Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/02/2019, n. 03516

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/02/2019, n. 03516
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03516
Data del deposito : 6 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 551-2018 proposto da: ARGIRO' JESSICA, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE

34, presso lo studio dell'avvocato L C, rappresentata e difesa dall'avvocato O P;

- ricorrente -

contro

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI LOCRI, PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA, PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, ORDINE DEGLI AVVOCATI DI LOCRI;

- intimati -

avverso la sentenza n. 174/2017 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata 1'11/11/2017. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/11/2018 dal Presidente D C;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale L S, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato O P.

Fatti di causa

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con sentenza n. 174/2017, rigettava il ricorso proposto da J A contro il provvedimento di cancellazione dall' albo degli avvocati, sezione avvocati stabil.ti, reso dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati (COA) di Locri, in conseguenza della ritenuta inidoneità al rilascio del titolo di avvocato da parte della U.N.B.R., struttura Bota, di Romania, ritenuto ente non abilitato. Il CNF riteneva corretta la decisione del COA sul rilievo che, secondo il sistema di cooperazione tra autorità degli Stati membri dell'Unione europea denominato IMI (Internai Market Information Sistem) l'unico organismo rumeno abilitato a rilasciare titoli riconoscibili in ambito europeo era la UNBR tradizionale. Proponeva ricorso per cassazione J A affidato a sei:te motivi;
nessuno si costituiva per le parti intimate. Ric. 2018 n. 00551 sez. SU - ud. 20-11-2018 -2- Ragioni della decisione 1. Preliminarmente deve essere rilevata la tempestività del ricorso in quanto la sentenza del CNF risulta notificata il 23 novembre 2017 e il termine di 30 giorni - ex art. 32 I.n. 247/2012 - cadeva il 23 dicembre che era sabato e, quindi, ai sensi dell'art. 155, comma 5, c.p.c., lo stesso deve ritenersi prorogato al primo giorno non festivo che è il 27 dicembre, data della notifica del ricorso.

2. Ai fini della valutazione dei motivi del ricorso va premesso che la ricorrente ha impugnato la delibera del COA e con successiva memoria in data 19.1.2017 deduceva censure con cui si doleva: a) di essere stata iscritta all'albo ordinario;
b) violazione e falsa applicazione del Regolamento UE n. 1014/2012;
c) mancato avvio del procedimento disciplinare e violazione del contraddittorio;
d) validità del titolo rilasciato dalla struttura Bota. Tali censure sono state ritenute inammissibili dalla sentenza impugnata perché concernenti "fatti nuovi" (pagg.

6-7 sentenza). Il ricorso non censura tale statuizione e la ratio che la regge, con la conseguenza che le doglianze poste alla base di alcuni dei motivi del ricorso, fondate su censure dichiarate inammissibili, sono a loro volta inammissibili, essendo stata l'argomentazione sul merito svolta ad abundantiam e, quindi, del tutto irrilevante (cfr Cass. S.U. n. 24469/2013) 2.1 Le Sezioni Unite si sono già pronunciato su tutte le questioni riproposte con il presente ricorso con ben 29 pronunce (da S.U. n. 6463/2016 a S.U. n. 21114/2017) e di queste ben sei hanno deciso ricorsi proposti dall'attuale difensore della ricorrente che ha dedotto - come si evince dalle citate pronunce- le stesse questioni riproposte nel presente ricorso, senza introdurre reali profili di novità.

3. Con il primo motivo viene formulata richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, per contrasto della normativa nazionale (D.Igs 96/2001) con l'art. 3 della Direttiva 2005/36/CE, Ric. 2018 n. 00551 sez. SU - ud. 20-11-2018 -3- come modificata dall'art. 56 della direttiva 2013/55/UE, rilevando anche che l' applicazione della direttiva IMI violerebbe il principio di non discriminazione previsto dal trattato sull'Unione Europea (art. 18 e segg.), lamentando anche la violazione dell'art. 102 TFUE che impedirebbe di fatto l'accesso sul mercato italiano dell'ordine BOTA, chiedendo la sospensione del provvedimento impugnato.

