Cass. civ., sez. III, sentenza 01/02/2011, n. 2333
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
I procedimenti cautelari introdotti in corso di causa dopo il 1° gennaio 1993 sono soggetti alla disciplina cautelare uniforme di cui agli artt. 669 bis e ss. cod. proc. civ., a nulla rilevando che la causa di merito nel corso della quale è stata formulata l'istanza cautelare fosse già pendente a tale data. Ne consegue che l'eventuale provvedimento di sequestro pronunciato in accoglimento della suddetta istanza sfugge alla comminatoria di inefficacia di cui all'art. 4, quinto comma, del decreto-legge 7 ottobre 1994 n. 571 (convertito nella legge 6 dicembre 1994, n. 673, alla stregua del quale tutti i sequestri autorizzati anteriormente all'entrata in vigore del decreto stesso perdono efficacia se con sentenza, anche non passata in giudicato, è rigettata l'istanza di convalida ovvero sia dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale sono stati concessi), che si riferisce ad un'ipotesi di inefficacia applicabile soltanto ai sequestri autorizzati (ante causam od in corso di causa) prima del 1° gennaio 1993.
Sul provvedimento
Testo completo
2333-/ 201 1 ORIGINALE Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 1) MOTIVO DI IMPUGNAZIONE SULLE MUNI LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE GENGERE DEL TERZA SEZIONE CIVILE PROCEDIMENTO CAUTELARE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: RILEVANZA 2) INTERPRETAZIONE Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI - Presidente DELL'ART. 4 COMMA 5, D. Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO L. N. 571 DEL 1994 Rel. Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA R.G. N. 27135/2006 Consigliere Dott. GIULIO LEVI Cron. 2333 Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO 728Rep. ha pronunciato la seguente Ud. 29/11/2010 SENTENZA PU sul ricorso 27135-2006 proposto da: contributo unificato RI TA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA 14, presso 10 studio dell'avvocato SABATINI FRANCO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;
ricorrente contro 2010 PI ST, elettivamente domiciliato in ROMA, 2061 VIA APRICALE 31, presso lo studio dell'avvocato VITOLO MASSIMO, rappresentato e difeso dall'avvocato DURANTE EBERTO giusta delega in calce al controricorso;
- controricorrente nonchè
contro
LI SA;
intimati - avversO la sentenza n. 657/2005 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, emessa il 10/5/2005, depositata il 13/07/2005, R.G.N. 843/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/11/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;
SCIORTINO per delega udito l'Avvocato MASSIMILIANO dell'Avvocato FRANCO SABATINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il rigetto del ricorso. 2 R.g.n.27135-06 (ud. 29.11.2010) SVOLGIMENTO DEL PROCESSO § 1. Nel marzo del 1984 TA NI conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Pescara Gianfranco e AR Pacifico, titolari della ditta F.lli Pacifico s.d.f. per sentirli condannare al risarcimento dei danni sofferti a causa dell'esplosione in un suo magazzino di bombole di gas difettose fornitegli dai convenuti. In detto giudizio i convenuti svolgevano domanda di manleva verso un terzo ed interveniva a sua volta altro terzo indicato come responsabile dal terzo chiamato. Con altro atto di citazione ST PI e SA EO, nelle rispettive qualità di inquilino e proprietario dell'immobile adiacente a quello in cui era avvenuta l'esplosione, convenivano in giudizio lo stesso NI e la madre UI AM, per sentirli condannare al risarcimento dei danni sofferti. Il NI si costituiva ed allegava che l'esplosione era da ascrivere alla responsabilità della ditta Pacifico. I due giudizi venivano riuniti ed istruiti con l'espletamento fra l'altro di una c.t.u. All'esito il Tribunale di Pescara, con sentenza parziale, rigettava la domanda proposta dal NI contro la ditta Pacifico e le domande di garanzia svolge nel primo giudizio. Condannava in via generica invece il NI e la AM al risarcimento dei danni in favore del PI e del EO, disponendo il prosieguo del giudizio fra dette parti sul quantum. All'esito di un supplemento della consulenza tecnica e di prova per testi, sull'istanza presentata in data 24 luglio 1993 dai signori PI e EO, il Giudice istruttore concedeva, con decreto del 27 luglio successivo, sequestro conservativo fino a concorrenza della somma di lire 150.000.000 sull'immobile del NI, in ragione della sua messa in vendita da parte del medesimo. Con successiva ordinanza del 7 