Cass. civ., sez. I, sentenza 14/05/2010, n. 11757

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Nel giudizio di opposizione al decreto di ammortamento di un assegno bancario, ai sensi dell'art. 70 del r.d. n. 1736 del 1933, potendo assumere la veste di parte soltanto coloro che si contendono la legittimazione cartolare del titolo, non possono considerarsi legittimati nè il traente l'assegno bancario, che non detiene il titolo e per il quale è indifferente pagare ad uno o altro creditore cartolare e che deve essere posto a conoscenza dell'adozione del decreto di ammortamento e dell'avvio dell'opposizione a tale provvedimento onde evitare un suo indebito pagamento, nè il debitore cartolare che sia venuto in possesso del titolo a seguito dell'estinzione della sua obbligazione e che può tutelarsi contro la richiesta di ammortamento ed il connesso rischio di pagare nuovamente, con una normale azione di accertamento negativo del debito.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 14/05/2010, n. 11757
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11757
Data del deposito : 14 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C C - Presidente -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. P C - Consigliere -
Dott. B R - Consigliere -
Dott. G M C - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19364/2005 proposto da:
G A (c.f. GMBNLM35A16H771M), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.

GIOACCHINO BELLI

122, presso l'avvocato S A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato T F, giusta procura in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
L M, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati A E, A L, giusta procura a margine del controricorso;

R C (c.f. RSSCSR49F21F949G), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COSSERIA

5, presso l'avvocato R G F, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato A C, giusta procura a margine del controricorso;



- controricorrenti -


contro
B ACOLA MTOVANA S.P.A.;

- intimata -
avverso la sentenza n. 323/2005 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 26/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07/04/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato A. SINESIO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente R, l'Avvocato L. FRANZIN, per delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA

Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 2.07.1999,. il Presidente del Tribunale di Mantova pronunciava l'ammortamento dell'assegno bancario n. 0055584819 04, emesso per L. 200.000.000, in favore del ricorrente Mauro L, da Anselmo G, sul conto corrente n. 73626/4, da questi intrattenuto presso la Banca Agricola Mantovana.
Nel ricorso per l'ammortamento il L aveva esposto che l'importo recato dall'assegno costituiva la caparra confirmatoria inerente al contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato tra lui ed il G, promissario acquirente, che il titolo era stato depositato in via fiduciaria presso tale Cesare R, che il 16.06.1999 il medesimo G, aveva convocato il R presso il suo ufficio onde sostituire l'assegno in questione con altri quattro assegni da L. 50.000.000 ciascuno e che in tale occasione, acquisitane la materiale disponibilità, lo aveva stracciato, di tal che il R aveva potuto trattenerne solo un lembo.
Con ricorso depositato il 2.07.1999, il G proponeva opposizione al suddetto decreto di ammortamento nei confronti del L e della Banca Agricola Mantovana, sostenendo il difetto di legittimazione attiva del L, in quanto non più possessore del titolo, per averglielo, tramite il R, spontaneamente restituito, nonché l'illegittimità del decreto vertendosi in caso di assegno bancario non trasferibile, e nel merito l'infondatezza della pretesa, deducendo anche di avere distrutto l'assegno dopo che, aderendo alla richiesta del L, aveva consegnato in contanti al R la somma di L. 200.000.000, portata dal titolo. Nel giudizio il R spiegava intervento volontario ad adiuvandum il L. Con sentenza n. 1271 del 2002,, il Tribunale di Mantova, in contumacia della Banca Agricola Mantovana, dichiarava che il G, in quanto debitore non detentore del titolo, era privo di legittimazione attiva a proporre l'opposizione, ulteriormente e conseguentemente ritenendo assorbita ogni ulteriore questione. Il G proponeva appello avverso questa sentenza adducendo tre motivi.
Con sentenza del 16.03-26.04.2005, la Corte di appello di Brescia:
- respingeva il motivo d'appello del G inerente al ritenuto suo difetto di legittimazione attiva a proporre opposizione al decreto di ammortamento, confermando sul punto l'impugnata pronuncia, e ritenendo conseguentemente assorbita anche la questione dell'illegittimità del decreto per violazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 73;

