Cass. pen., sez. II, sentenza 22/02/2018, n. 08558

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 22/02/2018, n. 08558
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 08558
Data del deposito : 22 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: FUSINATO ALBERTO nato il 17/03/1967 a CROTONE avverso la sentenza del 14/06/2016 della CORTE APPELLO di CATANZAROvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere G AI Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIANLUIGI PRATO LA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di Fusinato Alberto ricorre per cassazione avverso la sentenza in data 14/6/2016, con cui la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la decisione del Tribunale di Crotone del 28/1/2014 che ha condannato l'imputato, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e ritenuta la continuazione, alla pena di anni due e mesi uno di reclusione ed euro 900,00 di multa, in ordine ai delitti di truffa in concorso e ricettazione.

1.1. Con il primo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione (per manifesta illogicità e per travisamento della prova).

1.1.2. La doglianza attiene, anzitutto, alla corretta osservanza dell'art. 192 .cod. proc. pen. in tema di attendibilità del dichiarato delle persone offese ed alle argomentazioni spese al riguardo dalla Corte territoriale, non essendo stata vagliata la circostanza che quanto da loro affermato potesse costituire il frutto di allontanare l'eventuale responsabilità di avere negoziato degli assegni provento di furto e di avere cercato di incassarli.

1.1.3. Parimenti analogo vizio era da ravvisarsi a proposito della ritenuta integrazione degli elementi costituti della truffa e, in particolare, degli artifici e raggiri e dalla loro idoneità ingannatoria, dovendosi la vicenda ricondurre semmai da un'ipotesi di carattere civilistico, essendo dovuta alla crisi economica la difficoltà di far fronte alle obbligazioni - nei termini concordati - intraprese con la controparte. Peraltro, anche a ricondurre il comportamento dell'imputato - volto a prendere tempo - agli artifizi e raggiri - difettava l'idoneità ingannatoria in ragione della particolare esperienza commerciale maturata dalle persone offese nel settore.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione (per manifesta illogicità e per travisamento della prova) a proposito della mancata qualificazione giuridica del fatto come insolvenza fraudolenta, posto che il ricorrente, lungi dall'aver simulato circostanze non vere, avrebbe, tutt'al più, dissimulato il proprio stato di insolvenza cercando di differire i pagamenti, che realmente non era in grado di effettuare. Ricondurre correttamente il fatto nell'alveo della fattispecie di cui all'art. 641 cod. pen., avrebbe quale conseguenza quella di rendere l'azione non procedibile essendo la querela tardiva (circostanza emersa dall'istruttoria dibattimentale nel corso dell'esame delle pp.00.).

1.3. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione (per manifesta illogicità e per travisamento della prova) in ordine all'elemento soggettivo del delitto di ricettazione, desunto dalla Corte territoriale nella mancata spiegazione delle circostanze in cui il ricorrente sarebbe venuto in possesso degli assegni bancari di illecita, presunzione sfornita di qualunque substrato probatorio.

1.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione (per manifesta illogicità e per travisamento della prova), in ordine alla mancata applicazione dell'attenuante di cui al comma 2 dell'art. 648 cod. pen., posto che la condotta è stata posta in essere nell'ambito di una situazione imprenditoriale di difficoltà finanziaria ed il cui profitto non è eccessivo se si mette a confronto con l'entità dei lavori complessivi svolti dal ricorrente.

1.5. Con il quanto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione (per manifesta illogicità e per travisamento della prova) riguardo all'operato giudizio di equivalenza e non di prevalenza della circostanze attenuanti generiche, alla luce anche del contesto di difficoltà economica in cui è maturata la vicenda, della non negativa personalità dell'imputato stante la natura data dei precedenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per essere il motivo generico. Invero, la doglianza di inattendibilità del narrato delle persone offese - che sarebbe inattendibile poiché frutto del tentativo di quest'ultime di escludere un loro eventuale concorso nella realizzazione dei fatti delittuosi - si fonda su un assunto del tutto generico e indimostrato. Infatti, per un verso, non vengono evidenziati elementi di prova a carattere "esterno" alle dichiarazioni delle persone offese da cui il giudice del merito avrebbe dovuto desumere la loro falsità ed intento calunnioso. Né a tale fine soccorrono le dichiarazioni degli stessi imputati i quali hanno (legittimamente) scelto di non sottoporsi ad esame;
per altro verso, poi, non sono indicati elementi specifici di contraddittorietà del narrato che, in ipotesi, potrebbero avvalorare l'ipotesi evocata. E ciò a fronte di una motivazione che, al contrario, si è fatta carico di vagliare l'attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, alla luce delle modalità di ricostruzione dei fatti, ritenuta chiara, precisa e dettagliata, nonché confermata dai riscontri documentali acquisiti al processo, valorizzando altresì il contegno processuale da queste adottato, avendo rinunziato a costituirsi parti civili. A tale ultimo riguardo, va poi evidenziato, come ragionevolmente tale contegno processuale, risoltosi nella scelta di non esercitare l'azione civile nel processo penale nei confronti degli imputati, sia stato valorizzato, unitamente agli altri elementi dimostrativi dell'intrinseca attendibilità, per sostenere il giudizio di credibilità del narrato, in quanto dimostrativo dell'assenza di un interesse di carattere economico e, quindi, di possibile pregiudizio che potrebbe avere spinto le persone offese a presentare la querela. Le conclusioni raggiunte dalla Corte territoriale risultano quindi esenti dai paventati vizi di legittimità in quanto il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito appare conforme ai criteri dettati da questa Corte e secondo cui le dichiarazioni della persona offesa - cui non si applicano le regole dettate dall'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. - possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Rv. 265104).
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