acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione ai sensi dell'art. 329 cod. proc. civ. (e configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame, giacché successivamente allo stesso è possibile solo una rinunzia espressa all'impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla legge), consiste nell'accettazione della sentenza (e cioè una "libera, totale e incondizionata accettazione del "decisum", Cass. n. 19747 del 2011), ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita (Cass. sez. un. 20 maggio 2010 n. 12339): in quest'ultimo caso, l'acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l'interessato abbia posto in essere atti da quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti stessi, siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione.
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