Cass. pen., sez. II, sentenza 26/09/2022, n. 36264
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: OLIVIERI CRISTIAN nato a CHIETI il 17/06/1978 avverso la sentenza del 21/04/2021 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere G A;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI CUOMO Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell'art. 23 co.8 D.L. n. 137/2020. RITENUTO IN FATTO O C ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di L'Aquila in data 21/04/2021 che, in riforma della sentenza del Tribunale di Pescara, ha dichiarato la prescrizione degli episodi di tentata estorsione ascritti al ricorrente ai danni di P L e G V (relativi alla richiesta di prestito della somma di C 1.800,00), rideterminando la pena in ordine al reato di estorsione consumata ai danni del D B A e G (per i lavori eseguiti in favore del ricorrente). Al riguardo, deduce: 1. inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione con riguardo all'eccezione di nullità del decreto di citazione a giudizio stante la mancata ricezione dell'atto, risultando questo notificato ad un numero civico differente da quello dichiarato. Illogica era la motivazione con cui la Corte di merito aveva disatteso l'eccezione, avendo operato una non consentita operazione di simmetria tra numeri civici differenti, il 24 ove era stata effettuata la notifica, con il 24-bis indicato dall'imputato. Né poteva ricavarsi presuntivamente che l'avere immesso l'ufficiale giudiziario il plico nella cassetta postale del n. 24 fosse esaustiva della validità della notifica al civico dichiarato dall'imputato, potendo, al contrario, trattarsi di omonimo. Infine, la notifica era nulla in quanto non erano state rispettate le forme di cui all'art. 157 cod. proc. pen. 2. violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in relazione all'art. 629 cod. pen. Si era ritenuto presupposto del delitto estorsivo il fatto che l'imputato, all'interno della società Raicam, rivestisse una posizione privilegiata che gli consentisse di prospettare alle persone offese la loro potenziale esclusione dal novero dei potenziali venditori ed affidatari di commesse da parte della Raicam, senza avvedersi che, per un verso, ogni dirigente di detta società (non solo il ricorrente) era libero di rivolgere sul mercato le richieste di preventivo e di escludere chiunque dalla rosa dei fornitori e, per altro, che in capo alle ditte interpellate non sussisteva nemmeno una aspettativa di essere incluse nei futuri iter di richiesta e raccolta di preventivi. Difettava, quindi, il requisito dell'ingiustizia del danno. 3. violazione di legge, inosservanza di norme processuali e vizio di motivazione in relazione all'art. 629 cod. pen 3.1. quanto alle ipotesi tentate - dichiarate prescritte - si trattava di mera richiesta di prestito della somma di € 1.800,00 (non concesso, da qui l'ipotesi tentata) che, anche laddove avanzata con modalità minacciose - non poteva ingenerare nel soggettivo attivo e nel soggetto passivo alcun profitto ingiusto. 3.2. quanto all'estorsione consumata, (ai danni di D B e G per i lavori eseguiti in suo favore), premessa la genericità della contestazione in relazione alla mancata individuazione dell'oggetto dei lavori, solo genericamente indicati per entrambe le persone offese (a nulla valendo la successiva specificazione effettuata in dibattimento dal testimone), si censura, sulla scorta della mancanza di precisione del narrato, l'attendibilità delle tre persone offese (una delle quali costituita parte civile);inoltre, si ribadisce che la decisione in ordine alla stipula dei contratti spettava al direttore De Marco, circostanza di cui le persone offese erano a conoscenza, con la conseguenza che nessun potere di coartazione poteva essere svolto dal ricorrente;né sul punto poteva valere la motivazione resa dai giudici di merito i quali avevano comunque ricondotto all'imputato un potere di incidere sulle commesse da attribuire e sulle ditte da favorire, stante - al di là del rilievo della diversa prospettazione del fatto contestato ex art. 521 codice di rito - l'errata presupposizione del fatto che tutte le persone offese disponessero di un diritto a vedersi inoltrare la richiesta di fornitura. 3.3. quanto alla credibilità dei testi: - si sottolinea che il D B in sede civile (causa relativa al licenziamento del ricorrente ad opera della Raicam) aveva fornito una versione differente, escludendo coartazione nella concessione del prestito e nella esecuzione dei lavori. Il mancato pagamento da parte del ricorrente costituiva, quindi, mera questione civilistica. L'accenno che poi il teste aveva fatto alla circostanza che se non avesse eseguito i lavori richiesti non avrebbe ricevuto più commesse dall'imputato doveva ricondursi ad un post factum privo di rilievo, trattandosi di "sensazione" non collegata alle richieste dell'imputato. - anche per il G valevano le stesse criticità, posto che nel corso della causa civile aveva escluso qualsiasi minaccia nella richiesta del prestito e escluso qualsiasi collegamento tra l'esecuzione dei lavori in favore dell'imputato, la richiesta del denaro e l'affidamento di future commesse. - analoghi rilievi per quanto affermato in sede civile dal P, il quale aveva escluso che la richiesta di denaro venne avanzata dall'imputato con minaccia. La circostanza che poi l'imputato, per quanto riferito nella diversa sede dal teste, "si possa essere lasciato andare ad una forma di minaccia relativa al fatto che un'altra ditta gli avrebbe fatto il prestito e che lui l'avrebbe privilegiata", altro non era che un post factum irrilevante poiché espressa successivamente alla richiesta non accolta.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi