Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/12/2022, n. 36239
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Testo completo
La ricorrente propone sette motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione tributaria regionale, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento notificati dalla Regione Lazio, per il pagamento per l'anno 2014 dell'Imposta Regionale sulle Emissioni Sonore degli Aeromobili (IRESA) in fase di decollo ed atterraggio;
tributo già istituito dallo Stato L. n. 342 del 2000, ex artt. 90 e segg., e poi trasferito alle Regioni L. n. 68 del 2011, ex art.
8. La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che l'imposta in questione non può ritenersi in contrasto con la Carta Costituzionale che non sussistono i presupposti per sollevare la questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE, poichè non vi è contrasto con la Direttiva 30/2002/CE, che gli avvisi di accertamento in esame devono ritenersi validi e sufficientemente motivati.
Si è costituita con controricorso la Regione Lazio, Aeroporti di Roma Spa è rimasta intimata il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso. La Regione Lazio, depositando note di trattazione scritta, si è associata alle conclusioni del Procuratore generale.
La causa è stata trattata alla udienza pubblica del 19 ottobre 2022, in Camera di consiglio, in base alla disciplina (successivamente prorogata) dettata dal sopravvenuto del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, inserito dalla Legge di Conversione n. 176 del 2020, senza l'intervento in presenza fisica del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta i sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione della direttiva n. 30/2002/CE, del D.Lgs. n. 13 del 2005, e dell'art. 267 TFUE, con richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in ragione della incompatibilità tra la L.L. n. 2 del 2013, e la suddetta Direttiva, come recepita dal D.Lgs. n. 13 del 2005, al par. 1.4, lett. h) e di conseguenza la Legge Regionale andrebbe disapplicata o in subordine sollevata la questione pregiudiziale.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi degli artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione dell'art. 112 c.p.c. e l'omessa pronuncia e la violazione e falsa applicazione della direttiva n. 30/2002/CE, sotto altro profilo, in quanto la Direttiva non consentirebbe l'applicazione dell'imposta in questione senza la previa determinazione, da parte della Regione, di un piano complessivo di misure volte a contenere le emissioni sonore aeree negli scali aeroportuali e nelle zone limitrofe, secondo quanto stabilito dall'allegato II alla Direttiva;
e ciò previa adozione di tutta una serie di adempimenti strumentali (monitoraggio dell'inquinamento acustico specifico, obiettivi di contenimento del medesimo, analisi costi-benefici e conformazione dell'imposizione al minor costo possibile per il vettore, termine di applicazione dell'imposta). Deduce che pertanto la normativa regionale andrebbe disapplicata, ovvero sollevata la questione pregiudiziale innanzi alla CGUE o in alternativa il giudice nazionale dovrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale, poichè la Regione ha istituito il tributo ignorando tutti gli adempimenti previsti dalla Direttiva.
Sotto altro profilo ancora si pone la compatibilità della legislazione regionale che disciplina l'IRESA con riferimento alla destinazione del gettito poichè è previsto che il 90% del gettito derivante dalla sua riscossione sia acquisito al bilancio dell'ente alla voce tributi indiretti, per essere destinato a coprire il fabbisogno finanziario generato dalle attività istituzionali dell'ente e solo per il 10% ad un fondo vincolato ad indennizzare le popolazioni residenti.
3.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione la violazione degli artt. 3, 53 Cost. e art. 119 Cost., comma 2, per avere il legislatore regionale fatto gravare l'imposta in questione sui soli vettori aerei, e non sulla collettività di coloro che operano e risiedono nel territorio in cui la Regione Lazio svolge le sue attività istituzionali al cui finanziamento nella misura del 90% è diretto il tributo pagato;
con ciò si realizza una violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), la violazione del principio della universalità della imposta diretta al finanziamento delle spese pubbliche (art. 53 Cost.) e la violazione del principio di razionalità e ragionevolezza nell'esercizio della attività legislativa (art. 119 Cost.) 4. Con il quarto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 342 del 2000, artt. 90 e 92, e della sentenza della Corte Costituzionale n. 13/2015 nonchè degli artt. 117 e 119 Cost., con richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte Costituzionale. La ricorrente deduce che della L. n. 342 del 2000, artt. 90 e 92, stabiliscono la destinazione del tributo prioritariamente alle finalità ambientali e di contro la normativa regionale prevede che il gettito del tributo in questione sia assegnato soltanto per il 10% ad un fondo vincolato ad indennizzare le popolazioni residenti nei luoghi degli scali aerei, dunque consentendo che il residuo 90% venga attratto, come voce "tributo indiretto", alla fiscalità regionale generale. La Regione ha quindi disatteso il vincolo esplicitamente previsto della L. n. 342 del 2000, artt. 90 e segg., così violando l'art. 117 Cost., poichè la competenza legislativa regionale deve esercitarsi nel rispetto dei principi fondamentali posti dalla legislazione statale;
e sul punto il legislatore nazionale ha assunto il criterio della priorità come specifica regola di diritto che vede essere rispettata dalla Regioni nella destinazione del gettito.
