Cass. civ., SS.UU., ordinanza 13/01/2023, n. 00919

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 13/01/2023, n. 00919
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00919
Data del deposito : 13 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

iato la seguente ORDINANZA sul ricorso 971-2022 proposto da: VERGA S.R.L., in persona dei legali rappresentanti pro ternpore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTE BIANCO

87, presso lo studio dell'avvocato M L, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato S P;

- ricorrente -

contro

COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

POLIBIO

15, presso lo studio dell'avvocato G L, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati A M, E B, A T e DTELLA SILVIA;
controricorrente - avverso la sentenza n. 7340/2021 del CONSIGLIO DI 'STATO, depositata il 03/11/2021. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2022 dal Consigliere C G.

RITENUTO CHE:

Verga S.r.l., società esercitante attività commerciale di vendita di articoli di gioielleria e orologeria in locali all'interno della Galleria Vittorio Emanuele II in Milano, impugnava la comunicazione del Comune di Milano del 24 settembre 2020 nella parte in cui aveva determinato un canone di euro 3303,56 per metro quadro in relazione alla concessione in uso dell'unità immobiliare di proprietà comunale che conduceva in locazione, nonché atti concernenti l'approvazione delle linee di indirizzo per le concessioni d'uso in scadenza delle unità immobiliari situate nella Galleria Vittorio Emanuele II e in altri luoghi di pregio. Con sentenza n. 1384/2021 il Tar della Lombardia accoglieva parzialmente il ricorso, annullando le determinazioni dirigenziali del 4 agosto e del 24 settembre 2020 e le deliberazioni della Giunta Comunale nn. 1246 del 26 luglio 2019 e 815 del 17 luglio 2020 nella parte individuante il canone per il rinnovo delle concessioni delle botteghe storiche della categoria funzionale del commercio nella media delle offerte dell'ultimo biennio per la medesima categoria merceologica funzionale. Il Comune di Milano proponeva appello principale, e Verga S.r.l. appello incidentale. Il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con sentenza del 3 novembre 2021 n. 7340 accoglieva l'appello principale rigettando quello incidentale e per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, respingeva integralmente il ricorso proposto in primo grado. Verga S.r.l. ha presentato ricorso, articolato in due motivi, da cui si è difeso con controricorso il Comune di Milano. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO CHE:

1. Il primo motivo denuncia difetto assoluto di giurisdizione, eccesso di potere giurisdizionale per rifiuto da arretramento su una domanda rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi degli articoli 111, ottavo comma, Cost., 360, primo comma, n.1, 362 c.p.c. e 110 d.lgs. 104/2010, nonché violazione degli articoli 103 e 113 Cost., 7, 29, 34 133, primo comma, lettera b), d.lgs. 104/2010 e 21 octies I. 241/1990. La sentenza impugnata sarebbe incorsa in eccesso di potere giurisdizionale laddove ha accolto il terzo motivo dell'appello principale, ritenendo che il Tar avesse effettuato uno sconfinamento nel merito. E ciò sarebbe manifestato in particolare con la seguente frase: "Tale modus operandi rientra tra le legittime scelte politico- discrezionali dell'amministrazione e non può essere sindacato dal giudice, in mancanza di violazione di legge o di erroneità e illogicità che non sussistono nel caso di specie e che lo stesso giudice di prime cure ha escluso". Il Tar, invece, avrebbe correttamente esercitato il suo potere di sindacato sulla discrezionalità amministrativa, senza interferire sul piano del merito amministrativo. Al riguardo viene trascritto un ampio stralcio della sentenza di primo grado (nelle pagine 8-11 del ricorso), che si conclude con l'asserto: "Sussistono pertanto i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione prospettati dalla società ricorrente, per cui il terzo motivo di ricorso deve essere accolto". Osserva la ricorrente che pertanto il Tar ha ritenuto che il canone fissato dal Comune per il rinnovo della concessione "fosse sindacabile, in quanto espressione di discrezionalità amministrativa, sotto il profilo del vizio di eccesso di potere in termini di difetto di istruttoria e di motivazione", accogliendo appunto il terzo motivo del ricorso introduttivo, correttamente esercitando la propria giurisdizione ai sensi degli articoli 103 e 113 Cost., 7, 29, 34 133, primo comma, lettera b), d.lgs. 104/2010 e 21 octies I. 241/1990. Sul punto il Comune aveva proposto appello qualificando "contestabili" le considerazioni del Tar "nella parte in cui, nel ravvisare erroneamente un difetto di motivazione in ordine all'effettività della tutela delle attività storiche in questione, elenca tutta una serie di «suggerimenti» rivolti all'Amministrazione Comunale" e dunque inserendosi in quelle che sono "le legittime scelte politico-discrezionali del Comune" sulla portata e i limiti della tutela preferenziale degli interessi storici, culturali ed identitari. In sostanza, il Comune aveva denunciato che indicazioni e suggerimenti quali quelli contenuti nella motivazione dell'impugnata sentenza del Tar costituivano un suo "censurabile sconfinamento ... nel merito e nelle valutazioni di opportunità alla base delle scelte dell'Amministrazione Comunale". Per sostenere la fondatezza del motivo la ricorrente trascrive un ulteriore ampio stralcio della sentenza impugnata (ricorso, pagine 13-16), così da dedurne che il Consiglio di Stato avrebbe rifiutato di pronunciarsi sul motivo accolto dal Tar (il terzo motivo del ricorso presentato al primo giudice amministrativo) "sotto il profilo dell'eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti impugnati in primo grado": rifiuto che integrerebbe eccesso di potere giurisdizionale avendo il Consiglio di Stato erroneamente ritenuto che il giudice amministrativo non possa sindacare profili attinenti alla discrezionalità amministrativa, discrezionalità che invece sarebbe da esso pienamente conoscibile. L'eccesso di potere giurisdizionale dovrebbe essere riferito, fra l'altro, alle ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, cioè quando un giudice speciale affermi la propria giurisdizione in un ambito riservato legislatore o alla discrezionalità amministrativa ovvero, contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che non possa essere oggetto di cognizione giurisdizionale. Nel caso in esame, il Tar non avrebbe sconfinato nel merito, bensì si sarebbe "pronunciato nei limiti del riscontro di legittimità dei provvedimenti impugnati ... lasciando ampio spazio di ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione;
come queste Sezioni Unite più volte hanno affermato (da ultimo S.U. 4 febbraio 2021 n. 2605) l'eccesso di potere giurisdizionale si verificherebbe quando il giudice intenda sostituire la propria volontà a quella dell'amministrazione, mediante una pronuncia che, in quanto espressiva di un sindacato di merito e avente il contenuto sostanziale ed esecutorietà propri del provvedimento sostituito, non lasci spazio ad ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa. Pertanto avrebbe errato il Consiglio di Stato ritenendo di non potersi pronunciare sulle censure accolte dal Tar quanto al vizio di difetto di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti impugnati, così integrando un vizio di eccesso di potere giurisdizionale nel senso di rifiuto da arretramento.
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