Cass. civ., SS.UU., sentenza 02/10/2012, n. 16725

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Massime1

Nel regime convenzionale di gestione centralizzata dei titoli di Stato istituito dalla Banca d'Italia (a partire dal 1980 e protrattosi sino al d.m. 27 maggio 1993), non è idonea ad attribuire la prelazione una convenzione di pegno, avente ad oggetto il credito del cliente nei confronti della banca all'acquisto e alla consegna di una determinata quantità di titoli per un controvalore determinato, senza che i titoli risultino ancora materialmente formati (in quanto non emessi o non individuati) al momento della convenzione, né successivamente. Peraltro, potendo le parti pattuire convenzioni di diverso contenuto, ai sensi dell'art. 1322 cod. civ., nel caso menzionato si costituisce un pegno di credito futuro, il quale, sino a quando non si verifichi la consegna del titolo, ha effetti obbligatori e non attribuisce la prelazione, che sorge soltanto dopo la specificazione o la consegna medesima.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 02/10/2012, n. 16725
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16725
Data del deposito : 2 ottobre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. A M - Presidente Sez. -
Dott. S G - rel. Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. B E - Consigliere -
Dott. I A - Consigliere -
Dott. P S - Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19268/2005 proposto da:
UNICREDIT BANCA D'IMPRESA S.P.A. (successore della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell'avvocato B G, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati P G, C G E., per delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
FALLIMENTO SIMER S.P.A.;

- intimata -
sul ricorso 23998/2005 proposto da:
FALLIMENTO SIMER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso lo studio dell'avvocato C F, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato F ETA, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
UNICREDIT BANCA D'IKPRESA S.P.A. (successore della Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell'avvocato B G, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati P G, C G E., per delega a margine del ricorso principale;

- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 1362/2004 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 12/08/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/10/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALMÈ;

udito l'Avvocato Francesco CRISCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del primo motivo, accoglimento del secondo e terzo del ricorso principale;

