Cass. pen., sez. VII, ordinanza 13/02/2023, n. 06124

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 13/02/2023, n. 06124
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 06124
Data del deposito : 13 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: N LA nato a MAZARA DEL VALLO il 28/10/1986 avverso la sentenza del 25/10/2021 della CORTE APPELLO di PALERMOdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere E C;

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La Corte di appello di Palermo, con sentenza emessa in data 25/10/2021, ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Marsala in data 14/09/2020 nei confronti di N L in ordine al reato di cui all'art. 648 comma secondo (attuale comma quarto) cod. pen. Il primo motivo di impugnazione con il quale la ric:orrente lamenta la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al rigetto della richiesta di qualificazione giuridica del fatto nel meno grave reato di cui all'art. 712 cod. pen., non è consentito poiché reiterativo ed aspecifico, non confrontandosi criticamente con le argomentazioni, esenti da vizi logici e giuridici, addotte dalla Corte territoriale. I giudici di appello hanno fatto buon uso dell'univoco orientamento giurisprudenziale secondo cui la natura dei beni detenuti e le modalità di detenzione consentono di escludere che l'imputato ne ignori la provenienza illecita, quanto meno a titolo di dolo eventuale;
siffatta valutazione, non rivedibile nel merito in questa sede, è coerente con l insegnamento di questa Corte secondo cui ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l'agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l'ipotesi contravvenzionale dell'acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr, Rv. 270179 - 01, Sez. 2, n. 29702 del 4/5/2022, Mennishaj, non massimata). La Corte territoriale, con motivazione priva di illogicità e conforme alle prove raccolte, ha ritenuto la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art.648 cod. pen. in considerazione della natura del bene ricettato, delle modalità di acquisto del telefono cellulare che risultavano indicative della provenienza illecita del bene e del fatto che l'imputata non è riuscita a fornire una giustificazione plausibile in ordine alla provenienza del telefono nel quale è stata inserita la SIM a lei intestata (pagg. da 3 a 5 della sentenza di primo grado e pagg. da 2 a 4 della sentenza di appello). La doglianza con la quale la ricorrente lamenta il mancato riconoscimento delle attenuanti di cui all'art. 62 -bis cod. pen. è generica in quanto priva di qualsivoglia indicazione di elementi favorevoli ad una mitigazione della pena ed è caratterizzata dalla mera declinazione di affermazioni prive di un nesso critico con il percorso argomentativo della sentenza impugnata. I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego, l'intensa capacità criminale del ricorrente desumibile dai tre precedenti penali e la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena. Deve esser, in proposito, ribadito il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che, come nel caso di specie, la motivazione faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, B, Rv. 282693 - 01;
Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Mgliano, Rv. 279549 - 02). La sentenza impugnata si presenta, in conclusione, priva di manifeste illogicità ed è coerente sia con le emergenze processuali che con le indicazioni ermeneutiche offerte dalla Corte di legittimità, sottraendosi, di conseguenza, ad ogni censura in questa sede. All'inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
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