Cass. pen., sez. III, sentenza 06/05/2022, n. 18085

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 06/05/2022, n. 18085
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18085
Data del deposito : 6 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: LICATA MICHELE ANGELO nato a MARSALA il 20/08/1963 avverso la sentenza del 06/07/2020 della CORTE APPELLO di PALERMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere L S;
lette le conclusioni del PG

MARILIA DI NARDO

Il PG chiede il rigetto del ricorso Gli avv. C F e S P chiedono di annullare la sentenza impugnata Ricorso trattato ai sensi ex art. 23, comma 8 del D.L. n.137/20.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza 6 luglio 2020 la Corte d'Appello di Palermo, in parziale riforma di quella del 2 dicembre 2016 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala: - ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M A L perché estinti per prescrizione i reati ex artt. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, di cui ai capi 1, 3 e 7 in relazione alle condotte riportate alle lettere a) e b) di ciascuno di essi;
10- quater d.lgs. n. 74 del 2000, di cui ai capi 2 e 4 in relazione alle condotte commesse fino all'anno di imposta 2010;
76 d.lgs. n.445 del 2000 (capi 34 e 36);
640-bis cod. pen. (capi 35 e 37);
- ha assolto M A L per il reato ex art. 316-bis cod. pen. (capo 44) perché il fatto non sussiste;
- ha rideterminato la pena in 2 anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione per i reati ex artt. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, di cui ai capi 1, lett. c), d), e), f);
3), lett. c), d), e), f);
5;
7, lett. c), d), e);
10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, di cui ai capi 2 e 4 in relazione alle condotte commesse dopo l'anno di imposta 2010, e 6;
56, 640-bis cod. pen. (capi 40 e 42) e confermato nel resto la sentenza di primo grado.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato.

2.1. Con il primo motivo si deduce ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen. l'erronea applicazione dell'art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, limitatamente alle condotte non dichiarate prescritte. L'imputato è stato condannato, in relazione a tre diverse società, per più reati ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, per l'indicazione nelle dichiarazioni relative a diversi anni di imposta di elementi passivi fittizi, mediante l'uso di fatture per operazioni inesistenti;
con riguardo ai crediti fiscali derivanti dall'utilizzo di dette fatture, utilizzati in compensazione, l'imputato è stato condannato anche il delitto ex art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000. Secondo i giudici di merito, i crediti oggetto di compensazione ex art. 17 d.lgs. n.241 del 1997 sono quelli derivanti dall'uso delle fatture per operazioni inesistenti su cui si fonda l'imputazione ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000. La Corte territoriale, disattendendo le censure difensive, avrebbe erroneamente ritenuto il fatto concretizzare sia il delitto ex art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 che il reato ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, in virtù di una differenza strutturale tra le due fattispecie e di un'attinenza a due diversi momenti dell'iter di adempimento delle obbligazioni tributarie. Tali conclusioni sarebbero errate: la disamina degli elementi costitutivi dei due reati renderebbe inapplicabile, al caso de quo, l'art. 10-quater d.lgs. n. 74 del UI 2000, la cui operatività presuppone che i crediti adoperati per la compensazione siano non spettanti o inesistenti. I crediti portati in compensazione dall'imputato sarebbero ricollegati direttamente ed esclusivamente all'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, già oggetto di contestazione per la fattispecie di frode fiscale;
pertanto, non si tratterebbe né di crediti non spettanti né inesistenti, atteso che le compensazioni non hanno riguardato crediti difettanti di un presupposto costitutivo o completamente avulsi dalla situazione fiscale del contribuente, bensì crediti fondati sulle fatture passive registrate in contabilità e i cui costi in esse incorporate sono stati conseguentemente indicati in sede dichiarativa ad abbattimento degli imponibili. Non dovrebbe essere applicata la fattispecie di cui all'art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000 che presupporrebbe operazioni prive di qualsiasi presupposto costitutivo, bensì, trattandosi di crediti che rispondono alla nozione di fittizietà, sarebbe sufficiente la contestazione ex art. 2 d.lgs. 74/2000. Sarebbe pacifico che non può esservi una coesistenza tra la responsabilità per il delitto ex art. 10-quater e quella per la fattispecie di frode fiscale di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, stante il rapporto di specialità intercorrente tra le due norme, in virtù del quale nel caso in cui il risparmio di imposta avvenga mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti nonché mediante l'indicazione in dichiarazione dei corrispondenti elementi fittizi, non potrebbe che venire in rilievo la più grave fattispecie di cui all'art. 2, non residuando più spazio per la fattispecie di cui all'art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000. Diversamente da quanto sostenuto dalla Corte territoriale, tra le figure delittuose, entrambe finalizzate a preservare i medesimi beni giuridici dell'interesse statale alla riscossione dei tributi e della trasparenza fiscale del contribuente, sussisterebbe una progressione di illiceità idonea a legittimare un fenomeno di consunzione, con applicazione esclusiva della fattispecie più grave. La prevalenza del delitto di frode fiscale si legherebbe anche al fatto che una dichiarazione fiscale corredata dell'indicazione di costi fittizi ingloba già di per sé una lesione dell'aspettativa erariale alla corretta riscossione dei tributi, indipendentemente da quando si materializza l'incasso del vantaggio tributario illecito. La Corte territoriale, sebbene prenda in considerazione tale circostanza, non giungerebbe alle conclusioni corrette, operando un parallelismo non rilevante, poiché verrebbero in rilievo susseguenti dichiarazioni fiscali, ciascuna avente la propria autonomia e la propria rilevanza penale. Sarebbe privo di fondamento anche l'argomento attraverso il quale la Corte territoriale ha cercato di disattendere il rilievo difensivo sulla mancata contestazione di alcuna ipotesi di compensazione indebita da parte dell'Agenzia delle Entrate. Sul punto la Corte ometterebbe di considerare che l'Agenzia, al netto dell'aspetto attinente al recupero delle imposte evase, ben avrebbe potuto irrogare le sue autonome sanzioni, laddove avesse ravvisato gli estremi di una compensazione con crediti inesistenti. La mancata irrogazione delle sanzioni non potrebbe che significare che l'Agenzia delle Entrate abbia considerato l'illecito insussistente o comunque assorbito nell'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

