Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 30/08/2005, n. 17509

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L'obbligo assicurativo che grava sulle imprese dello spettacolo in favore dei lavoratori elencati nell'art. 3, d.lgs. C.p.S. n. 708 del 1947, sussiste indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata della loro collaborazione e vale, oltre che per i contributi di malattia, anche per quelli relativi alla maternità e alla Gescal, atteso che le disposizioni legislative li prevedono senza compiere alcuna distinzione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 30/08/2005, n. 17509
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17509
Data del deposito : 30 agosto 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R E - Presidente -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. P P - Consigliere -
Dott. T S - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

S
sul ricorso proposto da:


TELTRURIA

2000 S.R.L. in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, T V, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA NOMENTANA

76, presso lo studio dell'avvocato C S, che li rappresenta difende unitamente all'avvocato P G, giusta delega in atti;



- ricorrenti -


contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DELLA FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati S A, F F, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 626/02 della Corte d'Appello di FIRENZE, depositata il 31/10/02 r.g.n. 538/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/05/05 dal Consigliere Dott. S T;

udito l'Avvocato S;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SRENTINO

Federico che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Arezzo accoglieva l'opposizione proposta, nei confronti dell'Inps, dalla Teletruria 2000 s.r.l., svolgente attività di trasmissione di programmi televisivi, e da Vera Treghini, rappresentante legale della società, contro un decreto ingiuntivo per L. 29.604.551, avente ad oggetto, in relazione a prestazioni rese dall'1.1.1995 al 31.10.1997 da dieci collaboratori della società, la contribuzione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, e altresì contro un altro decreto ingiuntivo per L. 13.382.090, avente ad oggetto la contribuzione relativa alle prestazioni economiche di malattia e maternità e la contribuzione GESCAL, nonché contro un'ordinanza-ingiunzione per l'importo di L. 72.185.333, notificata il 18.11.1999 e relativa alle sanzioni amministrative per le omissioni contributive.
Le opposizioni erano accolte dal Tribunale, che riteneva non dovute cd. contribuzioni minori per i lavoratori dello spettacolo non operanti nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato. A seguito di appello dell'Inps, la Corte d'appello di Firenze, in riforma della sentenza impugnata, rigettava sia le opposizioni ai decreti ingiuntivi che l'opposizione a ordinanza ingiunzione. Il giudice di secondo grado innanzitutto rilevava che non vi erano contestazioni tra le parti sul fatto che tutti i collaboratori in questione erano astrattamente qualificabili, in relazione alle prestazioni rese (di conduttore e operatore televisivo, scenografo, speaker, ecc), come lavoratori dello spettacolo a norma dell'art. 3 d.l.c.p.s. n. 708/1947. Osservava inoltre che il requisito della stabilità e professionalità era insito nell'inserimento funzionale e continuativo, anche se non necessariamente con prestazioni quotidiane, di tutti e 10 i collaboratori nella struttura organizzativa dell'emittente, comprovato dalle dichiarazioni dei medesimi agli ispettori dell'Inps e dalle ricevute fiscali prodotte dalla società opponente, dalle quali si evinceva la intensità e la continuità delle prestazioni e la discreta consistenza dei compensi. Ricordato, poi, che tutte le prestazioni previdenziali e assistenziali previste a favore dei lavoratori dello spettacolo sono riconosciute a prescindere dalla natura subordinata o autonoma dei rapporti di lavoro, faceva riferimento in particolare agli approfondimenti giurisprudenziali relativi all'incidenza dell'istituzione del Servizio sanitario nazionale e rilevava che gli stessi principi sono richiamabili a proposito della contribuzione per maternità e per i contributi Gescal.
Contro questa sentenza la Soc. Teletruria e V T propongono ricorso per cassazione affidato a censure per cui sono indicate sette rubriche ma che in sostanza sono sviluppate nell'ambito di tre motivi.
L'Inps resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia: 1) violazione dell'art. 116, comma 12, della l. n. 388/2000;
2) violazione o falsa applicazione dell'art. 113 c.p.c. in relazione alla mancata individuazione e applicazione
alla fattispecie della norma di cui al citato art. 116;
