Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/04/2014, n. 8054
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R L A - Primo Presidente f.f. -
Dott. L M G - Presidente di sez. -
Dott. R R - Presidente di sez. -
Dott. F F - Presidente di sez. -
Dott. M L - Presidente di sez. -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. N V - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. B R - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso R.G. 1315/13 proposto da:
AGENZIA DELLE E, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;
- ricorrente -
contro
Avv. DI M S, elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie 22, presso l'avv. I T, rappresentato e difeso da sè stesso ai sensi dell'art. 86 cod. proc. civ.;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia (Palermo), sez. 24, n. 178/24/12 del 13 luglio 2012, depositata il 4 ottobre 2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell'11 marzo 2014 dal Consigliere Dott. R B;
udito l'avv. G D B per l'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale dott. Apice Umberto, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso e in subordine il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l'impugnazione da parte dell'avv. Di Miceli Salvatoere del silenzio-rifiuto opposto dall'amministrazione all'istanza di rimborso formulata dal contribuente circa le somme versate a titolo IRAP per gli anni 1998-2004.
La Commissione adita accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo non dovuto il rimborso in relazione ad alcuni versamenti per intervenuta decadenza ai sensi di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38. L'appello del contribuente era accolto con la sentenza in epigrafe, ritenendo inapplicabile nella specie il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Con la medesima sentenza era rigettato l'appello incidentale
dell'amministrazione, fondato sulla violazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2 e 3 in quanto proposto da funzionario carente
di delega.
Avverso tale sentenza .l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrato anche con memoria. Resiste il contribuente con controricorso.
MOTIVAZIONE
1. Con il primo motivo, l'amministrazione ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, per aver il giudice di appello erroneamente disapplicato la norma sul termine di decadenza in base al carattere indebito e cautelativo del versamento, laddove, invece, la richiamata disposizione, ad avviso della parte ricorrente, si applica per tutti i casi di rimborso di versamenti diretti.
2. Con il secondo motivo, l'amministrazione ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5), insufficiente motivazione in ordine a un punto di fatto controverso e decisivo per il giudizio, per aver il giudice di appello motivato l'inammissibilità dell'appello incidentale sulla base del presupposto di fatto costituito dalla mancanza di delega valida in capo al "funzionario incaricato".
2.1. Il giudice d'appello avrebbe motivato la propria decisione alla luce del principio delegatus non potest delegare, senza spiegare quali fossero le ragioni che l'avevano indotto a ritenere che il sottoscrittore degli atti difensivi dell'Ufficio fosse stato delegato da un soggetto non legittimato (il dott. C, funzionario incaricato, e non il Direttore dell'Ufficio).
3. Con il terzo motivo, l'amministrazione ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 per aver il giudice di appello erroneamente ritenuto che la pacifica sussistenza di un lavoratore dipendente (nel caso una segretaria) non sia sufficiente a integrare il requisito dell'autonoma organizzazione che compendia il presupposto impositivo per i professionisti in materia di IRAP.
4. Chiamata la causa innanzi alla 6^ Sezione di questa Corte, il Collegio rilevava che dalla lettura del primo motivo di ricorso emergeva, dietro la "forma", la "sostanza" di una dedotta "insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio", cioè del vizio previsto nel testo dell'art. 360, n. 5), anteriore alla recente riforma che si applica ai ricorsi avverso sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012: di modo che la decisione del ricorso presupponeva che fosse preliminarmente risolto il problema della applicabilità o meno ai ricorsi per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie delle disposizioni modificative del codice di procedura civile contenute nel D.L. 22 giugno 2012, n. 83 c.d. "Decreto crescita" convertito con
modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. 4.1. Ad avviso del Collegio sia la nuova formulazione restrittiva del motivo di cui all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5 sia, indirettamente, la sua radicale espunzione in caso di c.d. doppia conforme troverebbero applicazione in relazione ai ricorsi per la cassazione delle sentenze del giudice tributario. A tanto non osterebbe il comma 3-bis dell'art. 54 della citata legge (L. n. 134 del 2012) secondo cui "le disposizioni di cui al presente articolo
non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546": la predetta disposizione, infatti, riguarda solo il
processo tributario vero e proprio (primo e secondo grado) delineato dalla L. n. 546 del 1992, mentre il giudizio di cassazione, anche ove verta in materia tributaria, non è più "processo tributario" ed è disciplinato dalle disposizioni del codice di procedura civile.
