Cass. pen., sez. VI, sentenza 19/12/2018, n. 57568
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unale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere L S;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, M d M, che conclude chiedendo l'inammissibilità del ricorso;udito il difensore di P V, avv. P B, che insiste nell'accoglimento dei motivi di ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza in data 24 maggio 2018, il Tribunale di Roma, nell'apprezzata identità delle questioni proposte sulla violazione del divieto di contestazioni a catena di cui all'art. 297, comma 3, cod. proc. pen. e sull'attualità delle esigenze cautelari a quelle già valutate in sede di riesame cautelare, ha respinto l'appello proposto, ai sensi dell'art. 310 cod. proc. pen., nell'interesse di P V, raggiunto, per ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Roma, dalla misura cautelare della custodia in carcere perché ritenuto gravemente indiziato di una serie di reati fine di detenzione e cessione della sostanza stupefacente e dell'appartenenza a due associazioni criminali: la prima, capeggiata dai fratelli E, G e S, ed operativa nel quartiere San Basilio di Roma, in veste di abituale fornitore;l'altra con sede in Nettuno diretta ed organizzata dall'indagato. 2. Avverso l'indicata ordinanza propone ricorso in cassazione il difensore di fiducia dell'indagato con due motivi di annullamento. 2.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 297, comma 3, e 303, cod. proc. pen. Poiché l'indagato era stato raggiunto da misura custodiale infrannuraria del tribunale di Cagliari all'esito dell'arresto intervenuto il 10 giugno 2014 per il trasporto di oltre 14 chilogrammi di sostanza stupefacente nell'operazione di polizia cd. Cordone fino al 17 giugno 2016, il termine di fase, retrodatato all'iniziale cautela, sarebbe spirato. La misura cautelare non avrebbe potuto invero essere applicata per i fatti associativi contestati in rubrica che in connessione qualificata, nei termini di cui all'art. 12 lett. b) e c) cod. proc. pen. e per un'attività che si sarebbe svolta tra il Lazio, la Sardegna e la Campania, con quelli maturati nel territorio cagliaritano, avrebbero dovuto comportare la retrodatazione della nuova misura. Il G.i.p. di Cagliari dopo essere stato investito di una nuova richiesta di misura cautelare dalla DDA di Cagliari per imputazione associativa si era determinato a negarla per il disposto di cui all'art. 297 cod. proc. pen., una volta apprezzati i fatti associativi successivamente contestati come retrodatabili ad epoca anche precedente a quella in cui era intervenuta la prima misura cautelare. Si contesta in ricorso l'apprezzamento effettuato dal tribunale di Roma sulla desumibilità dagli atti a far data dall'epoca della prima misura dei fatti associativi contestati nel presente procedimento avuto riguardo a note ed informative di polizia transitate dagli uffici investigativi di Cagliari a quelli romani.
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