agosto 1993 fissava udienza per la trattazione della convalida del sequestro. Con sentenza del giugno 2001, il Tribunale confermava e convalidava il sequestro, condannava il NI e la AM al pagamento a favore del PI e del EO della somma complessiva di lire 107.116.100, fra cui 92.616.110 per i danni subiti dall'immobile, oltre interessi dalla data dell'esplosione al soddisfo. §2. La sentenza veniva appellata dal NI in via principale ed in via incidentale dal PI e dal EO. Con sentenza del 13 luglio 2005 la Corte d'Appello di L'Aquila accoglieva parzialmente l'appello principale riducendo il danno all'immobile ad euro 19.788,61, nonché l'appello incidentale sugli accessori degli appellati. 3 Est. Cons. Raffaele Frasca R.g.n.27135-06 (ud. 29.11.2010) §3. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il NI sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso il PI, mentre non ha svolto attività difensiva il EO. §4. Le parti costituite hanno depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE §1. Con il primo motivo di ricorso si deduce "violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma V, D.l. 7/10/94, conv. in L. 6/12/94 n. 673 in relazione all'art. 681 e 683 c.p.c. (art. 360 n. 3 e 4 c.p.c.). Contraddittorietà ed insufficienza della motivazione su più punti della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.)". $1.1. Il motivo prospetta due censure. La prima concerne il rigetto del motivo di appello che il ricorrente aveva prospettato assumendo che il sequestro conservativo, autorizzato in corso di causa a suo carico con ordinanza del 27 luglio 1993, si sarebbe dovuto dichiarare nullo e/o inefficace sulla base delle seguenti considerazioni: a) ottenuto ed eseguito il sequestro, le controparti -con ricorso del 6 agosto 1993 - avevano chiesto al Giudice istruttore, sul presupposto che lo stesso aveva ritenuto ancora applicabile l'art. 681 c.p.c. e che esso imponeva loro entro cinque giorni dall'esecuzione di chiedere al giudice la fissazione dell'udienza di trattazione di cui al primo comma dell'art. 681 c.p.c., di fissarla all'uopo nella stessa udienza del 30 settembre 1993 già fissata per la trattazione della convalida del sequestro stesso;
b) a seguito del ricorso, il Presidente del Tribunale di Pescara, sostituitosi al Giudice istruttore per detto atto, provvedeva in conformità con decreto del 7 agosto successivo, assegnando termine per la notificazione fino al 20 settembre 1993;
c) il decreto non veniva, però, notificato ed all'udienza del 30 settembre ne dava atto lo stesso procuratore dei sequestranti, chiedendo la concessione di un nuovo termine per la notifica al ricorrente, ove esso, comparendo non avesse inteso discutere comunque;
d) il difensore del ricorrente impugnava e contestava quanto dedotto ex adverso e nulla osservava sulla richiesta di fissazione di una nuova udienza con concessione di nuovo termine per la trattazione della convalida e del merito, riservandosi ogni controdeduzione in quella sede. L'illustrazione della censura, dopo tali deduzioni, riferisce immediatamente di seguito che con il primo motivo di appello era stata dedotta la nullità e/o inefficacia del sequestro nel termine perentorio di cui all'art. 681 c.p.c., non prorogabile nemmeno sull'accordo delle parti, e che le controparti replicarono che la nullità andava eccepita e Est. Cons Raffaele Frasca R.g.n.27135-06 (ud. 29.11.2010) che, in ogni caso per la presenza delle parti all'udienza del 30 settembre 1993, si era determinata sanatoria per raggiungimento dello scopo. Si sostiene, di seguito, che erroneamente la Corte territoriale avrebbe disatteso il motivo di appello affermando che gli artt. 681 e 6893 c.p.c. erano stati abrogati dall'art. 89 della 1. n. 353 del 1990 a decorrere dal 1° gennaio 1993 e che, dunque, non erano applicabili al sequestro. L'errore della Corte aquilana deriverebbe dal non avere considerato la norma dell'art. 4, comma 5, del d.l. n. 571 del 1994, convertito in legge n. 673 del 1994, secondo cui gli articoli 74, 75, 76, 77, 85 e 86 della legge 26 novembre 1990 n. 353, e successive modifiche ed integrazioni, si applicano, in quanto compatibili, ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto;
tutti i sequestri anteriormente autorizzati perdono la loro efficacia se con sentenza, anche non passata in giudicato, è rigettata l'istanza di convalida ovvero è dichiarato inesistente il diritto a cautela dal quale erano stati concessi>>. Essa, valutata congiuntamente con la salvezza dell'efficacia dei decreti legge dello stesso