Cass. pen., sez. V, sentenza 23/05/2019, n. 22842
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da F C, nato a Genova il 01/01/1974 avverso la sentenza del 18/04/2018 della Corte di appello di Genova visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere M R;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F L, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del 28 aprile 2015 del Tribunale di Genova che ha condannato C F alla pena di giustizia per il delitto di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 2 e n. 4 cod. pen. e per il delitto di cui agli artt. 56, 624 e 625 n. 2 e n. 4 cod. pen.. In particolare, all'imputato si contesta di essersi impossessato, in data 24 maggio 2013, di tre computer sottraendoli all'interno di un supermercato pagando alle casse un prezzo inferiore mediante sostituzione dei codici a barre su di essi apposti con altri codici a barre relativi ad articoli di prezzo inferiore, nonché di avere, due giorni dopo, tentato di impossessarsi presso lo stesso supermercato di un ulteriore computer con le medesime modalità appena descritte. 2. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione C F, a mezzo del suo difensore, affidandosi ad un unico motivo con il quale lamenta violazione degli artt. 624, 625 e 640 cod. pen. e 521, comma 1, cod. proc. pen.. Nello specifico egli sostiene che i fatti per i quali egli è stato condannato devono più correttamente essere qualificati come delitti di truffa e di tentata truffa. La sostituzione dei codici a barre applicati sui computer con altri codici a barre relativi ad un prodotto meno costoso aveva costituito l'artificio attraverso il quale egli aveva indotto in errore il cassiere inducendolo a fargli pagare un prezzo inferiore, con conseguente ingiusto profitto per il F e danno patrimoniale per il venditore. La giurisprudenza di legittimità individua l'elemento differenziale tra furto aggravato dal mezzo fraudolento e truffa nella circostanza che nel primo l'oggetto viene sottratto al detentore eludendone la sorveglianza e contro la sua volontà, mentre nella seconda il possesso viene conseguito in virtù di un atto di disposizione patrimoniale dello stesso soggetto passivo il cui consenso è viziato dagli artifici e raggiri posti in essere dall'agente. Nel caso di specie l'imputato non si era impossessato della merce mediante sottrazione, ma con il consenso del cassiere, indotto in errore. Né poteva avere rilevanza che il F avesse prelevato i beni dagli scaffali e li avesse tenuti con sé fino alla cassa, in quanto la detenzione era stata solo momentanea poiché poi li aveva consegnati al cassiere.
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