3) violazione del principio tura novit curia, in relazione alla mancata applicazione di detto art. 116.
Si sostiene che l'art. 116, comma 12, della legge n. 388/2000, sull'abolizione delle sanzioni amministrative relative a violazioni consistenti nell'omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi, o dalle quali derivi tale omissione, ai sensi dell'art. 35, commi 2 e 3 della legge n. 689/1991 (o nella violazione di norme sul collocamento di carattere formale), ha comportato l'abolizione delle sanzioni amministrative in materia previdenziale, con conseguente caducazione di tutte le sanzioni già irrogate con ordinanze ingiunzioni, anche anteriori rispetto al 31.12.2000, ma ancora sub iudice.
Il motivo non è fondato.
Invero, la prevalente giurisprudenza di questa Corte, che ormai può ritenersi consolidata e che comunque si condivide, ha puntualizzato che, attesa l'inapplicabilità agli illeciti amministrativi della legge successiva più favorevole (art. 1 della legge n. 689 del 1981), resta escluso che, in una controversia relativa ad una
opposizione ad ordinanza-ingiunzione per sanzioni amministrative per omesso versamento di contributi dovuti ad un istituto previdenziale, possa rilevare lo ius superveniens di cui all'art. 116, comma dodicesimo, della legge n. 388 del 2000, che, ferme restando le
sanzioni penali, ha abolito tutte le sanzioni amministrative relative a violazioni in materia di previdenza e assistenza obbligatorie consistenti nella omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi o dalle quali comunque derivi la omissione totale o parziale del versamento di contributi o premi (ai sensi dell'art. 35, commi secondo e terzo, della citata legge n. 689 del 1981), nonché quelle relative a violazioni di carattere formale di norme sul collocamento. Infatti, nessun elemento del menzionato art. 116, comma dodicesimo, induce a ritenerne la retroattività, cosicché ne è esclusa l'applicabilità a violazioni accertate prima della relativa entrata in vigore (cfr., ex plurimis, Cass. 6405/2002, 7328/2002, 10631/2003, 12654/2003 12758/2003, 6972/2004, 23615/2004). Peraltro nella specie anche la irrogazione della sanzione amministrativa è avvenuta prima dell'entrata in vigore dell'art. 116 citato, sicché l'inapplicabilità di quest'ultimo sarebbe affermabile anche in riferimento all'orientamento minoritario, che da rilievo all'epoca della applicazione della sanzione (Cass. 7524/2002). Il secondo motivo denuncia: 4) erroneità, perplessità e contraddittorietà di motivazione in ordine al punto della stabilità e professionalità dell'attività di collaborazione dei dieci soggetti elencati nel verbale ispettivo;
5) violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 421 c.p.c., in relazione alla errata valutazone delle risultanze istruttorie;
6) violazione e falsa applicazione dell'art. 3 del d.lgs. c.p.s. 16 luglio 1947 n, 708 e successive modificazioni e della nozione di lavoratore dello spettacolo.
Si premette che deve riconoscersi la qualità di lavoratore dello spettacolo a norma dell'art. 3 del d.lgs. c.p.s. n. 708/1947 solo ai soggetti che in via stabile e professionale vengono impiegati, ancorché in compiti ausiliari, per svolgere attività destinata alla realizzazione di spettacoli, al fine di sottolineare che nella specie le collaborazioni, oltre ad essere esterne, non erano fisse, bensì occasionali. Al riguardo si lamenta che la Corte di merito abbia dato rilievo a documentazione e dichiarazioni non univoche al fine di dimostrare la stabilità e la continuatività delle prestazioni, senza, invece, prendere in considerazione la prova testimonale richiesta, le cui circostanze l'Inps all'udienza del 7.3.2000 del primo grado di giudizio aveva espressamente dichiarato di non contestare.
Con riferimento alle singole posizioni si deduce quanto segue:
1) M T, iscritta all'ordine dei giornalisti e pubblicisti, dipendente della locale USL e autorizzata dalla medesima, collabora con l'emittente televisiva in qualità di speaker nel programma "Videocronaca", concretandosi tale collaborazione nella lettura, non quotidiana, del telegiornale. La T, che percepisce solo saltuariamente compensi peritali prestazioni, in una lettera all'amministrazione della USL aveva precisato che si trattava di una collaborazione occasionale e straordinaria e che essa non intratteneva alcun tipo di rapporto lavorativo e non aveva alcun predeterminato vincolo di orario o di presenza;

2) A S, giornalista pubblicista, collabora come conduttore di alcuni programmi che, però, produce direttamente con una propria società o ditta individuale, che emette regolare fattura: oggetto della prestazione non è un'opera ma un prodotto, che viene riversato nel palinsesto della società;

3) Analoghe considerazioni valgono per S C, la quale a volte collabora con il marito: la sua posizione deve quindi semmai essere valutata in relazione all'azienda del marito, sig. S;

4) Anche A C realizza in proprio una trasmissione di carattere sportivo, avvalendosi di propri collaboratori e inviando il prodotto finito;

5) Walter Romanelli, prima della sua assunzione avvenuta il 1.6.1996, aveva prestato solo saltuariamene la propria attività per riprese televisive e servizi giornalistici;

6) Andrea Avato, iscritto all'ordine dei giornalisti e collaboratore di una testata giornalistica locale, ha prestato e presta occasionalmente la propria attività anche per la ricorrente in veste di giornalista;

7) Aida Busisi si limita a partecipare a un rubrica di carattere culinario: di fatto si limita alla lettura di ricette di cucina;

8) Lorenzo Meacci si è solo prestato, a volte, per il trasporto e la sistemazione delle attrezzature in occasione di riprese e registrazioni: solo saltuariamente ha svolto attività di cineoperatore, percependo il relativo compenso;

9) Paolo Liberatori per un periodo di quattro mesi all'anno e con cadenza quindicinale ha prestato la propria attività come tecnico addetto alla sistemazione degli impianti di registrazione presso il Caffè dei Costanti, nel cui locale erano effettuate le riprese della trasmissione "Caffè bollente";

10) Giuseppe Boncompagni ha solo partecipato alla realizzazione di elementi scenografici mediante la verniciatura e sistemazione di pannelli.
Anche questo motivo è infondato.
Risulta dalla sentenza impugnata che tra le parti non era in contestazione il fatto che tutti i lavoratori di cui al verbale ispettivo fossero astrattamente qualificabili come lavoratori dello spettacolo in relazione alla loro riconducibilità, in base alle mansioni svolte, ad una delle categorie di cui all'art. 3 del d.lgs. C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708. Tale puntualizzazione non è specificamente censurata nel ricorso, dalla cui esposizione risulta invece, in sostanza confermato che le contestazioni delle parti opponenti riguardavano la non sussistenza sia della subordinazione che dell'elemento della stabilità e continuatività delle collaborazioni. Sotto il profilo dello svolgimento da parte dei lavoratori in questioni di attività elencate dal citato art. 3 le censure in questa sede devono quindi ritenersi nuove e inammissibili. Potrebbe peraltro anche osservarsi che la esposizione nel ricorso delle circostanze relative alle collaborazioni rese dai singoli soggetti, anche per quanto riguarda la asserita fornitura da parte di taluni di essi di un prodotto finito realizzato autonomamente, non è formulata in termini di circostanziata indicazione del contenuto delle fonti di prova la cui considerazione sarebbe stata pretermessa (cd. requisito di autosufficienza del ricorso per Cassazione). Per quanto riguarda gli aspetti che avevano formato oggetto di contraddittorio nell'ambito del giudizio di merito, è opportuno ricordare che questa Corte ha recentemente puntualizzato, nel ricollegarsi alla giurisprudenza che aveva enunciato i requisiti della stabilità e professionalità della collaborazione, ai fini della operatività dell'assicurazione gestita dall'Enpals (cfr. Cass. 633/1997), che, ai sensi del d.lgs. C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708, il
requisito della stabilità coincide con quello della professionalità e ha la funzione di escludere dall'obbligo di iscrizione e dalla specifica contribuzione i soggetti che in via meramente occasionale rispetto alla loro vocazione professionale, prestino attività artistica o tecnica nell'ambito di una produzione di spettacoli;
che non spiega effetti ostativi il fatto che l'attività lavorativa professionale nell'ambito della produzione degli spettacoli non costituisca l'attività esclusiva del soggetto e quindi sia prestata con una certa saltuarietà;
che è irrilevante anche la circostanza che la prestazione del lavoratore relativa ad un determinato spettacolo sia di breve durata, fermo restando che sono invece escluse dalla contribuzione ENPALS le prestazioni da parte di imprese artigianali (Cass. 9752/2004). Nella specie il giudice di merito ha adeguatamente e correttamente motivato in ordine alla natura professionale e non del tutto occasionale delle prestazioni rese, e le deduzioni delle ricorrenti, oltre a non essere adeguatamente formulate in termini di vizio di motivazione deducibile in cassazione, in sostanza neanche indicano elementi che contrastino, dal punto di vista dello svolgimento delle collaborazioni in via professionale, con l'applicabilità del principio di diritto sopra enunciato.
Il terzo motivo denuncia: 7) violazione e falsa applicazione dell'art. 63 l. 23 dicembre 1978 n. 833 e successive modifiche, in correlazione con gli artt. 31, commi 1 e 8, della legge 28 febbraio 1986 n. 41. Si sostiene che la contribuzione per le forme previdenziali cd. minori sono dovute all'Inps, in relazione al settore dello spettacolo, solo per i lavoratori subordinati e non anche per i lavoratori autonomi e che, in particolare, il contributo al SSN è a carico del datore di lavoro solo per i lavoratori dipendenti, mentre per artigiani, commercianti, liberi professionisti e altri lavoratori autonomi è a carico degli stessi, Si osserva anche che la distinzione tra lavoro subordinato e autonomo sussiste anche per il lavoro giornalistico. In ogni caso, per i lavoratori dello spettacolo sono configurabili obblighi contributivi a carico del soggetto che ne utilizza le prestazioni solo nel concorso delle condizioni di continuità, stabilità e abitualità delle prestazioni che nella specie non sono presenti. Gli stessi obblighi sono sicuramente da escludere nel caso di fornitura di un prodotto finito prodotto da parte di un terzo con propria organizzazione e quindi nell'ambito di un'attività imprenditoriale, come nel caso di S e C. Il motivo è infondato.
Richiamate le considerazioni già formulate in relazione al secondo motivo per quanto riguarda le deduzioni delle ricorrenti in punto di stabilità delle prestazioni e di fornitura di un prodotto finito da parte di taluni dei collaboratori, è opportuno preliminarmente richiamare gli approfondimenti compiuti dalle Sezioni unite di questa Corte, in sede di componimento di un contrasto di giurisprudenza, riguardo alla operatività dell'assicurazione di malattia nei confronti di tutti i lavoratori dello spettacolo e
assimilati,soggetti, a norma dell'art. 3 del d.lgs. C.P.S. n. 708/947 e successive modificazioni, all'assicurazione pensionistica gestita dall'Enpals, a prescindere dal carattere autonomo o subordinato del singolo rapporto, anche successivamente alla riforma sanitaria di cui alla legge n. 833 del 1978, a seguito della quale, peraltro, soggetto creditore nei confronti delle imprese, sia dei contributi destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale (fino alla loro soppressione), sia di quelli inerenti all'assicurazione cd. economica di malattia, è diventato l'Inps, (Cass. sez. un. 581/1999, seguita da numerosissime sentenze conformi della sezione lavoro). A conclusioni analoghe a quelle precisate per l'assicurazione malattia deve pervenirsi anche per la contribuzione all'assicurazione di maternità e per contribuzione alla Gescal (gestione case lavoratori). Ciò, per la verità, è stato escluso in una pronuncia di questa Corte in relazione ai lavoratori dello spettacolo il cui rapporto non abbia i caratteri della subordinazione (Cass. 4317/2001), ma è più persuasiva le tesi contraria recepita in altre
sentenze (17301/2002 e 15917/2004). In effetti tali ultime conclusioni sono avvalorate, quanto alla contribuzione per la maternità, dall'art. 21, comma 7, della legge in materia n. 1204/1971, che prevede, senza compiere alcuna distinzione, i contributi a favore dell'Enpals, determinandone la misura. Per la contribuzione Gescal deve essere richiamato, invece, l'art. 1, n. 4, del d.m. 20.11.1963, che prevede il versamento di tale contribuzione relativamente ai lavoratori assicurati contro le malattie presso l'Enpals. Peraltro il passaggio all'Inps delle assicurazioni malattia e maternità è espressamente prevista dalla legge n. 833/1978, mentre quanto ai contributi Gescal, deve ricordarsi che, in virtù dell'art. 76 di tale legge, spetta all'Inps la riscossione dei contributi sociali di malattia e di ogni altra somma ad essi connessa;
come tale deve considerarsi anche la contribuzione Gescal, il cui versamento è collegato, per i lavoratori dello spettacolo, a quello dei contributi per malattia dalla citata norma regolamentare, emanata in attuazione della delega sul punto contenuta nell'art. 11, terzo comma, della 1.14 febbraio 1963 n. 60.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio sono regolate in base al criterio della soccombenza (art. 91 c.p.c.).

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