Cass. civ., sez. II, sentenza 09/08/2022, n. 24486

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 09/08/2022, n. 24486
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24486
Data del deposito : 9 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso 14860-2017 proposto da: VERONA RINATI ANDREA, VERONA RINATI GIANLUCA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

FABIO MASSIMO

45, presso lo studio dell'avvocato C S, che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

GABETTI PROPERTY SOLUTIONS AGENCY SPA, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MAZZINI

27, presso lo studio dell'avvocato F M che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 8087/2017 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 21/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/05/2022 dal Consigliere Dott. M C;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dottoressa ROSA MARIA DELL'ERBA, che ha chiesto l'accoglimento del nono motivo di ricorso ed il rigetto dei restanti motivi;
Lette le memorie delle parti;
RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE V R M e M M proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma in favore di G Property Solutions Agengy S.p.A., per l'importo di C 17.000,00, dovuta a titolo di provvigione dagli opponenti per l'attività di mediazione relativa all'acquisto dell'immobile sito in Roma alla via Pier Vettori 16. Lamentavano gli opponenti che, solo a seguito dell'accettazione della loro proposta di acquisto, era emersa la condizione di inalienabilità dell'immobile oggetto della stessa proposta, essendo stato offerto in vendita prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, ai sensi della legge n. 410/2001, circostanza questa che aveva impedito anche la stipula del preliminare. Ne derivava che alcuna provvigione poteva essere pretesa dalla società opposta. Aggiungevano altresì che, non essendo stato concluso il preliminare, non era maturato il diritto alla provvigione. Inoltre, la mediatrice aveva violato la prescrizione di cui all'art.1759 c.c., oltre che in relazione alla condizione di inalienabilità dell'immobile, anche per avere taciuto l'esistenza di un'ipoteca gravante sul bene. Ric. 2019 n. 3760 sez. 52 - ud. 25-05-2022 -2- Nella resistenza della società, che insisteva per il rigetto dell'opposizione, all'esito dell'istruttoria, il Tribunale di Roma accoglieva l'opposizione, revocando il decreto ingiuntivo, condannando la G alla restituzione dell'assegno ricevuto a titolo di caparra. Avverso tale sentenza proponeva appello la società, cui resistevano V R M e V R A e V R G, il primo in proprio e tutti quali eredi di M M, deceduta nel corso del giudizio. La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza n. 8087 del 27 dicembre 2017, ha accolto il gravame ed, in riforma della sentenza appellata, ha rigettato l'opposizione, con la condanna degli appellati al rimborso delle spese del doppio grado. Dopo aver dato atto che nelle more l'assegno era stato restituito agli appellati, riteneva che fosse infondata la deduzione degli appellati stessi secondo cui, in mancanza della conclusione del preliminare, non fosse insorto il diritto al pagamento della provvigione, e ciò perché la maturazione del compenso del mediatore era legata alla sola comunicazione dell'accettazione della proposta degli opponenti, essendo solo temporalmente differita alla stipula del preliminare la materiale corresponsione della somma dovuta. Quanto al profilo dell'inadempimento del mediatore, per la condizione di inalienabilità temporanea del bene, la Corte d'Appello rilevava che una prima proposta dei futuri acquirenti era stata sostituita da una seconda proposta nella quale era stata inserita la previsione che la parte venditrice avrebbe documentato, prima della stipula del preliminare, il suo trasferimento di residenza ad oltre 50 Km. di distanza da Roma, dovendosi quindi ritenere che la mediatrice avesse Ric. 2019 n. 3760 sez. 52 - ud. 25-05-2022 -3- chiaramente informato gli opponenti della complessa normativa concernente l'alienabilità dell'immobile. Se in occasione della sottoscrizione della prima proposta l'agenzia non ebbe a porre il problema, ciò invece è stato effettuato immediatamente dopo, avendo anche assicurato la predisposizione di una nuova proposta con la previsione di maggiori garanzie per gli acquirenti. Doveva quindi escludersi la violazione degli obblighi informativi in capo alla società. Inoltre, la tesi dell'inalienabilità assoluta dell'immobile, alla quale si richiamavano gli opponenti, non aveva trovato il conforto di pronunce giurisprudenziali ed era contrastata dalla diversa interpretazione sostenuta dalla G che era supportata dal parere di esperti professionisti. Circa l'omessa informazione dell'esistenza di un'ipoteca, la sentenza rilevava che non era stata fornita alcuna prova della sua esistenza, essendo altresì da disattendere l'eccezione riproposta ex art. 346 c.p.c. in merito alla nullità del contratto per la mancata iscrizione all'albo dei mediatori della persona fisica direttamente coinvolta nell'operazione, e ciò in quanto l'eccezione era stata sollevata in maniera del tutto generica, e senza indicare quale sarebbe stata la persona che avrebbe effettivamente assistito le parti durate le trattative. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso V R A e V R G, anche quali eredi del padre V R M, sulla base di nove motivi. G Property Solutions Agency S.p.A. ha resistito con controricorso. Entrambe la parti hanno depositato memorie in prossimità dell'udienza.

RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Ric. 2019 n. 3760 sez. 52 - ud. 25-05-2022 -4- 1. Il primo motivo di ricorso denuncia ai sensi dell'art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 c.c. in relazione all'art. 1346 e 1755 c.c., e dell'art. 3 co. 14 della legge n. 410/2011. Si deduce che gli offerenti l'appartamento oggetto di causa erano divenuti titolari del bene a seguito di procedura di cartolarizzazione, risultando quindi applicabile il divieto di cui all'art. 3 co. 14 della legge n. 410/2011 di conversione del decreto legge n. 351/2001, che prevede la nullità degli atti di disposizione degli immobili acquistati per effetto dell'esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione prima che siano decorsi cinque anni dalla data di acquisto. Tale previsione era, appunto, riportata nell'atto dei venditori, così che, alla data della proposta degli opponenti, il quinquennio non era ancora decorso. Ne deriva che anche il contratto intermediato risulta affetto da nullità, il che esclude che possa essere preteso il pagamento della provvigione. Il secondo motivo denuncia ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza in quanto basata su motivazione apparente o comunque perplessa ed obiettivamente incomprensibile in violazione dell'art. 132 c.p.c., in quanto la Corte d'Appello ha aderito alla tesi della società, senza però chiarire le ragioni in base alle quali dovesse escludersi la conclusione dell'inalienabilità assoluta del bene prima del decorso di cinque anni dall'acquisto dei venditori. Il terzo motivo denuncia la violazione dell'art. 113 co. 1 c.p.c., in quanto, sempre in relazione alla questione di cui al secondo motivo, la Corte d'Appello si è limitata a recepire l'interpretazione della norma fornita da una delle parti, senza Ric. 2019 n. 3760 sez. 52 - ud. 25-05-2022 -5- premurarsi di individuare quale fosse la normativa effettivamente applicabile.

2. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono infondati. Ai fini che rilevano in questa sede, la ricorrente sostiene che nella fattispecie occorre stabilire quale sia la normativa in concreto applicabile per l'ipotesi di alienazione del bene oggetto della trattativa di acquisto, trattandosi di immobile pervenuto ai venditori a seguito di procedura di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali ai sensi della legge n. 335/1995, cui ha dato attuazione il d. Igs. n. 104/1996. In particolare, l'art. 6, ultimo comma, del d. Igs. 104/1996 prevedeva che <b) se il nucleo familiare si trasferisce in altro Comune distante più di 50 chilometri da quello di ubicazione del bene. Come evidenziato in dottrina, la giustificazione della norma è quella di impedire condotte speculative per un bene acquisito a prezzo tendenzialmente di favore. Ancorché il d. Igs. 104/1996 non prevedesse espressamente la sanzione della nullità nell'ipotesi di rivendita infradecennale del bene, tuttavia tra i commentatori si è pervenuti alla Ric. 2019 n. 3760 sez. 52 - ud. 25-05-2022 -6- conclusione che la conseguenza della violazione sia quella della nullità dell'atto eventualmente posto in essere in dispregio del divieto. Una norma sostanzialmente identica a quella appena esaminata venne inizialmente proposta anche nel decreto legge 351/2001 che, all'art. 3, comma 14, disponeva: «sono nulli gli atti di disposizione degli immobili acquistati per effetto dell'esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione prima che siano trascorsi dieci anni dalla data dell'acquisto, salvo che si verifichino incrementi del nucleo familiare di almeno due unità, ovvero si verifichi il trasferimento dell'acquirente in un Comune distante di più di 50 chilometri da quello di ubicazione dell'immobile». In sede di conversione in legge del decreto legge, la norma in questione è stata tuttavia modificata, in quanto il termine di dieci anni è stato ridotto a cinque anni e sono state eliminate le due eccezioni al divieto (trasferimento della residenza e aumento del nucleo familiare). L'attuale art. 3, comma 14, quale scaturente dalla legge di conversione n. 410 del 2001, dunque recita: «sono nulli gli atti di disposizione degli immobili ad uso residenziale non di pregio ... acquistati per effetto dell'esercizio del diritto di opzione e del diritto di prelazione prima che siano trascorsi cinque anni dalla data dell'acquisto», avendo però il legislatore espressamente individuate nella nullità la sanzione scaturente dalla violazione del precetto relativo alla vendita infraquinquennale. La successione delle norme, con le modifiche apportate sia un punto di individuazione del limite cronologico per il divieto di alienazione che in merito alla possibilità di (limitata) deroga al divieto, ha posto però gli interpreti dinanzi all'interrogativo in Ric. 2019 n. 3760 sez. 52 - ud. 25-05-2022 -7- merito alla corretta individuazione delle fattispecie in relazione alle quali sia destinate ad operare la novella ed a quelle per le quali trovi ancora applicazione la disciplina di cui al d.lgs. n. 104/1996. La dottrina occupatasi dell'argomento ha, infatti, ritenuto di dover dare risposta al quesito facendo richiamo al criterio del "fatto compiuto", secondo cui la legge nuova non estende la sua efficacia ai fatti definitivamente perfezionati sotto il vigore della legge precedente, ancorché dei fatti stessi siano ancora pendenti gli effetti. Onde poi stabilire quale situazione possa qualificarsi "fatto compiuto", è stato affermato che sono assoggettati alla disciplina previgente gli atti di cessione del bene posti in essere prima dell'entrata in vigore delle nuove norme, per l'evidente ragione che il divieto di successiva cessione del bene resta strettamente collegato all'atto di acquisto del bene, così che gli atti di cessione posti in essere entro il 31 ottobre 2001 restano sottoposti alla norma di divieto stabilita dal decreto legislativo n. 104 del 1996. La dottrina ha, però, evidenziato come la stessa legge n. 410/2011 abbia offerto un criterio ulteriore per individuare delle situazioni destinate a restare sottoposte alla disciplina previgente, in quanto l'art. 3, comma 20, del decreto legge n. 351/2001 prevedeva che <Cass. n. 11664/2007). Una volta quindi esclusa la nullità in sé della conclusione di un preliminare avente ad oggetto un immobile oggetto di acquisto ai sensi della cd. cartolarizzazione, essendo la nullità espressamente riferibile al solo compimento di atti aventi efficacia traslativa, la tesi dei ricorrenti posta a fondamento del primo motivo, secondo cui non potrebbe reputarsi intervenuta la conclusione di un affare ai sensi del primo comma dell'art.1755 c.c., risulta contraddetta dalla costante giurisprudenza di questa Corte a mente della quale, in relazione alla analoga problematica della conclusione tramite l'attività di mediazione di contratti preliminari aventi ad oggetto immobili abusivi, e quindi incommerciabili, ai sensi delle norme urbanistiche succedutesi nel tempo, poiché la sanzione della nullità trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita, ove risulti intermediata la conclusione di quest'ultimo, spetta egualmente al mediatore il diritto alla provvigione, essendosi costituito tra le parti un valido vincolo giuridico (Cass. n. 28456/2013), e ciò perché tale contratto abilita ciascuna ad agire per l'esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso (Cass. n. 13260/2009;
Cass. n. 7519/2005).