Cass. pen., sez. III, sentenza 22/12/2020, n. 36930

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 22/12/2020, n. 36930
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36930
Data del deposito : 22 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: API RAFFINERIA S.P.A. avverso l'ordinanza del 13/12/2019 del TRIB. LIBERTA di ANCONAudita la relazione svolta dal Consigliere L R;
sentite le conclusioni del PG

FRANCA ZACCO

Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' dei motivi di ricorso. udito il difensore C' (\•/,) Il difensore presente chiede l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Ancona, con ordinanza del 13 dicembre 2019, ha rigettato il ricorso presentato nell'interesse della "API Raffineria di Ancona s.p.a." avverso il decreto di sequestro probatorio, emesso in data 23 novembre 2019 dal Pubblico Ministero, della pavimentazione del serbatoio denominato "TK 61", ubicato all'interno della raffineria API di Falconara Marittima, nell'ambito di un procedimento penale relativo ai reati di cui agli art. 674, 590, 452-bis, 452-ter 452-quater e 452-quinquies cod. pen. Avverso tale pronuncia la società predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati.

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la mancanza della motivazione in punto di funzionalità del vincolo reale all'investigazione e proporzionalità dello stesso, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod. proc. pen. Osserva, a tale proposito, che il Tribunale avrebbe omesso di considerare le argomentazioni in fatto evidenziate in una memoria della difesa, dove si faceva rilevare come la società avesse tenuto il consulente del Pubblico Ministero costantemente informato circa le operazioni programmate e come tale evenienza escludesse tanto la funzionalità del sequestro alle attività di indagine quanto la proporzionalità del provvedimento. Aggiunge che tutte le attività erano state concordate con il consulente e che il rifacimento della pavimentazione era finalizzato alle attività di bonifica del serbatoio, anch'esse preventivamente comunicate.

3. Con il secondo motivo di ricorso rileva l'insussistenza delle finalità probatorie, osservando che il sequestro era stato disposto in relazione ad un'immissione nell'aria di esalazioni provenienti dal serbatoio accertata nell'aprile 2018, rispetto alla quale erano stati svolti i dovuti accertamenti tecnici ai sensi dell'art. 360 cod. proc. pen. e che, successivamente, il Pubblico Ministero aveva conferito altro incarico al fine di valutare l'adeguato svuotamento del serbatoio e lo stato di manutenzione dello stesso, oltre all'effettuazione di sondaggi e prelevamento di campioni del suolo e del sottosuolo e che, nell'ambito di tale verifica, il consulente tecnico aveva sollecitato il sequestro della pavimentazione. Aggiunge che ciò evidenzia come tale ultima attività di indagine nulla avrebbe a che vedere con i fatti che avevano originato il procedimento penale ed avrebbe la mera finalità di verificare la possibilità del verificarsi di fatti più o meno simili in futuro, palesando, quindi, un contenuto meramente esplorativo in violazione dell'art. 253 cod. proc. pen. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Occorre premettere che il ricorso che ha dato origine al presente procedimento risulta correlato con altri ricorsi trattati nell'odierna udienza ed attinenti ad istanze di riesame avverso il medesimo decreto di sequestro probatorio. Va poi osservato, per un migliore inquadramento della vicenda in esame, come dal contenuto dell'ordinanza impugnata e del ricorso emerga che la società ricorrente è indagata per la violazione di cui agli art. 25-septies e 25-undecies, comma 1, lett. a), b) e c) d.lgs. 231/2001 in relazione ai reati di cui agli art. 674, 590, 452-bis, 452-ter, 452-quater e 452-quinquies cod. pen. e che, nel corso del procedimento, è stata accertata la commissione dell'ulteriore reato di cui agli art. 110 e 349, comma 2, cod. pen. per la rimozione dei sigilli apposti al serbatoio al fine di effettuare accertamenti tecnici non ripetibili. Dal decreto di sequestro allegato al ricorso emerge che il Pubblico Ministero ha disposto il vincolo dopo che il consulente tecnico era stato informato che la società intendeva procedere al rifacimento della pavimentazione del serbatoio nonostante fossero ancora in corso gli accertamenti tecnici già disposti, relativi a carotaggi e prelievi di campioni del suolo e del sottosuolo, che avevano già evidenziato un grave inquinamento da prodotti petroliferi e l'assenza di barriere protettive idonee ad impedire che i suddetti prodotti, altamente inquinanti e cancerogeni, si diffondessero nel sottosuolo sino alla falda acquifera, al fiume Esino ed al mare. Il provvedimento consente espressamente al custode la possibilità di eseguire sopralluoghi per verificare la sicurezza dell'area senza modificarne lo stato attuale.
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