Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 02/07/2020, n. 13493
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a seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 14726/2012 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato. - ricorrente -contro CURATELA FALLIMENTARE DELLA INTAS SRL - intimata - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione n. 40, n. 47/40/11, pronunciata il 17/02/2011, depositata il 26/04/2011. Al quale è stato riunito il ricorso iscritto al n. 24718/2012 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato. - ricorrente -contro CURATELA FALLIMENTARE DELLA INTAS SRL - intimata - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione n. 50, n. 110/50/11, pronunciata il 27/05/2011, depositata il 2/09/2011. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 novembre 2019 dal Consigliere R G. Rilevato che: (ricorso RG n. 14726/2012) l'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della Curatela del fallimento di Intas Srl, rimasta intimata, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, con la sentenza n. 47/40/11 - in controversia riguardante l'impugnazione dell'atto d'irrogazione delle sanzioni, relative al 2003, connesse ad un avviso di accertamento (vedi infra) che: (a) recuperava a tassazione IRPEG, un maggiore reddito imponibile (euro 613.434,00);(b) recuperava a tassazione IRAP un maggiore valore della produzione lorda (euro 6.159.406,00);(c) assoggettava all'IVA (al 20%) acquisti per euro 574.228,00;(d) individuava ritenute eseguite e non versate, per compensi da lavoro dipendente, per un ammontare di euro 232.465,29 - ha confermato la sentenza della CTP di Brescia (n. 15/02/2008), favorevole alla contribuente;la commissione regionale ha così motivato: «rilevato che l'atto di irrogazione sanzioni trova la propria ragione giustificatrice nell'accertamento del mancato versamento delle ritenute e che pertanto deve contenere le indicazioni dell'imponibile, delle aliquote applicate e delle ritenute calcolate, ritiene [la CTR] la sentenza di primo grado non meritevole di censura alcuna sul punto. Per quanto rileva le altre doglianze dell'appellante, per altro riassorbite da quanto deciso sul precedente punto, si osserva che le sanzioni sono conseguenti a violazioni annullate anche dalla CTP di Brescia con sentenza n. 206/2/2007.» (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata);(ricorso RG n. 24718/2012) l'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della Curatela del fallimento di Intas Sri, rimasta intimata, r.g. nn. 14726/2012, 24718/2012 Cons. est. R G avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che, con la sentenza n. 110/50/11, nella controversia riguardante l'impugnazione del predetto avviso di accertamento, per l'annualità 2003, ha accolto parzialmente l'appello dell'ufficio, ha rigettato l'appello incidentale della società e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato legittime le riprese fiscali per «gasolio scheda carburante» e per «gasolio colonnina» e ha confermato nel resto la sentenza di primo grado, mandando all'ufficio per il ricalcolo delle imposte e delle conseguenti sanzioni;il giudice d'appello, per quanto ancora rileva, con riferimento all'omesso versamento delle ritenute di euro 232.465,00 sulle somme corrisposte per: (a) rimborsi spese non documentate (euro 405.901,00);(b) spese di vitto e alloggio (euro 455.097,67), ha ritenuto infondato il motivo d'appello dell'ufficio avverso la parziale pronuncia (da parte del primo giudice) di nullità dell'accertamento per violazione dell'art. 42, del d.P.R. n. 600/1973, in base a questa considerazione: «Infatti, con riferimento all'importo di euro 405.901,00, a parte la mancanza della espressa indicazione dell'importo delle ritenute non operate e non versate ad esso relative (che deve ritenersi nella misura di euro 110.317,18 per effetto della operazione di sottrazione, dall'importo complessivo di euro 232.465,39 relativo alle ritenute con operate e non versate, dell'importo di euro 122.148,21, relativo alle spese di vitto e alloggio per euro 455.097,67), come correttamente rilevano i primi giudici non è indicato come queste ritenute siano state calcolate, il rinvio all'allegato 34 al p.v.c. non essendo sufficiente per la quantificazione inequivoca dell'importo a fronte del preciso dettato del succitato art. 