- accoglieva, invece, il motivo di gravame con cui il G si era doluto dell'omissione di pronuncia (così intesa la doglianza) da parte del primo giudice sulla domanda da lui espressamente proposta di accertamento negativo del suo debito, che in effetti non era stata decisa;

- respingeva, peraltro, nel merito tale domanda volta alla declaratoria di estinzione per avvenuto pagamento dell'obbligazione portata dall'assegno bancario, ritenendo anche che il G avrebbe dovuto provare che il L gli aveva chiesto di sostituire l'assegno con denaro contante di pari importo e che lui aveva consegnato il denaro al R, il quale ricevendolo gli aveva volontariamente restituito il titolo, prova che l'appellante non aveva fornito, dal momento pure che in primo grado nel rassegnare le conclusioni non aveva riproposto le istanze istruttorie dedotte nella memoria istruttoria e pure contenute nell'atto di opposizione, che, quindi, dovevano intendersi rinunciate e conseguentemente inammissibili in appello.
Avverso questa sentenza il G ha proposto ricorso per cassazione. Il L ed il R hanno resistito con distinti controricorsi. Il G ed il R hanno anche depositato rispettivamente memoria illustrativa e brevi note. La Banca Agricola Mantovana S.p.A. non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare di rito ed in relazione al rilievo sul punto formulato nel controricorso dal R, va ritenuta la ritualità della procura conferita dal G al suo difensore ed apposta in calce al ricorso, che è per sua natura speciale (tra le numerose altre, da ultimo Cass. 200926504;
200915692).
A sostegno del ricorso il G denunzia:
1. "Error in indicando: omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio (questione afferente l'inammissibilità della procedura di ammortamento per titoli bancari non trasferibili). error in procedendo: violazione art. 112 c.p.c. (questione afferente la mancata pronuncia in ordine all'eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo al Sig. L per la richiesta del decreto di ammortamento)".
In sintesi, il ricorrente, premesso che la Corte distrettuale si è limitata a verificare il suo difetto di legittimazione attiva all'opposizione, nel contempo affermando che avrebbe potuto tutelarsi solo con una normale azione di accertamento negativo del debito, si duole, anche per il profilo motivazionale, del fatto che la medesima Corte abbia conseguentemente ritenuto sia superflua ogni ulteriore indagine sulla regolarità formale del titolo ammortato e sia assorbite le sue eccezioni di carenza dei presupposti per l'ammortamento del titolo, di difetto di legittimazione attiva del L (in quanto aveva restituito il titolo perdendone il legittimo possesso) e di non esperibilità, ai sensi del R.D. n. 1736 del 1933, art. 73 e da rilevare anche d'ufficio, della procedura di
ammortamento, per essere stato l'assegno bancario da lui distrutto, emesso con la clausola "non trasferibile".
Il motivo non è fondato.
In base alla lettera ed alla ratio legis della normativa, i giudici d'appello, hanno correttamente individuato i principi generali in tema di presupposti legittimanti l'azione di opposizione, prevista dal citato R.D. n. 1736 del 1933, art. 70, al decreto di ammortamento dell'assegno bancario (in tema, cfr. Cass. 196801046;
195102512), considerando anche la struttura e la funzione della procedura di ammortamento (in tema, cfr. Cass. 196401324) e del decreto che la concluda (in tema, cfr. Cass. 195703603), e, conseguentemente, ritenuto che;
se il debitore non legittimato erroneamente proponga opposizione al decreto di ammortamento, l'azione, per il principio di conservazione e conversione dei mezzi processuali, va considerata come azione di accertamento negativo (in tema cfr. Cass. 196801782), soggetta alle normali regole del procedimento di cognizione (in tema, cfr. Cass. 1993055744), sicché;
se essa si sostanzi in azione di accertamento negativo del debito estinto da pagamento, il debitore deve provare quanto assume. Hanno, in particolare, ineccepibilmente affermato che possono assumere la veste di parte del giudizio di opposizione solo coloro che si contendono la legittimazione cartolare (art. 70) e, pertanto, ne' il traente l'assegno bancario, che non detiene il titolo e per il quale è indifferente pagare ad uno piuttosto che ad un altro creditore cartolare e che deve solo essere posto a conoscenza dell'adozione del decreto di ammortamento e dell'avvio dell'opposizione a tale provvedimento (artt. 69 e 70), onde evitare un suo indebito pagamento, ne' il debitore cartolare che sia venuto in possesso del titolo a seguito dell'estinzione della sua obbligazione e che può tutelarsi contro la richiesta di ammortamento ed il connesso rischio di pagare nuovamente, con una normale azione di accertamento negativo del debito (in tema, cfr. Cass. 196601253;

