Cass. civ., sez. II, sentenza 04/03/2020, n. 6079

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L'amministrazione di sostegno si configura come cd. sostitutiva o mista, laddove presenta caratteristiche affini alla tutela, poiché l'amministrato, pur non essendo tecnicamente incapace di compiere atti giuridici, non è comunque in grado di determinarsi autonomamente in difetto di un intervento, appunto sostitutivo ovvero di ausilio attivo, dell'amministratore; viene, invece, definita amministrazione puramente di assistenza quando si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l'ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione. Ne discende che, nel caso dell'amministrazione di mera assistenza, il beneficiato è pienamente capace di disporre del suo patrimonio, anche per testamento e con disposizione in favore dell'amministratore di sostegno, a prescindere dalla circostanza che tra i due soggetti, amministratore e beneficiato, sussistano vincoli di parentela di qualsiasi genere, o di coniugio, ovvero una stabile condizione di convivenza.

L'amministrazione di sostegno prevista dall'art. 3 della l. n. 6 del 2004 ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del c.c. Rispetto ai predetti istituti, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all'apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell'impedimento, nonché tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 04/03/2020, n. 6079
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6079
Data del deposito : 4 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

06079-20 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE CIVILE Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: SUCCESSIONI Dott. GIUSEPPE TEDESCO Presidente - Dott. G D M - Consigliere - Ud. 17/09/2019 - Dott. E CE - Consigliere - PU Gar. 6079 R.G.N. 11570/2017 Dott. C B MIS - Consigliere - Dott. S O - Rel.Consigliere - Rep. ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 11570-2017 proposto da: S A, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AGRI n.3, presso lo studio dell'avvocato I M, che la rappresenta e difende ricorrente

contro

D M, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIMAVO n.3, presso lo studio dell'avvocato M L, rappresentato e difeso dall'avvocato F F

- controricorrente -

- nonchè contro 1913/19 COCCHIARA BENEDETTA, AGNELLO SALVATORE ed AGNELLO LUCA

- intimati -

avverso la sentenza n.288/2017 della CORTE D'APPELLO di P, depositata il 20/02/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2019 dal Consigliere Dott. S O;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. L C, il quale ha concluso per l'improcedibilità del ricorso o in subordine per il rigetto del primo motivo e per l'inammissibilità o il rigetto del secondo, terzo e quarto motivo. udito l'avv. I M per parte ricorrente, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso, e l'avv. ROBERTA RUSSO, in sostituzione dell'avv. F F, per parte controricorrente, la quale ha concluso per il rigetto del ricorso FATTI DI CAUSA Con atto di citazione notificato l'8.11.2005 Agnello Giovanna, Luca e Salvatore evocavano in giudizio innanzi il Tribunale di Palermo Damiata Marcello e Cocchiara Benedetta chiedendo che fosse dichiarata aperta la successione legittima di Agnello Giuseppe, previa la dichiarazione di nullità о l'annullamento del testamento olografo redatto dal de cuius in data 27.2.2003, con il quale il testatore, inabilitato, aveva istituito erede il proprio curatore Damiata Marcello attribuendogli l'intera quota disponibile dell'asse, devoluto alla propria convivente Cocchiara Benedetta una rendita vitalizia annuale pari alla metà dei frutti della predetta quota disponibile, e riservato ai figli la sola quota di legittima, al netto delle elargizioni già ricevute da questi ultimi in vita del Ric. 2017 n. 11570 sez. S2 ud. 17-09-2019 -2- testatore, nonché di quanto dai medesimi direttamente trattenuto senza titolo sull'eredità della madre del testatore. A sostegno della domanda, gli attori deducevano che il loro padre aveva redatto la scheda testamentaria in condizioni di incapacità naturale o comunque in quanto determinato da errore, violenza o dolo;
sostenevano inoltre che il curatore del soggetto inabilitato doveva essere ritenuto incapace di succedere al proprio assistito. Si costituivano i convenuti resistendo alla domanda. Con sentenza n.2737/2011 il Tribunale rigettava la domanda ritenendo non raggiunta la prova, tanto dell'incapacità naturale che del vizio della volontà. Considerava inoltre non pertinente il richiamo all'art.596 c.c. e quindi insussistente la dedotta incapacità del Damiata a succedere al defunto. Avverso detta decisione interponevano appello Agnello Luca e Giovanna. Si costituivano in seconde cure, con separate comparse, Damiata Marcello e Cocchiara Benedetta, resistendo al gravame e concludendo per la conferma della decisione di prime cure. Restava invece contumace A S. Con la sentenza oggi impugnata, n.288/2017, la Corte di Appello di Palermo rigettava il gravame condannando gli appellanti alle spese del grado. Riteneva la Corte territoriale che non fosse stata raggiunta la prova del vizio della volontà del testatore, e che la sua dedotta incapacità naturale fosse invece esclusa in radice dalla sentenza del 21.3.2012 con la quale il Tribunale di Palermo aveva revocato la precedente interdizione del defunto, dichiarandolo soltanto inabilitato, sul presupposto della sua capacità di autogestirsi, accertata all'atto della predetta pronuncia. Inoltre, la Corte palermitana valorizzava gli esiti della C.T.U. disposta in seconde cure, che Ric. 2017 n. 11570 sez. S2 - ud. 17-09-2019 -3- aveva confermato la capacità del testatore all'atto della redazione della scheda testamentaria oggetto di causa. Infine, riteneva manifestamente infondata l'eccezione di costituzionalità della norma di cui all'art.596 c.c., che prevede l'incapacità del tutore e protutore di succedere per testamento al proprio assistito, sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento rispetto alla figura del curatore dell'inabilitato, per il quale la legge non contempla analogo divieto: eccezione che era stata formulata dagli appellanti, in relazione all'art.3 Cost., anche alla luce del fatto che l'art.596 C.C. è espressamente richiamato dall'art.411 c.c. per l'amministratore di sostegno, il quale si occuperebbe di gestire situazioni di gravità inferiore a quelle oggetto dell'istituto dell'inabilitazione. Ricorre per la cassazione di detta decisione Sabella Annarosa, in qualità di procuratrice generale di Agnello Giovanna, affidandosi a quattro motivi, con il primo dei quali ripropone l'eccezione di incostituzionalità dell'art.596 c.c. nella parte in cui detta norma non prevede l'incapacità a succedere al proprio assistito anche in capo al curatore del soggetto inabilitato. Resiste con controricorso Damiata Marcello. Cocchiara Benedetta, A S e Agnello Luca, intimati, non hanno svolto attività difensiva in questo giudizio di legittimità. La parte controricorrente ha depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello non ha ritenuto manifestamente fondata la questione -riproposta anche in questa

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