42.» (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata);con riferimento all'annullamento del disconoscimento, ai fini dell'IRPEG e dell'IRAP, di «spese per vitto e alloggi dipendenti», per euro 222.384,50, poggiante sull'assenza di documentazione idonea (la nota integrativa del dipendente) al fine di valutare l'inerenza della spesa alla concreta attività dell'impresa, il giudice d'appello ha respinto il motivo di gravame dell'ufficio evidenziando che non si trattava di rimborsi spese ai dipendenti, bensì di fatture ricevute direttamente dalla società e pagate ai propri fornitori, per r.g. un. 14726/2012, 24718/2012 Cons. est. R G l'acquisto di tickets restaurant, per la somministrazione di pasti a prezzo fisso, per l'acquisto di acqua minerale, per pernottamenti presso pensioni e alberghi, la cui esistenza, competenza, e inerenza non erano in contestazione (come desumibile dal contenuto del processo verbale di constatazione redatto dai verificatori), laddove l'esistenza della nota riepilogativa non era necessaria, ai fini della deducibilità del costo, trattandosi di un mero riepilogo di costi già documentati;inoltre, sempre in punto di «ritenute di imposta a titolo di acconto», già esaminate con riferimento alla dedotta violazione dell'art. 42, cit., la commissione regionale ha premesso che, secondo la difesa erariale, la decisione di primo grado era errata, in mancanza della prova dell'applicazione, per il rimborso delle spese, del «sistema misto», ed ostandovi la dichiarazione del legale rappresentante di Intas di avere adottato il «sistema forfetario», rispetto al quale - quanto alle spese di viaggio e trasporto - l'assenza di nota integrativa e, quanto alle spese di vitto e alloggio, la stessa normativa, impediscono di considerarle rimborsi, con la conseguente loro qualificazione come reddito del dipendente, dal che discende, a carico della società, l'obbligo di ritenuta e di versamento;il giudice d'appello ha reputato erronea detta dichiarazione del legale rappresentante della società e ha affermato che, in base alle emergente contabili, risultava l'adozione del «sistema misto»;infatti, secondo la CTR: «la società corrispondeva l'indennità giornaliera di trasferta nella misura ridotta di euro 15,49, quindi con riduzione di 2/3 rispetto al tetto massimo di euro 46,48, oltre al rimborso delle spese di viaggio a titolo di indennità chilometrica e di spese di vitto e alloggio (che, se documentate dal dipendente, non costituiscono reddito);e la società precisava che anche l'importo di euro 222.384,50 era relativo a costi sostenuti dalla stessa, come attestato dalle relative fatture, mentre il residuo importo concerneva spese di vitto e alloggio, attestato dai dipendenti. Correttamente quindi i primi 'giudici, rilevato che l'importo di euro 222.384,50 concerneva costi fatturati direttamente dalla società e da questa pagati direttamente ai fornitori, hanno escluso l'obbligo della ritenuta in quanto detto importo non poteva essere considerato reddito del dipendente. Quanto poi all'importo di r.g. nn. 14726/2012, 24718/2012 Cons. est. R G euro 232.713,17 (corrispondente a quella parte dell'importo di euro 455.097,67 relativa a spese di vitto e alloggio attestate da ciascun dipendente con apposita nota riepilogativa, v. foglio 15 del p.v.c.), il fatto che si trattasse di costo attestato dai dipendenti, come riscontrato dai verificatori, esclude che questo costituisse reddito per il dipendente e richiedesse quindi il versamento della ritenuta da parte della società.» (cfr. pagg. 8, 9 della sentenza impugnata);la commissione tributaria, inoltre, ha negato la sussistenza di un riscontro probatorio sul criterio di calcolo delle ritenute eseguito dall'ufficio (che aveva diviso i dipendenti in trasferta in due gruppi, uno con aliquota marginale sul reddito del 23%, pari al 36% dei dipendenti, e l'altro con aliquota marginale del 29°/0, pari al 64% dei dipendenti), giudicandolo contraddittorio e privo di coerenza logica, in quanto poggiante sulla presunzione che tutti i dipendenti fossero andati in trasferta e anche sulla presunzione che la ripartizione dei costi per le trasferte fosse uguale in percentuale alla suddivisione dei dipendenti per la stessa uguale classe di aliquota marginale, mentre il calcolo doveva essere effettuato per ogni singolo dipendente che fosse andato in trasferta;
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