Cass. civ., sez. V trib., sentenza 06/07/2004, n. 12390
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C O F - Presidente -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. M S - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - rel. Consigliere -
Dott. C M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MERO dell'ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 presso l'Avvocatura Generale dello Stato che lo difende ope legis;
- ricorrente -
contro
la s.p.a. PETRINI, corrente in Bastia Umbra (PG), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, nel giudizio di appello, dal Dr. M B presso il cui studio in Perugia alla Via della Pallotta n. 13 elettivamente domiciliava in quel grado;
- intimata -
avverso la sentenza n. 200/05/99 depositata il 6 ottobre 1999 dalla Commissione Tributaria Regionale dell'Umbria. udita la relazione svolta nella Pubblica udienza del 22 ottobre 2003 dal Consigliere Dott. Michele D'ALONZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G V, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di fusione del 30 dicembre 1994 la s.p.a. PETRINI incorporava la s.p.a. PIC ITALIA di cui possedeva l'intero capitale sociale.
La stessa s.p.a. PETRINI, quindi, presentava all'Ufficio del Registro di Perugia, che manteneva il silenzio, istanza di rimborso della somma pagata sul detto atto di fusione, sottoposto ad imposta di registro nella misura dell'uno per cento, sostenendo che detto atto avrebbe dovuto essere sottoposto ad imposta fissa in base alla Direttiva n. 69/335/CEE. La Commissione Tributaria Regionale dell'Umbria, con sentenza n. 200/05/99 depositata il 6 ottobre 1999, rigettava l'appello proposto dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato contro la decisione n. 628/03/97 con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Perugia aveva accolto l'impugnazione proposta dalla contribuente avverso il silenzio rifiuto.
Con ricorso notificato alla s.p.a. PETRINI l'otto gennaio 2000 ai sensi dell'art. 140 c.p.c. (depositato il 24 gennaio 2000), il MERO DELLE FINANZE, rifuse le spese, in base ad un solo complesso motivo chiedeva di cassare detta sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'Umbria.
La società intimata non si costituiva in giudizio ne' svolgeva attività difensiva.
Il 15 ottobre 2003 il Ministero ricorrente depositava memorie ex art. 378 c.p.c. nelle quali difendeva, in particolare, l'ammissibilità
del proprio ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con la decisione gravata la Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l'appello proposto dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato ritenendo la sentenza di primo grado "corretta e motivata" in quanto "le direttive comunitarie, al pari dei regolamenti e delle decisioni comunitarie, trovano immediata applicazione nell'ordinamento nazionale italiano".
2. Con l'unico motivo di ricorso il Ministero -dopo avere esposto che a pagina quattro dell'afferente atto sottoposto ad imposta di registro le parti avevano dichiarato di "dare attuazione alla fusione mediante annullamento, senza sostituzione, di tutte le azioni costituenti l'intero capitale sociale della Incorporata P.I.C. Italia s.p.a. tuttora appartenenti esclusivamente all'incorporante PETRINI s.p.a." - lamenta, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., "violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 7 e 12 della Direttiva 69/335/CEE" adducendo che, come chiarito dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee con la sentenza del 27 ottobre 1998 (in causa C-152/97, Abbruzzi Gas s.p.a.) e da questa Corte (Cass. 3 settembre 1999 n. 9284 e 6 ottobre 1999 n. 11100), alla fattispecie "non si rendeva applicabile" la disposizione dettata dal detto art. 7 (nel testo introdotto con la direttiva n. 85/303/CEE) "per mancanza del requisito essenziale, e cioè che il conferimento fosse esclusivamente remunerato "mediante attribuzione di quote sociali"" atteso che, "essendo la incorporante già proprietaria del 100% del capitale della società incorporata", la fusione non aveva comportato nessun aumento di capitale "con conseguente esclusione di qualsiasi attribuzione di quote o azioni della società incorporante".
3. In via preliminare va verificata ex officio l'ammissibilità del ricorso per cassazione proposto dal Ministero, da questo, peraltro, difesa ex professo, come detto, nelle memorie depositate. A. La questione nasce dal fatto che in tale ricorso
l'inapplicabilità alla specie della Direttiva CEE 69/335/CEE viene collegata alla peculiarità, della quale non vi è cenno nella sentenza impugnata e che è stata evidenziata per la prima volta solo in questo giudizio di legittimità, secondo la quale, nella concreta fattispecie, la fusione per incorporazione è stata operata da una società la quale possedeva già l'intero capitale sociale della società incorporata mentre nei precedenti gradi di giudizio (come si evince, peraltro, dalla lettura dell'atto di appello depositato il 14 gennaio 1999 dall'Amministrazione Finanziaria dello Stato, del quale questa Corte prende cognizione per la natura squisitamente procedurale del problema da risolvere) la stessa Amministrazione Finanziaria ha sostenuto l'inapplicabilità tout court di detta Direttiva adducendo la mancata previsione in essa del fenomeno della fusione tra società ("le operazioni di fusione non sono espressamente menzionate dalla direttiva 69/335 e non se ne fa menzione nemmeno in occasione delle modifiche apportate con l'adozione delle Direttive 73/80 e 85/303";
"appare...legittimo sostenere che, poiché nemmeno con le modifiche successivamente apportate, la normativa comunitaria si è preoccupata delle fusioni, un simile, reiterato silenzio, significhi che tali operazioni sono estranee alla disciplina comunitaria") e, comunque, la carenza, sempre nella Direttiva, di "quei requisiti che la Corte Costituzionale ha ritenuto condizione necessaria affinché le...direttive potessero essere direttamente applicate negli Stati memori".
B. Il ricorso deve ritenersi ammissibile in forza di due concorrenti ordini di argomenti.
B.
1. In ordine al primo, va, innanzi tutto, ricordato che per l'art. 2501, primo comma, cod. civ. "la fusione di più società può
eseguirsi" o "mediante la costituzione di una società nuova" o "mediante l'incorporazione in una società di una o più altre" (fusione detta "per incorporazione)".
Dalla prima specie di fusione, come noto, nasce un nuovo soggetto giuridico mentre la fusione per incorporazione determina (Cass., 1^, 28 giugno 2002 n. 9504;
id., 3^, 2 agosto 2001 n. 10595) l'estinzione dell'ente incorporato.
Una particolare ipotesi di fusione "per incorporazione", poi, è data dalla "incorporazione di una società in un'altra che possiede tutte le azioni o le quote della prima" alla quale, per l'art. 2504 quinquies cod. civ. (aggiunto dall'art. 16 del D.Lg.vo 16 gennaio
1991 n. 22), "non si applicano le disposizioni dell'articolo 2501 bis, comma 1, numeri 3), 4), 5), e degli articoli 2501 quater e 2501 quinquies", cioè le disposizioni per le quali:
1) gli amministratori delle società