Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 08/03/2011, n. 5437

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Anche in tema di responsabilità del datore di lavoro per infortuni e malattie professionali trova applicazione la definizione legislativa (art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000) del danno biologico quale "lesione della integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico legale", sicchè la liquidazione equitatitva di tale danno presuppone necessariamente l'accertamento medico legale della lesione subita dal lavoratore. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza di merito che - in relazione a lavoratore sottoposto nello svolgimento delle mansioni ad "usura da stress psico-fisica" a causa dell'effettuazione di un numero rilevante e continuativo di ore di lavoro straordinario - aveva liquidato il danno biologico in via equitativa in misura pari al 15% delle retribuzioni percepite nell'arco temporale interessato, senza avere previamente fatto ricorso a consulenza tecnica medico legale).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 08/03/2011, n. 5437
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 5437
Data del deposito : 8 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R F - Presidente -
Dott. DE R A - Consigliere -
Dott. S P - Consigliere -
Dott. C P - rel. Consigliere -
Dott. F A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 2395/2007 proposto da:
A.L.E.R. M, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAMERINO N.

15, presso lo studio dell'avvocato C R G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C B, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
TUCCITTO SALVATORE;



- intimato -


sul ricorso 4664/2007 proposto da:
TUCCITTO SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SABOTINO

46, presso lo studio dell'avvocato R G, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati C G, GRECO LINO, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
A.L.E.R. M, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAMERINO N.

15, presso lo studio dell'avvocato C R G, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato C B, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 649/2006 della CORTE D'APPELLO di M, depositata il 04/09/2006 r.g.n. 602/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l'Avvocato GIOVANNI ROMANO e GRECO LINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI

Renato, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
FATTO E DIRITTO
La A.L.E.R. Milano chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'Appello di Milano, pubblicata il 4 settembre 2006, che, riformando in parte la decisione di rigetto del Tribunale di Milano, ha accolto alcuni capi della domanda proposta dal dipendente T Salvatore.
Quest'ultimo aveva convenuto in giudizio al società ricorrente chiedendo il riconoscimento della qualifica superiore di autista di cat. B3;
il risarcimento del danno biologico per usura da stress psicofisico;
nonché del danno psichico da mobbing, il pagamento di 4.407,87 Euro per mancati riposi;
il risarcimento del danno morale ed esistenziale;
le somme derivanti dalla considerazione dello straordinario svolto su gli altri istituti contrattuali per complessivi 17.578,22 Euro;
il rimborso delle spese mediche e di cura. Il Tribunale aveva integralmente respinto la domanda. La Corte d'Appello ha accolto in parte l'impugnazione del T e ha condannato la società datrice di lavoro a pagargli un importo pari al 15% della retribuzione netta percepita nel periodo febbraio 1999 - dicembre 2001 a titolo risarcitorio;
ha confermato il rigetto degli altri capi della domanda;
ha condannato la società alla rifusione di metà delle spese del giudizio di primo e secondo grado, compensando l'altra metà.
La Corte ha ritenuto che "sull'istruttoria svolta si può ritenere che T sia stato sottoposto nello svolgimento delle mansioni ad usura da 'stress' psicofisico a causa dell'effettuazione di un numero rilevante e continuativo di ore di lavoro straordinario". Ha rilevato infatti che dai documenti e dalla prova testimoniale emerge che questi svolse, nell'anno 2001, 144 ore di straordinario mensile, 1729 complessive, pagate dalla società cui era ben nota la situazione.
Esaminata analiticamente la prova la Corte ha ritenuto che le mansioni del T consistevano non solo nell'accompagnare l'ispettore nelle case sgomberate o da sgomberare, ma anche nel presidiare le suddette case perché non fossero rioccupate dagli abusivi e che il relativo orario di lavoro si allungava a dismisura, con turni che a volte si sovrapponevano l'uno sull'altro. Ciò ha indotto la Corte a liquidare la somma su indicata, quantificata in via equitativa, a titolo di risarcimento del danno biologico.
La società propone nove motivi di ricorso: 1) Violazione del D.P.R. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13. Quesito formulato: "se il danno
biologico verificatosi nel 2001, sotto la vigenza della L. n. 38 del 2001, è coperto dall'assicurazione obbligatoria e non deve pertanto
essere risarcito dal datore di lavoro". 2) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul seguente fatto controverso e decisivo: mancata conoscenza del lavoro straordinario, consenso pieno del lavoratore. 3) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul seguente fatto controverso e decisivo: pieno consenso del lavoratore e mansioni di semplice attesa. 4) Violazione dell'art.116 c.p.c., e dell'art. 201 c.p., per aver liquidato il danno senza
ammettere alcuna ctu, ma ponendo a fondamento la deposizione di un teste e la relazione del consulente di parte. Quesito formulato: "se la consulenza tecnica di parte sia mero atto difensivo privo di valore probatorio". 5) Violazione dell'art. 2698 c.c., e dell'art. 116, su onere della prova e valutazione della prova in ordine al nesso di causalità tra lavoro e danno. Quesito formulato: "se l'onere della prova sul nesso causale tra condotta datoriale e danno sia a carico del lavoratore, che deve assolvere questo onere idoneamente e rigorosamente". 6) Violazione dell'art. 244 c.p.c., in ordine alla ammissibilità dei testi. Quesito formulato: "se lede il contraddittorio tra le parti l'assunzione e l'ammissione di prove formulate da controparte in modo generico e su giudizi". 7) Violazione dell'art. 432 c.p.c., sulla valutazione equitativa. Quesito formulato "se al giudice di merito è precluso il ricorso al giudizio di equità nel caso in cui possa accertare altrimenti il danno effettivamente subito". 8) Violazione di legge e illogica e insufficiente motivazione sui criteri di liquidazione del danno. Quesito formulato, "se in criteri di liquidazione del danno devono essere specificamente motivati senza ricorrere a criteri generici e di mero rito". 9) Violazione di legge e insufficiente motivazione in materia di regolamento delle spese. Quesito formulato: "se in caso di reciproca soccombenza le spese siano da compensare e se il provvedimento di condanna alle spese debba essere adeguatamente motivato".
Il T ha notificato controricorso contenente ricorso incidentale articolato in quattro motivi. 1) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo al calcolo del danno alla persona nonché violazione degli artt. 2087, 2043, 2049, 2056, 1223 e 1226 c.c.. Quesito formulato: "se oltre al danno patrimoniale per lavoro usurante il lavoratore abbia diritto anche al danno biologico, al danno morale e al danno esistenziale, non cumulativamente e se la Corte d'appello ha ben governato i principi alla luce dell'art. 2087 c.c.". 2) "Violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi
collettivi nazionali di lavoro". Quesito formulato: "se premesso il principio di uguaglianza la Corte d'Appello ha pronunciato coerentemente con tale principio, tenuto conto delle circostanze di fatto emerse nel giudizio". 3) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione nonché violazione di norme di diritto e del ccnl di categoria. Quesito formulato: "se, alla luce di quanto emerso in giudizio, e documentato in atti, le prestazioni di lavoro straordinario effettuate continuativamente e mensilmente retribuite al lavoratore tra il 1999 e il 2001 siano da considerare normali prestazioni di lavoro ai fini dell'incidenza sul tfr e sugli istituti contrattuali". 4) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo alla compensazione parziale delle spese di lite. Quesito formulato: "se la compensazione delle spese nella misura della metà adottata dalla Corte d'Appello di Milano debba essere motivata e se sia coerente con il principio della soccombenza".
La A.L.E.R. Milano ha notificato controricorso a ricorso incidentale. Il T ha depositato una memoria per l'udienza. La Corte d'appello, accogliendo l'impugnazione del lavoratore, ha condannato la ALER a pagare, a titolo risarcitorio al T, una somma pari al 15% della retribuzione netta percepita per lavoro ordinario e straordinario nel periodo febbraio 1999 - dicembre 2001, oltre interessi e rivalutazione dalla data della istanza di tentativo di conciliazione.
Sulla base di una analisi adeguata dei documenti prodotti e delle deposizioni testimoniali, la Corte di merito ha ritenuto che le mansioni (consistenti non solo nell'accompagnare l'ispettore nelle aree da sgomberare, ma anche nel presidiare la zona affinché non fosse rioccupata dagli abusivi), e l'orario di lavoro (che si allungava a dismisura e imprevedibilmente, anche con la sovrapposizione dei turni) del T siano stati tali da determinare un danno biologico al lavoratore.
La Corte ha definito biologico tale danno, ha precisato che è derivato da "usura da stress psico-fisica" e lo ha liquidato in via equitativa, quantificandolo in misura pari al 15% delle retribuzioni percepite nel periodo febbraio 1999 - dicembre 2001. Ora, se la motivazione della Corte è completa e puntuale in ordine alla al carattere fortemente usurante sul piano psico-fisico del lavoro svolto dal T, il criterio adottato per la quantificazione è apodittico.
Il danno biologico è, per espressa definizione legislativa, anche in ambito lavoristico (art. 13 del decreto legislativo 38/2000), "la lesione della integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico legale". Vi è pertanto danno biologico quando la lesione della integrità psico-fisica sia "suscettibile di valutazione medico legale".
Ma se così è, nel quantificarlo, il giudice non può limitarsi a richiamare il criterio dell'equità e ad individuare una somma in modo apodittico come si è fatto nel caso in esame: deve giungere alla determinazione mediante una valutazione medico legale. La via più naturale è quella di svolgere una consulenza medico legale, ma il giudice può anche effettuare direttamente tale valutazione, a condizione che basi la sua scelta su di un fondamento medico legale.
I motivi del ricorso principale che concernono questo vizio della sentenza, devono essere pertanto accolti. La sentenza sul punto deve essere cassata con rinvio ad altro giudice di merito che dovrà determinare il danno biologico sulla base di una valutazione medico legale.
Vanno respinti gli altri motivi. È infondato quello in cui si sostiene che il danno biologico si esaurisce nell'indennizzo dell'INAIL.
Sono infondati quelli in cui si sostiene che il consenso del lavoratore allo straordinario escluda in radice la responsabilità ex art. 2087 cc: i beni della persona tutelati dall'art. 2087 c.c.,
(integrità fisica e personalità morale del lavoratore) non sono disponibili.
Gli altri sono formulati in modo generico ed apodittico. L'ultimo, relativo alla regolamentazione delle spese, è infondato in quanto la Corte ha specificamente motivato le ragioni della compensazione parziale.
Il ricorso incidentale deve essere rigettato.
Il primo motivo è generico e si basa sul presupposto, errato, che la Corte abbia liquidato il danno patrimoniale derivante dall'usura, omettendo di liquidare il danno biologico, morale ed esistenziale. Il secondo ed il terzo motivo denunziano violazioni di contratti collettivi, che però omettono di individuare, e che, peraltro, in violazione dell'art. 369 c.p.c., n. 4, non sono stati depositati. Il quarto motivo concerne la regolamentazione delle spese e deve essere rigettato per le stesse ragioni per le quali si è ritenuto infondato il simmetrico motivo di ricorso principale.

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