2.2. Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di illogicità della motivazione sulla ritenuta responsabilità penale, rilevante ai solo effetti civili, stante la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile V S F, per i delitti di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis cod. pen. di cui ai capi 35 e 37. Con l'appello si sostenne l'insussistenza della truffa ex art. 640-bis cod. pen. ed in particolare dell'elemento soggettivo della fattispecie;
Delfino s.r.l. e Roof Garden s.r.l. avrebbero oggettivamente realizzato i progetti finanziati con contributi pubblici (il c.d. Delfino Beach Hotel per la società Delfino s.r.l. ed il c.d. Baglio Basilo per la Roof Garden s.r.I.), sostenendo effettivamente i costi ad essi connessi. Tale circostanza emergerebbe dalle dichiarazioni dell'Amministratore Giudiziario dottor F, il cui contenuto è riassunto nel ricorso, e dalle dichiarazioni dell'imputato. Nell'appello si evidenziò che la sentenza di primo grado sarebbe stata errata quanto all'induzione in errore del personale della Banca concessionaria Microcredito s.p.a., mentre il ricorrente avrebbe effettivamente sopportato i costi, anche in misura superiore a quanto dichiarato;
non sussisterebbe l'elemento soggettivo del dolo di truffa. Sul punto la Corte territoriale non avrebbe reso una motivazione adeguata, avendo ritenuto di smentire le dichiarazioni dell'Amministratore Giudiziario, pur essendosi quest'ultimo espresso in maniera specifica per ogni intervento ed evidenziato un'integrale corrispondenza tra le immobilizzazioni materiali delle società ed i saldi di bilancio inglobanti i costi di cui alle fatture per operazioni inesistenti. Sarebbe, altresì, non condivisibile l'assunto della Corte territoriale per cui il danno arrecato alla P.A. sarebbe collegato all'esborso di somme non spese, atteso che l'effettiva realizzazione delle opere interessate da pubblici finanziamenti sarebbe stata accertata dai collaudatori incaricati dall'Assessorato al Turismo della Regione Sicilia e dai periti nominati dall'Amministratore Giudiziario. Il riferimento giurisprudenziale (Sez. 6 del 13/11/2003 n.938) citato dalla Corte di appello sarebbe errato, essendo basato sull'inesistenza dei corrispondenti investimenti, che nella specie sussisterebbero.

2.3. Con il terzo motivo si deducono i vizi di violazione di legge e della motivazione quanto alla ritenuta responsabilità penale per i delitti di tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex artt. 56 e 640-bis cod. pen. di cui ai capi 40 e 42. Le sentenze di merito avrebbero escluso qualsiasi raggiro con riferimento alle fasi volte all'ottenimento delle delibere di stanziamento dei contributi pubblici e non sarebbe stata ravvisata alcuna criticità con riguardo all'erogazione della prima parte del contributo deliberato. Le conclusioni della Corte territoriale sarebbero errate nella parte in cui ha ravvisato gli estremi del tentativo punibile ex art. 640-bis cod. pen. nella circostanza che tra le società ed i propri consulenti circolarono dei prospetti riepilogativi in formato excel contenenti un elenco di voci di spesa, tra cui anche l'indicazione di alcune delle fatture per operazioni inesistenti oggetto di contestazione ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000;
in particolare, secondo la sentenza impugnata, l'elemento da cui deriverebbe il tentativo
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