5.- Con il quinto motivo la ricorrente lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, dell'art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente e della L. n. 241 del 1990, artt. 4, 5 e 6;
deduce che negli atti impugnati non è stato rispettato l'obbligo dell'indicazione del giudice competente del termine di impugnazione e delle forme di impugnazione da osservare, nonchè l'obbligo di indicare il responsabile del procedimento presso il quale attivare il riesame in via di autotutela e della unità organizzativa complessa dedicata alla istruttoria.
6. Con il sesto motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, dell'art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, dell'art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente e della L. n. 241 del 1990, artt. 4, 5, 6, nonchè del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter. La parte deduce che il giudice d'appello ha escluso che le illegittimità dedotte al motivo quinto comportassero la nullità dell'atto, ma tuttavia non esaurisce il thema decidendum giacchè esiste la illegittimità che determina la nullità dell'atto i sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, sulla quale il giudice non si è pronunciato mentre avrebbe dovuto farlo, una volta esclusa la nullità dell'atto impugnato. Deduce che il giudice avrebbe dovuto valutare se l'atto impugnato, in concreto, avrebbe potuto contenere una diversa pretesa fiscale, alla luce dei profili che poi sono stati sollevati in giudizio dalla ricorrente.
7.- Con il settimo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, del D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter. Osserva che il D.l. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4 ter, prevede la nullità della cartella di pagamento priva dell'indicazione del responsabile del procedimento ed evidenzia che la medesima norma deve applicarsi a ogni altro atto in positivo non potendo certamente il suo nomen iuris mutare la disciplina di diritto sostanziale.
8.- Preliminarmente si osserva che la Regione Lazio eccepisce la inammissibilità del ricorso per cassazione per violazione dell'art. 366 c.p.c., n. 3), stante la mancata, seppur concisa, ricostruzione dei fatti di causa (modalità e motivi del ricorso originario in opposizione agli avvisi;
costituzione in giudizio ed eccezioni della Regione;
ricostruzione dell'esito e delle motivazioni della sentenza di primo grado;
illustrazione dei motivi di appello e sintesi della sentenza impugnata).
L'eccezione è infondata.
Soltanto ove il ricorso per cassazione manchi completamente dell'esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile (Cass. n. 6611/22;
Cass. sez. un. 11308/14), mentre di contro deve ritenersi ammissibile quando come nella specie - pur connotato da una rievocazione dei fatti di causa estremamente succinta ed essenziale non precluda in alcun modo l'esatta comprensione degli elementi fondamentali della controversia e del nucleo argomentativo sotteso alle varie doglianze.
E tanto più ciò va affermato in ragione della natura prettamente tecnico-giuridica che, fin dal ricorso introduttivo, la controversia ha assunto, con riguardo ai vari profili di (asserita) illegittimità dell'imposta pretesa che si ritrovano, nel ricorso per cassazione, tutti puntualmente ed efficacemente ripercorsi secondo i suddetti caratteri legali.
9.- I primi quattro motivi, strettamente connessi, sono da esaminare congiuntamente.
Per evidenti ragioni di chiarezza espositiva e di economia processuale, risulta utile ricostruire, sia pure nelle sue linee essenziali, il quadro normativo di riferimento.
10.- Il tema del bilanciamento degli interessi dei cittadini, cui garantire un adeguato livello della qualità della vita e di quelli economici sono stati alla base della disciplina elaborata dal legislatore in ambito internazionale il quale, tenendo conto degli indirizzi affermati a partire dagli anni sessanta