Cass. pen., sez. VII, ordinanza 11/03/2020, n. 09656

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 11/03/2020, n. 09656
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09656
Data del deposito : 11 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso proposto da: H E nato a VALONA( ALBANIA) il 30/03/1979 avverso la sentenza del 23/10/2017 della CORTE APPELLO di ROMAda-to-alPo.i.s~pti;
udita la relazione svolta dal Consigliere D R T;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Roma accoglieva l'istanza ex art. 599 bis cod. proc. pen. con la quale l'imputato H E e il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Roma chiedevano, con rinuncia ai motivi di gravame, la rideterminazione della pena nella misura di anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 500 di multa per il reato di cui agli artt. 624 bis, comma terzo, e 625, comma primo, n. 2 cod. pen. H E propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, e deduce il vizio motivazionale con riguardo al trattamento sanzionatorio sostenendo che la pena inflitta è eccessiva e non risponde ai parametri dell'art.133 cod. pen. Si premette che l'art. 599 bis, comma primo, cod. proc. pen. introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 stabilisce che la Corte di appello provvede in camera di consiglio anche quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo. Nel caso in esame la sentenza impugnata ha ratificato, apprezzando la congruità della concordata pena, un accordo sanzionatorio delle parti che, in difetto di patenti illegalità, non può essere caducato e ciò dà luogo ad una causa di inammissibilità dichiarabile de plano, ai sensi delle modifiche apportate dalla legge 23 giugno 2017, n. 103. E' opportuno rammentare che per qualificare illegale la pena non basta eccepire che il giudice non abbia correttamente esplicato i criteri valutativi che lo hanno indotto ad applicare la pena richiesta, ma occorre che il risultato finale del calcolo non risulti conforme a legge (cfr. Sez. 6, n. 44907 del 30/10/2013, Rv.257151);
circostanza non ricorrente nel caso in esame. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di quattromila euro alla cassa delle ammende, ritenuta equa avuto riguardo al rimedio esperito per ragioni non consentite dalla legge.
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