4.2. Per quanto attiene ai ricorsi per cassazione avverso le sentenze del giudice tributario il citato D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 contiene un rinvio all'art. 360 c.p.c., n. 5 (ed alle disposizioni del codice di procedura civile relative al giudizio di cassazione) che è sempre stato applicato come un rinvio alle norme processuali "comuni" così come via via plasmate dal legislatore e non al testo vigente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 546 del 1992. Sicché non esiste nell'attuale sistema normativo un "giudizio di legittimità tributario", come comprova l'ispirazione riformatrice che connota un progetto, elaborato di recente dal CNEL, inteso ad introdurre nell'ordinamento un tale speciale "giudizio di legittimità", disciplinato da proprie specifiche norme.
4.3. Sulla base di siffatte considerazioni il Collegio - constatata, da un lato, l'esistenza di un maggioritario orientamento della dottrina secondo cui la riforma (di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83) non tocca il processo di cassazione, quando formino oggetto di
ricorso sentenze delle Commissioni tributarie e, dall'altro, la rilevanza della questione, che si palesa come "questione di massima di particolare importanza" - ha ritenuto necessario sollecitare, con ordinanza interlocutoria del 14 ottobre 2013, n. 23273, l'intervento monofilattico delle Sezioni Unite.
5. Nella logica che l'ordinanza di rimessione propone, è necessario verificare preliminarmente se le disposizioni modificative del codice di procedura civile contenute nel D.L. 22 giugno 2012, n. 83,
convertito con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, trovino applicazione con riferimento ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze pronunciate dal giudice tributario. Ciò perché, come è facile intuire, l'eventuale applicabilità della riforma condiziona il parametro al quale occorrerà far riferimento per la valutazione dell'ammissibilità e della fondatezza del motivo di ricorso che sollecita al giudice di legittimità il controllo critico sulla motivazione della sentenza impugnata.
6. Il dubbio sull'applicabilità della riforma trova ragione della previsione di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3-bis (aggiunto dalla Legge di conversione n. 134 del 2012), secondo la quale Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. 6.1. Tra le disposizioni previste nei precedenti commi di tale norma vi sono, oltre quelle relative al processo d'appello, anche quelle relative specificamente al giudizio di cassazione, che stabiliscono:
la modifica dell'art. 360 c.p.c., n. 5), la cui previsione dell'impugnabilità per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio è sostituita dalla previsione di impugnabilità per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti;
l'introduzione nel codice di rito di un art. 348-ter il cui u.c. prevede la proponibilità del ricorso per cassazione esclusivamente per i motivi di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4) qualora l'impugnazione sia proposta avverso una sentenza d'appello che confermi la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione appellata.
6.2. L'eccezione all'applicazione delle disposizioni previste dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 concerne, per espressa previsione normativa, il processo tributario che il D.Lgs. n. 546 del 1992 compiutamente disciplina con norme speciali per quanto riguarda la fase di primo grado e quella d'appello. Si tratta di un processo che si svolge innanzi ad una giurisdizione speciale, la giurisdizione tributaria, che a norma dell'art. 1, comma 1, del predetto decreto è esercitata dalle Commissioni tributarie provinciali e dalle Commissioni tributarie regionali di cui al D.P.R. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1. 7. Il D.Lgs. n. 546 del 1992 non prevede, invece, una disciplina speciale per il giudizio di legittimità concernente l'impugnazione delle sentenze d'appello pronunciate dal giudice tributario, ma si limita a rinviare, in proposito, alle