inammissibile l'incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 2 marzo 1994 la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto ha proposto opposizione allo stato passivo del fallimento della SIMER s.p.a. lamentando che il giudice delegato aveva ammesso in chirografo un suo credito per L. 1.692.942.753, escludendo il privilegio ex art. 2787 c.c., per il credito al controvalore di c.c.t. per nominali L. 620.000.000, oggetto di pegno, compreso in quello di maggior importo, ritenendo che l'atto di costituzione del pegno stesso, avente ad oggetto il credito della società fallita alla consegna o all'attribuzione dei titoli, non avrebbe indicato con sufficiente precisione ne' il credito garantito ne' i titoli di Stato costituiti in garanzia, nonché perché l'atto di costituzione sarebbe stato privo di data certa. Il giudice delegato aveva anche esclusa la compensazione della somma di L. 43.819.633, corrispondente all'importo delle cedole maturate sui c.c.t., erroneamente incassate dalla banca, avendo le parti pattuito che, in deroga agli artt. 2791 e 2801 c.c., gli interessi restassero di pertinenza del costituente il pegno.
L'opponente ha affermato che l'atto di costituzione del pegno, in data 8 novembre 1991, per nominali L. 590.000.000 (escluso il credito per L. 30.000.000 in relazione al quale la banca ha rinunciato a far valere la prelazione in quanto il pegno era stato costituito con atto del 10 giugno 1992, nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento del 28 maggio 1993) aveva ad oggetto (non i titoli, ma) il credito della società fallita alla consegna o all'attribuzione dei titoli indicati in calce all'atto (CCT emessi il 1 novembre 1990 con scadenza nel 1995) o del loro controvalore in danaro, in relazione al mandato ad acquistarli conferito alla banca, e che tanto l'atto di costituzione quanto l'atto di accettazione della Cassa di Risparmio recavano l'affrancatura postale dell'8 novembre 1991, anteriore alla dichiarazione di fallimento sopravvenuta il 28 maggio 1993. In ordine al mancato riconoscimento della compensazione per L. 43.671.250, per cedole maturate e riscosse dalla banca fino al 1 maggio 1993 sui c.c.t. costituiti in pegno, essendo il fallimento intervenuto il 28 maggio 1993, all'opponente spettava il diritto di avvalersi della compensazione L. Fall., ex art. 56. Con sentenza del 23 settembre 1999 il tribunale di Bassano del Grappa ha rigettato l'opposizione affermando che l'atto di costituzione di pegno dell'8 novembre 1991 non aveva data certa e che in relazione all'esclusione della compensazione la banca non aveva interesse a farla valere perché il suo credito era stato ammesso al passivo nella misura dalla stessa richiesta e il fallimento non aveva ancora fatto valere il proprio credito alla somma di L. 43.671.250. Con sentenza del 12 agosto 2004 la corte d'appello di Venezia ha integralmente confermato la sentenza di primo grado, salvo che per l'esclusione della data certa dell'atto atto di costituzione del pegno perché il timbro postale in data 8 novembre 1991 era stato apposto sullo stesso documento contenente il negozio costitutivo della garanzia.
Tuttavia doveva escludersi il privilegio, per le ragioni esposte nella sentenza di questa Corte n. 4208 del 1999 secondo cui: a) non è possibile ravvisare un valore economico intrinseco nel facere consistente nella prevista futura consegna dei titoli, ma solo nei titoli stessi;
b) il diritto del mandante alla consegna è eliso e vanificato proprio nel momento e per effetto dell'atto dispositivo perché in tale momento nasce il diritto della banca a conservarne la detenzione in funzione di garanzia del proprio credito;
c) ove oggetto del pegno sia il diritto alla consegna dei titoli, non si spiega poi come sussista la garanzia ove i titoli non vengano mai materialmente formati o la loro durata sia inferiore al periodo della garanzia;
d) non è consentito ai privati porre in essere strumenti negoziali diretti a realizzare una garanzia reale specifica su valori mobiliari diversi da quelli previsti dal legislatore con gli artt.2786 e 2787 c.c.;
e) non è configurabile il pegno di cosa futura, in
tal caso prospettandosi un accordo produttivo, prima della consegna, di meri effetti obbligatori, inidoneo a costituire la garanzia reale, così che il credito è chirografario per tutto il tempo intercorrente tra la concessione del finanziamento, accompagnato dal mandato ad acquistare titoli e l'individuazione dei titoli stessi. Quanto all'esclusione della compensazione del debito della banca per le cedole erroneamente riscosse e i maggiori crediti vantati, la corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, ha rigettato la censura non tanto per difetto d'interesse della banca quanto per essere stato integralmente ammesso al passivo il credito vantato.
Ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, Unicredit Banca d'Impresa s.p.a., succeduta alla Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. Il Fallimento della SIMER resiste con controricorso, e ha proposto anche ricorso incidentale affidato a un motivo, al quale resiste la banca con controricorso. Con ordinanza del 28 febbraio 2011, la prima sezione, alla quale il ricorso era stato assegnato, ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per valutare l'eventuale rimessione della questione alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto di giurisprudenza tra l'orientamento che esclude la possibilità della costituzione di un pegno del tipo di quello dedotto dalla banca ricorrente, rappresentato dalla sentenza n. 4208 del 1999, e l'orientamento che, invece, ha ammesso la possibilità della costituzione in pegno del credito in favore del mandatario incaricato di acquistare i titoli e successivamente di consegnarli al mandante, espresso dalla sentenza n. 8050 del 2009. In occasione dell'udienza odierna il Fallimento ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli art. 99 e 112 c.p.c., censura la sentenza impugnata per non essersi la corte territoriale limitata a prendere in considerazione l'unica eccezione ritualmente proposta dal Fallimento, costituita dalla invalidità del pegno di beni, avendo invece valutato e accolto la diversa eccezione di inammissibilità del pegno del credito del mandante ad acquistare e a consegnare una quantità di cose di genere (titoli di credito), tardivamente dedotta per la prima volta nella comparsa conclusione in grado d'appello. Tale questione non avrebbe ad oggetto una nullità rilevabile d'ufficio sia perché non si tratterebbe di un'ipotesi di nullità, sia perché, dovendosi il principio della rilevabilità d'ufficio delle nullità coordinarsi con il principio dispositivo, il giudice non può rilevare una causa di nullità diversa da quella inizialmente dedotta dalla parte.
Il motivo non è fondato.
In relazione alla questione relativa alla qualità privilegiata o non del credito fatto valere, oggetto di cognizione sommaria in sede di accertamento del passivo da parte del giudice delegato e di cognizione piena in sede di giudizio di opposizione, la valutazione della sussistenza dei presupposti della prelazione deve essere compiuta dal giudice d'ufficio, attenendo all'esistenza delle condizioni dell'azione esperita dal creditore, che

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