3.1 Va, al riguardo, osservato che, in disparte il rilievo che la richiesta di rinvio pregiudiziale non è ancorata ad un preciso motivo di ricorso e, pertanto, non è possibile ritenerla rilevante, la questione di compatibilità comunitaria è incentrata sul diverso caso di diniego di riconoscimento di titoli e non di cancellazione dall'albo;
questione in parte diversa da quella che viene in rilievo nella presente causa, con conseguente inammissibilità per irrilevanza della questione stessa. Inoltre il motivo presuppone che la sentenza impugnata sia fondata sulla iscrizione all'IMI, fatto che la sentenza impugnata indica come proposto esclusivamente con la memoria del 19.1.2017, dichiarata inammissibile per novità, con statuizione non censurata e conseguente inammissibilità del motivo di ricorso. In ogni caso, con riferimento alla richiesta della ricorrente di rimettere alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in via pregiudiziale, la questione dell'applicabilità del D.lgs 96 del 2001 o della direttiva 2005/36/CE con l'obbligo di iscrizione alla piattaforma IMI,nonchè sulla interpretazione della direttiva 98/2005, come già rilevato da questa Corte per analoghi profili di censura (Cass. S.U. 24.4.2017 n. 10228 e 10229), "non viene in rilievo una questione di interpretazione della normativa comunitaria concernente il predetto sistema di collaborazione tra Stati membri, ma unicamente la rilevanza che, sul piano probatorio, assumono le informazioni che dall'indicato organismo provengono: quindi, non interpretazione della normativa comunitaria, alla quale la ricorrente pretende di riconoscere un'efficacia diversa da quella ad essa attribuita dal CNIF, Ric. 2018 n. 00551 sez. SU - ud. 20-11-2018 -4- ma unicamente apprezzamento delle prove, anche documentali, concernenti la provenienza del titolo abilitante all'esercizio della professione da un organismo effettivamente abilitato, nel proprio ordinamento, a rilasciare quel titolo (in tal senso, Cass., Sez. U., n. 22398 del 2016). Questa Corte ha già rilevato che "Il titolo dell'avvocato che abbia conseguito l'abilitazione professionale in Romania può essere riconosciuto in Italia, ai fini dell'iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati stabiliti, solo se rilasciato dalla U.N.B.R. (Uniunea Nationala a Barourilor din Romania), Ordine tradizionale Bucarest, organismo indicato da tale Stato quale autorità competente ad operare in questa materia attraverso il meccanismo di cooperazione tra i Paesi mem Dri dell'Unione europea, sicché va disattesa, per carenza del requisito del "fumus boni iuris", l'istanza di sospensione della esecutività del provvedimento di cancellazione da quell'elenco per essere avvenuta la corrispondente iscrizione sulla base di un titolo reso da un organismo diverso (la U.N.B.R., struttura BOTA) (Cass. S.U. Ordinanza n. 15043 del 21/07/2016;
Cass. n. 6463, n. 6468 del 2016). L' Ordine professionale non ha, peraltro, nella sostanza, sindacato la validità del titolo abilitativo, bensì la sua idoneità ad essere riconosciuto nello Stato secondo le vincolanti procedure stabilite dal sistema IMI: dunque la questio juris che si vorrebbe sottoporre al preventivo vaglio della Corte di Giustizia è posta in modo non correl:to perché il ricorso al sistema IMI è obbligatorio e dunque la stessa norma che ne riconosce la vincolatività per lo Stato che accede a tale sistema informativo fornisce la prova della obiettiva carenza di un potere di sindacato da parte delle autorità nazionali (cfr Cass. S.U. 19403/2017). La problematica, quindi, è " a monte" e riguarda i criteri di selezione utilizzati dall"IMI prima di attestare la idoneità di un organismo nazionale a rilasciare titoli amministrativi: tale profilo però sfugge Ric. 2018 n. 00551 sez. SU - ud. 20-11-2018 -5- all'intervento interpretativo della Corte di Giustizia. Risultano allora inconferenti sia la circostanza secondo la quale più volte i giudici rumeni avrebbero riconosciuto la validità dei titoli fatti valere dai i c.d. advocat BOTA (professionisti che hanno conseguito la abilitazione presso la struttura UNBR-BOTA), sia il fatto che il Ministero della Giustizia rumeno avrebbe "sconfessato" il proprio funzionario in quanto il giudizio del COA non si era basato su tale "certificazione". In realtà con tali deduzioni la ricorrente cerca di ricondurre la causa di cancellazione dall'Albo degli avvocati stabiliti all'esercizio del potere riconosciuto agli Stati, di sanzionare, in casi eccezionali (in presenza cioè di specifici indici di anomalia), eventuali comportamenti abusivi (vedi Corte di giustizia, sent. 17 luglio 2014, cause riunite C-58/13 e C-59/13, Torresi, sugli abogados spagnoli;
Corte di giustizia, sent. 29 gennaio 2009, causa C-311/06, Cavai/era;
Cass., S.U. n 4252 del 2016) ma, va rilevato, non a seguito di tale potere è stata disposta la cancellazione dall'Albo. Né è corretto sostenere che, ragionando altrimenti, si attribuirebbe all'IMI una funzione certificatoria che non le è propria: invero l'IMI è stato correttamente utilizzato come mero veicolo di un potere' certificatorio esplicato all'interno dello Stato in cui l'Advocat ha conseguito l'abilitazione e, dunque, la incongruenza che la ricorrente addebita allo Stato "ricevente" dovrebbe essere indagata con riferimento alle strutture dello Stato certificante.
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