Cass. pen., sez. VI, sentenza 21/10/2022, n. 40035

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 21/10/2022, n. 40035
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 40035
Data del deposito : 21 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: T V nato a Laureana di Borrello il 06/07/1968 avverso la sentenza del 02/12/2021 della Corte di appello di Reggio Calabria Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M S V;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P L, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione e la salvezza delle statuizioni civili. Udito il difensore, avvocato G P sostituto processuale dell'avv. Luigi Bulzomi', in difesa della parte civile T G, che si è riportato alla memoria depositata e ha chiesto il rigetto del ricorso. n 4 Udito l'avvocato R D C, in difesa di T V, che si è riportato ai motivi di ricorso. Udito l'avvocato A D in difesa di T V che si è riportato ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza emessa il 9 ottobre 2019 dal Tribunale di Palmi, che condannava V T alla pena di mesi dieci di reclusione in relazione al reato di abuso di ufficio. Si contesta all'imputato, nella qualità di dipendente del Comune di Laureana di Borrello, responsabile dell'area vigilanza, nonché responsabile del procedimento amministrativo avente ad oggetto il rilascio della autorizzazione petrolifera richiesta dalla Tamoil Italia S.p.A. e finalizzata alla modifica dell'impianto di distribuzione carburanti Tamoil, sito in Laureana di Borrello, nella quale era previsto il potenziamento dell'impianto esistente e la installazione dell'impianto self service: - di non essersi astenuto dal citato procedimento, pure in presenza di un interesse proprio e di un prossimo congiunto, essendo T socio accomandante della società T s.a.s. di T Guerino & C., nella quale il padre e il fratello erano soci accomandatari, avente ad oggetto, tra l'altro, la vendita e la distribuzione al pubblico di carburanti con un impianto proprio in Laureana di Borrello;
- di avere violato le norme contenute nei decreti legge n. 112/2008, 98/2011 e 1/2012 rifiutandosi di rilasciare, in data 30/08/2013, la richiesta autorizzazione, facendo riferimento al Piano comunale carburanti del 2004 che vietava la costruzione dì self service nel centro storico della città, in quanto opera di potenziamento, violando una puntuale normativa primaria (art. 28 del d.l. 98/2011) che imponeva a tutti i distributori esistenti sul territorio nazionale di dotarsi di erogatore self service, violando la circolare della Regione Calabria del 2004 che puntualizzava che l'installazione di self service non era più da considerarsi potenziamento, ma modifica, nonché la circolare della Regione Calabria del 2009 che sanciva espressamente che le disposizioni regionali degli enti locali, qualora contenenti vincoli e restrizioni all'accesso e all'esercizio per l'attività di distribuzione carburanti, dovevano essere disapplicate ove in contrasto con le disposizioni nazionali sopravvenute. Tenendo tali condotte, l'imputato procurava a se stesso e ai congiunti un ingiusto vantaggio patrimoniale costituito da maggiori introiti economici per la L\ i 2 società in accomandita semplice T Guerino & C., derivanti dalla circostanza che la predetta si ritrovava ad esercitare l'attività di distribuzione dei carburanti nel territorio di Laureana di Borrello a condizioni più favorevoli, potendo erogare carburante in via esclusiva, anche in orario di chiusura dell'impianto, essendo dotata di impianto self service, con correlativo danno ingiusto alla società Tamoil Italia S.p.A. e a T G. I fatti sono contestati almeno fino al 30 giugno 2014, allorchè T - sebbene il 24 febbraio 2014 si fosse apparentemente spogliato "per opportunità" della procedura, rimettendo gli atti al Sindaco senza dichiarazione di astensione e dei relativi motivi - si esprimeva ancora, a seguito di un sollecito del Sindaco, sulla ostatività al rilascio della autorizzazione alla luce del Piano Carburanti comunale.

2. Avverso la sentenza, ricorre per Cassazione T, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi:

2.1. Vizio di motivazione in ordine alla illegittimità degli atti posti in essere dall'imputato. Non corrisponde al vero che T si sia autodichiarato responsabile del procedimento, poiché nel corso del dibattimento è emerso che la richiesta della Tamoil era pervenuta all'ufficio tecnico del Comune, il cui responsabile disponeva la trasmissione per competenza al Comandante dei vigili urbani, e cioè a T. La sentenza impugnata è, altresì, affetta da vizio di motivazione nella parte in cui ritiene che l'impianto Tamoil insistesse non nel centro storico, bensì nella c.d. "zona bianca". Sono molteplici i testimoni, specialistici nel settore e direttamente a conoscenza della situazione dei luoghi, che hanno espressamente negato tale circostanza.

2.2. Violazione di legge vizio di motivazione in relazione al reato di abuso d'ufficio. Perché sussista il reato e, in particolare, il richiesto dolo intenzionale, è necessaria la rappresentazione e la volizione dell'evento di danno altrui o di vantaggio patrimoniale proprio o altrui come conseguenza diretta e immediata della condotta dell'agente. Ne consegue che, se l'evento tipico è una semplice conseguenza accessoria dell'operato dell'agente, diretto a perseguire, in via primaria, l'obiettivo di un interesse pubblico di preminente rilievo, non è configurabile il dolo intenzionale e, pertanto, il reato non sussiste. Il fatto stesso che l'imputato si preoccupasse di profili di incompatibilità riconducibili alla collocazione dell'impianto nel centro storico e alla erogazione del gasolio sulla sede stradale è indicativo della correttezza delle indicazioni impartite dal predetto.

2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata dichiarazione di prescrizione. La Corte d'appello ha erroneamente ritenuto che il tempo di commissione del reato vada fissato al 30 luglio 2014, data in cui T, quando si era già spogliato della pratica (il 24 febbraio 2014), su richiesta del Sindaco, inviava a questi una relazione sull'iter della pratica. In realtà, agli effetti della prescrizione, è la data del 30 agosto 2013 che occorre tenere in considerazione, allorchè l'imputato espresse il proprio diniego ad emettere il provvedimento di autorizzazione petrolifera in favore dalla Tamoil Italia S.p.A.

3. La parte civile ha depositato memoria - a mezzo PEC - nella quale insiste per l'inammissibilità del ricorso, evidenziando che il decorso del termine di prescrizione inizia, per i reati consumati, dal giorno in cui si è esaurita la condotta illecita e non certamente dal giorno in cui è stato compiuto un atto che fa parte della più vasta condotta criminosa diluita in un arco temporale più o meno lungo: nel caso di specie, il diniego espresso da l'imputato ad agosto 2013 aveva natura interlocutoria, posto che l'imputato, nel negare l'autorizzazione, esprimeva, a torto, i motivi posti a base della decisione e riceveva subito dopo da Tamoil una risposta sugli errori di valutazione, che non andava a integrare una fattispecie qualificabile come nuova domanda, bensì come richiesta di riesame della vicenda alla luce degli argomenti addotti da Tamoil. Il momento consumativo del reato di abuso d'ufficio, da cui decorre il termine prescrizionale, coincide, per sua natura di reato di evento, con la data di avvenuto conseguimento dell'ingiusto vantaggio patrimoniale o con la produzione ad altri del danno ingiusto danno. Nel caso in esame, l'ultimo temine cui collegare effetti prescrittivi è quello coincidente con la data del rilascio dell'autorizzazione da parte del personale subentrato all'imputato, ovvero il 7 giugno 2016. 4. L'avv. A D e l'avv. R D C, hanno depositato - a mezzo PEC - motivi aggiunti, nei quali ribadiscono:

4.1. la violazione di legge in relazione all'art. 323 cod. pen. L'articolo 23 del decreto legge 76/2020 ha determinato la abolitio criminis delle condotte realizzate mediante violazione di norme generali ed astratte dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità. T applicava correttamente al caso di specie il Piano carburanti comunale in vigore dal 2004. Il d.l. 98 del 2011, per parte sua, aveva rimesso alle Regioni la possibilità di definire gli "indirizzi". In sostanza, l'art. 28 del d.l. 98/2011 non ha introdotto un diritto soggettivo, ma una situazione corrispondente a quella di interesse legittimo. La sentenza impugnata ha ritenuto inapplicabile la cosiddetta lex specialis costituita dal piano carburanti poiché lo stesso rappresenterebbe uno strumento di natura necessariamente derivata in quanto adottato in attuazione di specifica normativa nazionale e regionale, con esplicita salvezza della norma statale. Occorre osservare tuttavia come la lex generalis non si applicava incondizionatamente ma conteneva limitazioni che non ne consentivano l'automatica applicazione. Ne è riprova il fatto che la Tamoil, per potere adeguare gli impianti, fu costretta a richiedere una autorizzazione, che costituisce il tipico atto introduttivo con il quale si attiva un procedimento che lascia alla P.A. suoi spazi discrezionali di operatività. In conclusione, le norme indicate nel capo di imputazione non impartiscono alcuna previsione in capo ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio ma si occupano esclusivamente di regolare la concorrenza in tema di distribuzione di carburanti. Dunque, la violazione di una norma contenente la previsione di un potere non vincolato e di conseguenza discrezionale non è idonea a integrare il reato di cui all'art. 323 cod. pen.

4.2.Quanto alla violazione dell'obbligo di astensione, la situazione di conflitto di interessi costituisce una classica quaestio facti, i cui elementi costitutivi avrebbero dovuto essere verificati in concreto. La situazione conflittuale, infatti, oltre che alla vincolabilità della disciplina, dipende dalla effettiva possibilità di incidere favorevolmente sulla situazione che si assume difesa dal pubblico ufficiale. Se l'atto è conforme al trattamento riservato a tutte le altre istanze di identico contenuto presentate dagli altri cittadini, non è idoneo a configurare l'illecito nonostante la violazione dell'obbligo di astensione. Di conseguenza non residuando alcun margine di discrezionalità circa l'applicabilità al caso concreto, nonché a casi simili, della normativa prevista dal Piano carburanti comunali del 2004, risulta evidente che l'imputato avrebbe in qualsiasi condizione applicato le previsioni in esso contenute, a prescindere dall'esistenza o meno di un conflitto di interessi. Lo stesso ricorrente non ha dunque adottato un trattamento differente da quello dovuto e, pertanto, non ha tenuto una condotta idonea a configurare l'illecito di quell'articolo 323 cod. pen.

4.3. Violazione di legge in relazione alla individuazione del momento in cui si sarebbe realizzato la violazione del dovere di astensione. Conseguente prescrizione del reato prima della sentenza di appello. L'imputato - in quanto socio accomandante della società T s.a.s, ritenuto portatore di interessi in conflitto - procedeva, seppur non immediatamente ad astenersi in data 24 febbraio 2014, allorché, all'esito di una serie di contestazioni da parte della Tamoil, si spogliava della pratica restituendola al Sindaco;
da detta data deve decorrere il termine prescrizionale. La sentenza impugnata, ritiene, invece, che non ci sia stata alcuna dichiarazione di astensione, posto che l'imputato il 30 giugno 2014, seguito del sollecito all'evasione della pratica da parte del Sindaco, emetteva un ulteriore atto. L'art. 323 cod. pen. si occupa esclusivamente di prevedere un obbligo di astensione, senza però disciplinare alcunché in merito alle modalità della astensione. Deve, quindi, ritenersi che l'astensione possa avvenire anche per fatti concludenti e che possa esplicarsi in forma libera. Pertanto, la trasmissione della pratica da parte di T al Sindaco, affinché questi la assegnasse ad altro settore, era idonea a integrare un'ipotesi di astensione, avendo l'odierno ricorrente espresso chiaramente la propria volontà per fatti concludenti;
anche in tale ipotesi la prescrizione sarebbe oggi maturata.

4.4. Vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento psicologico. La disposizione applicata, infatti, prevede che l'agente abbia agito intenzionalmente e con lo scopo di arrecare un danno o vantaggio. Secondo la casistica giurisprudenziale per poter configurare tale tipologia di elemento psicologico, occorre che si accerti che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio abbia agito con uno scopo diverso da quello consistente nel realizzare una finalità pubblica;
ciò che può essere desunto anche da elementi sintomatici come la macroscopica illegittimità dell'atto compiuto. La particolare complessità del quadro normativo per la contemporanea presenza e applicabilità di più fonti normative tra loro contrastanti che potevano giustificare l'atteggiamento di T, impedisce di ritenere i comportamenti del predetto come macroscopiche violazioni di legge e dunque come finalizzati a perseguire interessi egoistici.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato per le ragioni che saranno di seguito esposte;
assume, però, valore assorbente rispetto ad ogni altra considerazione, il rilievo della sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione intervenuta prima della sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, con conferma delle statuizioni civili.

2. Il primo e secondo motivo di ricorso e il primo e secondo motivo aggiunto possono essere trattati congiuntamente (paragrafi da 3 a 6), essendo tutti attinenti ai presupposti normativamente richiesti per configurare il reato di abuso di ufficio.

3. Va, preliminarmente, rilevato come nella vicenda oggetto del presente processo abbia effettivamente incidenza il fenomeno di abolitio criminis parziale in conseguenza delle modifiche all'art. 323 cod. pen. introdotte con l'art. 23 del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 (modifiche alle quali la difesa della ricorrente ha fatto genericamente cenno nella parte iniziale dell'atto di impugnazione): disposizione con la quale le parole "di norme di legge o di regolamento" contenute nel predetto articolo codicistico sono state sostituite con quelle "di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità". Le novità di tale novella legislativa sono fondamentalmente tre. F restando l'immutato riferimento all'elemento psicologico del dolo intenzionale e l'immodificato richiamo alla fattispecie dell'abuso di ufficio per violazione, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, dell'obbligo di astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti (ipotesi di reato che non è variata nei suoi elementi costitutivi), il delitto de quo è ora configurabile solamente nei casi in cui la violazione da parte dell'agente pubblico abbia avuto ad oggetto "specifiche regole di condotta" e non anche regole di carattere generale;
solo se tali specifiche regole sono dettate "da norme di legge o da atti aventi forza di legge", dunque non anche quelle fissate da meri regolamenti ovvero da altri atti normativi di fonte secondaria o terziaria;
e, in ogni caso, a condizione che quelle regole siano formulate in termini da non lasciare alcun margine di discrezionalità all'agente, restando perciò oggi escluse dalla applicabilità della norma incriminatrice quelle regole di condotta che rispondano, anche in misura marginale, all'esercizio di un potere discrezionale (in questo senso v. Sez. 6, n. 13136 del 17/02/2022, Puddu, Ud. (dep. 06/04/2022 ) Rv. 282945 - 01 Sez. F, n. 42640 del 17/08/2021, Rv. 282268 - 01;
Sez. 6, n.8057 del 28/01/2021, Asole, non massimata;
Sez. 5, n. 37517 del 02/10/2020, Danzè e altri, non massimata).
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