Cass. pen., sez. VI, sentenza 06/06/2023, n. 24330

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 06/06/2023, n. 24330
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24330
Data del deposito : 6 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: C F, nato a Partanna il 30/6/1961 avverso la sentenza del 24/2/2022 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere E A G;
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale R G che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Sciacca ha dichiarato F C responsabile dei reati di cui all'articolo 367 e 646 cod. pen., commessi il 29 e 23 maggio 2018. 2. Con i motivi di ricorso di seguito sintetizzati ai sensi dell'articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. nei termini strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il difensore del ricorrente chiede l'annullamento della sentenza di condanna e propone due motivi di ricorso. Con il primo motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione agli articoli 192, comma 1 e 2 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione anche per travisamento della prova nella parte in cui la sentenza impugnata affermava che il tenore della denuncia presentata non era veritiero dal momento che l'imputato avrebbe personalmente effettuato il prelievo presso lo sportello atm. Rileva che, invece, la dichiarazione non era falsa poiché l'operazione incriminata risultava registrata alle 00:00 il giorno 28 maggio 2018. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge, anche con riferimento agli articoli 646 e 649 cod. pen. poiché non era stata tenuta nella giusta considerazione la circostanza che l'imputato e la persona offesa fossero conviventi da circa cinque anni. Di conseguenza, i giudici avrebbero dovuto ritenere applicabile la causa di non punibilità di cui all'articolo 649 del cod. pen., e, se del caso, ove l'avessero ritenuta inapplicabile anche al convivente, sollevare questione di legittimità costituzionale. Tra l'altro nella denuncia
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi