Cass. civ., sez. V trib., sentenza 18/12/2019, n. 33581

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 18/12/2019, n. 33581
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 33581
Data del deposito : 18 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 14266/2014 R.G. proposto da Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

- ricorrente -

contro

Westim Spa - intimata -

contro

Equitalia Sud Spa - intimata - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 245/49/13, depositata il 5 dicembre 2013. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24 giugno 2019 dal Consigliere G F oc T. Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale U D A, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Udito l'Avv. dello Stato B D per l'Agenzia delle entrate che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

FATTI DI CAUSA

Westim Spa impugnava la cartella di pagamento notificata da Equitalia Gerit Spa, con la quale, previa iscrizione a ruolo reso esecutivo in data 27 maggio 2010, veniva richiesta la complessiva somma di C 193.943,33 in relazione a quattro avvisi di rettifica di dichiarazione doganale notificati in data 10 marzo 2010 e contro i quali era stata proposto ricorso. La contribuente deduceva la nullità della notifica, l'illegittimità della cartella e l'eccessività dell'importo iscritto, non rispettoso dei limiti ex artt. 15 d.P.R. n. 602 del 1973 e 68 d.P.R. n. 546 del 1992. L'impugnazione era accolta dalla CTP di Napoli in relazione alla dedotta nullità della notifica. Il giudice d'appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, riteneva la legittimità della cartella ma riteneva solo parzialmente esigibili, ex art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992, le somme iscritte in relazione agli esiti del giudizio di primo grado avverso due degli avvisi di rettifica. L'Agenzia delle dogane ricorre per cassazione con un motivo. Equitalia Sud Spa e Westim Spa, quest'ultima anche a seguito della rinnovazione della notifica regolarmente eseguita, sono rimaste intimate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L'unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa interpretazione dell'art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992, in contrasto con gli artt. 244 CDC e 17, paragrafi 2 e 3, Reg. n. 1150/2000/CE.

2. Il motivo è solo in parte fondato.

2.1. Occorre, invero, precisare l'ambito delle questioni in giudizio. La CTR, sul presupposto dell'applicabilità in via generale dell'art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992, ha rilevato che, rispetto ai quattro avvisi di rettifica posti a fondamento dell'unitaria cartella ed oggetto di autonoma impugnazione, solo in due era intervenuta una decisione di primo grado: in un caso (invito di pagamento n. 6402/10) di accoglimento del ricorso del contribuente, mentre nell'altro (invito di pagamento n. 6401/10) era di rigetto. Da tale assetto - dopo aver escluso, rispetto agli altri due avvisi, l'applicabilità dell'art. 68 cit. ed ogni riflesso in punto di esigibilità dalla mera pendenza del giudizio in assenza di decisione - ha concluso per ritenere (ferma la legittimità della cartella) inesigibile per l'intero le somme di cui all'invito di pagamento n. 6402/10 e per un terzo rispetto al n. 6401/10. L'Agenzia delle dogane, per contro, ha dedotto l'inapplicabilità alla materia doganale della disciplina del frazionamento della riscossione nelle fasi post decisum sia in relazione al dettato dell'art. 68, sia in relazione alla preminenza dei principi unionali.

3. Va, peraltro, distinta l'ipotesi di accoglimento (integrale) da quella di rigetto (in tutto o in parte) del ricorso del contribuente, che, pur accomunate dalla CTR, debbono, quanto agli effetti sulla esigibilità della pretesa fiscale, essere ricondotte a fondamenti normativi - ed esiti - differenti.

4. Con riguardo alla prima ipotesi, il dato normativo da cui appare opportuno prendere le mosse è l'art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992 che, nel testo ratione temporis vigente, prevede: «Art. 68 - Pagamento del tributo in pendenza del processo 1. Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d'imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato: a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;b) per l'ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;
c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale. Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.

2. Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d'ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza. 3. ...».

4.1. Il primo comma, invero, nel regolare le ipotesi in cui può essere operata la riscossione frazionata, si riferisce esclusivamente (anche a prescindere dall'ambito oggettivo di applicazione della disposizione) ai casi in cui il ricorso del contribuente sia stato, in tutto o in parte, rigettato. Il presupposto, dunque, è costituito dalla circostanza che la pretesa erariale, fondata sull'atto impositivo, nella sede giudiziale è stata giudicata (in tutto o in parte) legittima, da cui la possibilità di procedere alla riscossione frazionata entro determinati limiti. Ne deriva, corrispondentemente, che, nel caso di caducazione integrale dell'atto (per l'accoglimento del ricorso del contribuente), la vicenda è estranea all'ambito regolamentato dell'art. 68, comma 1, cit.

4.2. Ciò non significa, peraltro, che l'attività di riscossione resti imperturbata dall'avvenuto annullamento dell'atto impositivo che ne costituisce il fondamento. La fattispecie, infatti, trova la sua disciplina nel principio, ripetutamente affermato dalla Corte, secondo il quale «In tema di riscossione dei tributi, l'iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento divengono illegittime a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l'atto impositivo da esse presupposto, poiché tale pronuncia fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell'atto amministrativo che la legittima ed escludendo quindi che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria» (Cass. n. 19078 del 10/07/2008;
Cass. n. 13445 del 27/07/2012;
Cass. n. 24092 del 12/11/2014). Le stesse Sezioni Unite, sia pure con riferimento all'ipotesi, peculiare, dei ruoli straordinari (ma con affermazione, come risulta dalla motivazione, che è il portato di principi generali) ha ribadito che «L'iscrizione nei ruoli straordinari dell'intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall'avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dagli artt. 11 e 15 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell'atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicché, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l'ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l'obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l'iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell'eccedenza versata» (Sez. U, n. 758 del 13/01/2017). Si è infatti evidenziato che tale conclusione discende «dal riconoscimento della efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi» che si fonda, oltre che sul generale rinvio alle norme del codice di procedura civile (e, dunque, all'art. 282 c.p.c.), proprio sull'art. 68 che postula «che le sentenze tributarie di merito abbiano un effetto immediato». Il secondo comma dell'art. 68 cit., sebbene anch'esso non si occupi, in senso stretto, dell'ipotesi di accoglimento (integrale) del ricorso, alludendo la locuzione «il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale» all'evenienza di accoglimento parziale o, comunque, di rideterminazione del quantum della pretesa fiscale, presuppone un concetto più generale, ossia che la situazione patrimoniale del contribuente non deve essere pregiudicata «da un atto amministrativo che il giudice competente ha valutato illegittimo» (v. Cass. n. 19078 del 10/07/2008). Una simile conclusione, del resto, appare, sul piano sistematico, coerente e necessitata con le caratteristiche del processo tributario «annovera bile non tra quelli di «impugnazione-annullamento» bensì tra quelli di «impugnazione-merito», in quanto è diretto non alla mera eliminazione dell'atto impugnato, ma, estendendosi al rapporto d'imposta, alla pronunzia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione del contribuente sia dell'accertamento dell'amministrazione» (Sez. U, n. 758 del 2017).
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