Cass. civ., sez. I, sentenza 22/05/2020, n. 9464
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
L'estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina anche l'estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare. (In applicazione di tale principio la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che ha ritenuto dovute agli ex soci di una società di capitali, estintasi nel corso della causa, le somme inizialmente pretese dalla medesima).
Sul provvedimento
Testo completo
09464/2020 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Società Domanda di CARLO DE CHIARA Presidente ripetizione di indebito su c/c bancario - UMBERTO L.C.G. SCOTTI Consigliere Cancellazione della società dal registro delle imprese LAURA TRICOMI Consigliere Consequenze. Ud. 07/01/2020 PU GIULIA IOFRIDA Consigliere Cron. 9464. LOREDANA NAZZICONE Consigliere Rel. R.G.N. 28905/2015 SENTENZA sul ricorso 28905/2015 proposto da: сд есь Banco di Napoli S.p.a., già Sanpaolo Banco di Napoli S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via XX Settembre n. 3, presso lo studio dell'avvocato Miccolis SE, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
ricorrente -
contro
NI SE, NI AN, nella qualità di successori a titolo universale della Nuova Edil 90 S.r.l., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di 20 0 2 0 2 Cassazione, rappresentati e difesi dagli avvocati Armenio Donato, Tracquilio Giovanni, giusta procura in calce al controricorso;
controricorrenti - avverso la sentenza n. 946/2015 della CORTE D'APPELLO di BARI, pubblicata il 23/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/01/2020 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO LUCIO che ha concluso per il rigetto dei primi quattro motivi, accoglimento dei restanti;
udito, per il ricorrente, l'Avvocato Angelantonio Majorano, con delega scritta avv. Miccolis, che si riporta;
udito, per i controricorrenti, l'Avvocato Donato Armenio che si riporta ai propri atti.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 23 giugno 2015, la Corte d'appello di Bari ha confermato la decisione del Tribunale della stessa città del 22 ottobre 2010, la quale ha condannato il Banco di Napoli s.p.a. al pagamento della somma di € 234.363,56, oltre accessori, in accoglimento della domanda restitutoria dell'indebito proposta dalla Nuova Edil 90 s.r.l. La corte del merito ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che: a) sebbene la società sia stata cancellata dal registro delle imprese il 3 luglio 2009, in pendenza del giudizio di primo grado, tale evento non fu dichiarato dalla difesa, onde, per il principio di ultrattività del mandato, l'appello è stato validamente proposto contro la società e questa si è altrettanto validamente costituita in giudizio, restando per contro estranea al thema decidendum la questione della 2 successione del socio in una eventuale "mera pretesa" della società cancellata;
b) la dichiarazione di nullità, oltre che degli interessi c.d. uso piazza ed anatocistici trimestrali, delle poste ulteriori (commissione di massimo scoperto, spese, capitalizzazione annuale), operata dal primo giudice, non ha violato il principio della domanda, trattandosi comunque di nullità rilevabili d'ufficio;
e la clausola di capitalizzazione annuale è, del pari, nulla;
c) la mancata produzione, da parte della correntista, di tutti gli estratti conto integrali dall'inizio del rapporto, sorto il 22 maggio 1990, non impedisce di iniziare il conteggio dal primo saldo disponibile del 31 marzo 1991, recante, peraltro, un debito per la cliente di L. 983.803.507 ed al quale essa ha prestato acquiescenza, mentre la mancanza del saldo per il solo mese di novembre 1991 è stata supplita dal consulente tecnico d'ufficio mediante il documento relativo al conto scalare;
d) è infondata l'eccezione di prescrizione, sollevata dalla banca, sia perché essa non ha allegato e provato quali siano stati i pagamenti con funzione solutoria, sia perché è provata comunque l'esistenza di un'apertura di credito, sulla scorta di una serie di elementi fattuali (la relativa previsione in contratto, le annotazioni sempre negative e di importo ingente sul conto, la non necessità di una forma scritta del contratto all'epoca dei fatti e l'allegazione della banca circa l'esistenza di un finanziamento sin dalla comparsa di risposta in primo grado). Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione, notificato alla Nuova Edil 90 s.r.l., il Banco di Napoli s.p.a., sulla base di sei motivi. I due ex soci resistono con controricorso. 3 M Le parti hanno depositato le memorie di cui all'art. 378 c.p.c. RAGIONI DELLA DECISIONE I motivi. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta l'omesso 1.- esame di fatto decisivo, consistente nella cancellazione della società nel corso del primo grado del processo, evento da cui deve farsi derivare la rinuncia alla pretesa fatta valere in giudizio e sul quale la sentenza non si è pronunciata, avendo applicato il principio, nella specie inconferente, della c.d. ultrattività del mandato. Con il secondo motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 1722, 1724, 1728 e 2495 c.c., nonché degli artt. 83-85, 110, 111, 156, 299 e 300 c.p.c., in quanto la società si è estinta e non è avvenuta nessuna successione del diritto controverso in capo ai soci, onde non può essersi verificata l'ultrattività del mandato, predicabile solo in presenza di un fenomeno successorio, universale o particolare, e restando la pronuncia, in tal caso, inutiliter data, perché relativa a soggetto non più esistente e che aveva ormai rinunciato alla pretesa azionata. -Con il terzo motivo, proposto come i successivi in via subordinata, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 1419, 1421 c.c. e 99, 119 c.p.c., perché si tratta di diritti eterodeterminati e la nullità di ulteriori clausole non è rilevabile d'ufficio, avendo la correntista contestato solo quelle sugli interessi uso piazza e la capitalizzazione trimestrale, e non quelle sulla c.m.s., le altre spese e la capitalizzazione annuale. Con il quarto motivo, si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., essendo onere del cliente provare l'andamento del rapporto, onere non assolto, per la mancata produzione degli estratti conto integrali. h Con il quinto motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2935 e 2946 c.c., per avere il giudice del merito posto a carico della banca, con riguardo all'eccezione di prescrizione da essa sollevata, l'onere di dedurre e provare la natura solutoria delle singole rimesse, quando, invece, su di essa grava solo l'onere di allegare l'inerzia del creditore. Con il sesto motivo, si duole della violazione o falsa applicazione degli artt. 1842, 2896, 2946 c.c. e 167 c.p.c., oltre che di omessa pronuncia, perché la corte del merito ha errato nel ritenere provata l'esistenza di un affidamento, dato che non era la banca il soggetto onerato della prova della sua inesistenza, né potendo la prova di quello trarsi della mera previsione della sua eventualità nel contratto di conto corrente. -2. Primo e secondo motivo: la successione dei soci nei rapporti attivi della società estinta. Il primo ed il secondo motivo attengono alla questione della valida costituzione del rapporto processuale con i due soci della società, estintasi in primo grado per cancellazione volontaria dal registro delle imprese. Essi vanno preliminarmente trattati, derivando dalle osservazioni di seguito esposte la stessa soluzione alla questione della corretta instaurazione del contradditorio in Cassazione.
2.1. Il primo motivo è infondato. La circostanza dell'avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese nel corso del primo grado del giudizio è stata esaminata dalla corte territoriale, la quale semplicemente non ne ha tratto la conseguenza, desiderata dalla ricorrente, dell'estinzione anche della pretesa azionata dalla medesima società. 5 M Ma l'avere il giudice del merito omesso di trarre dal fatto storico, invece esaminato, una conseguenza effettuale dalla parte auspicata non integra affatto la fattispecie dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
2.2. Il secondo motivo è, del pari, infondato. Giova affrontare il tema specifico di natura sostanziale, evocato dal motivo, concernente la c.d. rinuncia implicita alle "mere pretese" da parte del liquidatore di società che abbia proceduto alla cancellazione della società dal registro delle imprese. -2.2.1. L'estinzione della società. Dopo la riforma di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, le società di capitali si estinguono per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, a norma del nuovo art. 2495 c.c., salvi espressi casi di legge in contrario. Com'è noto, la norma ha posto fine all'orientamento giurisprudenziale che al fine, per vero, di razionalizzare la - situazione esistente in presenza di sopravvenienze attive o passive reputava la società sempre in vita, purché esistessero ancora "rapporti pendenti". -2.2.2. La sorte dei residui attivi: i precedenti. Esclusa ogni possibilità di conservare tale visuale, a fronte di una lettera e di un fondamento inequivocamente contrari (v. l'incipit dell'art. 2495, comma 2, c.c.), plurime questioni poste dalle situazioni concrete sono, peraltro, rimaste aperte. Fra queste, rileva qui solo il tema della sorte di un credito controverso, esistente al momento della cancellazione volontaria della società dal registro delle imprese. Al riguardo, il primo spunto offerto da questa Corte viene dalla sentenza Cass. 16 luglio 2010, n. 16758, la quale riguardava propriamente non il tema delle sopravvivenze (beni o diritti preesistenti alla liquidazione, quali residui attivi non liquidati e 6 trascurati) o delle sopravvenienze attive (perché non se ne conosceva l'esistenza), ma la mera «pretesa giudiziaria volta a far accertare la simulazione di un negozio risolutivo di cui la società cancellata era parte»;
e dove si era concluso che, se la società sarebbe stata legittimata all'esercizio di