196800818). Hanno, inoltre, ulteriormente ritenuto che il G, traente dell'assegno la cui distruzione era incontroversa, pur non essendo legittimato in base alle esposte premesse, a proporre l'opposizione al decreto di ammortamento ottenuto dal L, ben poteva, invece, esperire l'azione, da lui in effetti proposta, di accertamento negativo del debito relativo al rapporto sottostante il titolo.
Così delineati i limiti della sua cognizione sia in termini generali che in rapporto alle specifiche domande svolte dal G, ineccepibile anche per il profilo argomentativo si rivela l'affermazione dei giudici di merito, censurata dal ricorrente, circa l'assorbimento ossia la non delibabilità delle questioni dal medesimo sollevate, inerenti all'assenza dei presupposti e delle condizioni per l'adozione de decreto e segnatamente al difetto di legittimazione del L alla domanda di ammortamento ed alla non esperibilità della procedura di ammortamento ai sensi dell'art. 73 cit., le quali, estranee al giudizio di accertamento negativo del debito attestato dal documento rappresentativo conseguito dal creditore, nella specie in effetti costituivano ragioni riferibili esclusivamente all'ambito dell'opposizione al decreto di ammortamento e, dunque, non esaminabili dal giudice adito, una volta ritenuto il G non abilitato ad avvalersi di tale tipo di tutela. 2. "Error in indicando ed errar in procedendo: vizio di motivazione;

violazione e falsa applicazione degli arti 189 - 345 c.p.c.". Il ricorrente si duole, anche per il profilo motivazionale, che la Corte distrettuale abbia ritenuto inammissibili in appello le sue istanze istruttorie, e segnatamente le proposte prove testimoniali, erroneamente inferendo una sua rinuncia ad esse, desunta dalla mancata loro riproposizione in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado. Assume che l'omissione materiale non era sufficiente a fare presumere la rinuncia o l'abbandono delle richieste istruttorie e che l'esame di tutti gli atti e i verbali del giudizio di primo grado avrebbe smentito la sua volontà abdicativa. La censura è inammissibile.
A norma degli artt. 178, 189 e 281 bis cod. proc. civ., nella formulazione posteriore all'entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, applicabile ratione temporis, le richieste istruttorie
ritualmente formulate negli atti introduttivi o nel corso giudizio di primo grado e disattese o non delibate dal giudice, devono, essere reiterate in sede di precisazione delle conclusioni definitive, al momento della rimessione della causa in decisione, altrimenti non possono essere ne' decise dal primo giudice ne' riproposte in sede di impugnazione (in tema cfr Cass. 200825157;
200723574;
200702095), attesi anche i limiti imposti sul punto dall'art. 345 c.p.c., comma 3. D'altra parte, la presunzione di abbandono o di rinuncia alle stesse da parte del G è stata logicamente e motivatamente tratta dai giudici di merito oltre che dalla violazione dell'onere di loro reiterazione al momento della precisazione delle conclusioni, dal fatto che tali le conclusioni definitive erano state prospettate in modo specifico, con espunzione delle parti dell'atto introduttivo in cui erano state formulate le deduzioni istruttorie e senza richiamo alla successiva memoria istruttoria in cui erano state reiterate, di tal che la censura si sostanzia in mera generica critica, tra l'altro priva anche della trascrizione del contenuto delle prove articolate, di tal che ne è anche preclusa la valutazione di relativa decisività.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del G soccombente al pagamento in favore del L e del R, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

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