Cass. civ., sez. I, sentenza 23/03/2004, n. 5719

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Il provvedimento analizzato è stato emesso dalla Corte di Cassazione, composta da cinque magistrati. Le parti in causa, un ex marito e un'ex moglie, hanno presentato ricorsi rispettivamente contro una sentenza della Corte d'appello di Roma. La ricorrente principale ha contestato la decisione di non riconoscere il suo diritto a una quota dell'indennità di fine rapporto dell'ex coniuge e ha richiesto un assegno di divorzio di 6.000.000 di lire, sostenendo che l'importo stabilito in precedenza fosse insufficiente. L'ex marito, a sua volta, ha chiesto la riduzione dell'assegno di divorzio e l'esonero dal mantenimento dei figli.

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, confermando la legittimità della sentenza impugnata. Ha argomentato che il diritto alla quota dell'indennità di fine rapporto non era attuale, poiché l'ex marito era ancora in servizio e non aveva percepito tale indennità. Inoltre, ha ritenuto che l'assegno di divorzio fosse congruo, considerando le condizioni economiche delle parti e il tenore di vita durante il matrimonio. La Corte ha sottolineato che l'assegno di divorzio ha carattere assistenziale e deve essere determinato in base alla mancanza di mezzi adeguati da parte del richiedente. Infine, ha compensato le spese di giudizio tra le parti, data la reciproca soccombenza.

Massime1

In tema di scioglimento del matrimonio, il diritto dell'ex coniuge, titolare di assegno di divorzio, ad ottenere - salvo che non sia passato a nuove nozze - una percentuale dell'indennità "percepita" dall'altro coniuge "all'atto della cessazione del rapporto di lavoro" (art. 12 bis della legge 1.ò dicembre 1970, n. 898, aggiunto dall'art. 16 della legge 6 marzo 1987, n. 74), diviene attuale, ed è quindi azionabile, nel momento in cui, cessato il rapporto di lavoro dell'ex coniuge, questi percepisce il relativo trattamento, ed è, inoltre soggetto alla condizione negativa del mancato passaggio a nuove nozze del coniuge titolare dell'assegno di divorzio; ne' quest'ultimo può avanzare in giudizio la relativa richiesta come condanna condizionata del terzo datore di lavoro ad eseguire direttamente nei suoi confronti l'eventuale, futuro versamento della quota (da determinare alla stregua del secondo comma dell'art. 12 bis, cit.), perché la condanna condizionata - pure ammessa nel nostro ordinamento, in omaggio al principio di economia dei giudizi - non deve essere subordinata al verificarsi di un evento (come il mancato passaggio a nuove nozze) il cui accertamento possa esigere un nuovo esame nel merito, e, inoltre, perché la legge non prevede, per l'adempimento "in executivis" dell'obbligo di corrispondere la quota dell'indennità in parola, le stesse opportunità concesse all'avente diritto, nei confronti dei terzi debitori dell'obbligato, per l'adempimento degli oneri relativi al mantenimento dei figli (art. 148, secondo comma, cod. civ.), al mantenimento ed agli alimenti per il coniuge separato (art. 156, sesto comma, cod. civ.), all'assegno di divorzio ed al contributo per il mantenimento dei figli in regime di divorzio dei genitori (art. 8, terzo comma, della legge n. 898/1970, novellato dall'art. 12 della legge n. 74/1987).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 23/03/2004, n. 5719
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 5719
Data del deposito : 23 marzo 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. G A - Presidente -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. M G V A - rel. Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. N A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENZA
sul ricorso proposto da:
C M L, elettiv. domicil. in Roma, via Lorenzo il Magnifico, n. 13, presso l'Avv. F L, che la rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
S A, elettiv. domicil. in Roma, viale Carso, n. 14, presso l'Avv. G A, rappresentato e difeso dall'Avv. S I per procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;



- controricorrente -


e sul ricorso incidentale proposto da:
S A, come sopra domiciliato, rappresentato e difeso;

- ricorrente incidentale -
contro
C M L, come sopra domiciliata, rappresentata e difesa;

- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 3058/01 della Corte d'appello di Roma, depositata il 28.9.2001. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15.12.2003 dal Relatore Cons. Dott. G V A M;

Uditi gli Avvocati F L, per la ricorrente, e S I, per il controricorrente e ricorrente incidentale;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Martone Antonio, che ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, e del ricorso incidentale, e per il rigetto del primo motivo del ricorso principale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1 - Con sentenza non definitiva in data 7.5.1999 il tribunale di Roma dichiarò cessati gli effetti civili del matrimonio concordatario celebrato il 30.10.1967 A S e Maria Luisa C, fra i quali era intervenuta separazione consensuale omologata il 12.8.1993.
Con successiva sentenza depositata il 9.3.2000, lo stesso tribunale, dichiarata inammissibile ogni altra domanda, in parziale accoglimento delle richieste economiche della C, condannò il S a corrisponderle un assegno mensile di divorzio di Lire 2.500.000 ed a versare un contributo mensile di Lire 1.500.000 per il mantenimento dei tre figli nati dal matrimonio, ormai maggiorenni, ma non autosufficienti economicamente;
compensò interamente fra le parti le spese di giudizio.


2 - Tale sentenza fu impugnata, con ricorso alla corte d'appello di Roma, da Maria Luisa C che si dolse, specificamente, del mancato esame delle sue richieste relative all'assegnazione della casa coniugale ed all'accertamento del proprio diritto su quota-parte dell'indennità di fine rapporto di lavoro dovuta all'ex marito;

oltre che del mancato accoglimento della domanda concernente il riconoscimento della contitolarità di beni acquistati in costanza di matrimonio e dell'accoglimento solo parziale delle richieste di assegno per se stessa e per i figli, il cui ammontare era stato da lei rispettivamente indicato in Lire 6.000.000 e Lire 2.400.000 mensili.
Il S, costituendosi in giudizio, chiese il rigetto del gravame e propose appello incidentale, per domandare la riduzione dell'assegno di divorzio a Lire 1.500.000 mensili, tenuto conto del suo reddito effettivo, e l'esonero dal versamento di qualsiasi contributo alla moglie per il mantenimento dei figli.

3 - Avverso la sentenza della corte d'appello di Roma, depositata il 28.9.2001, con cui fu assegnata alla C la casa coniugale e fu, per il resto, confermata la sentenza di primo grado, con compensazione integrale fra le parti delle spese del grado, Maria Luisa C propone ricorso per cassazione, notificato il 7.5.2002 e depositato il 14.5.2002, affidato a due motivi illustrati anche con memoria.
A S resiste mediante controricorso e propone contestualmente ricorso incidentale, notificato in data 11.6.2002 e depositato il 14.6.2002, con un solo motivo.
La ricorrente principale ha notificato il 21.6.2002 controricorso al ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE


4 - Devesi preliminarmente provvedere, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c., alla riunione dei due ricorsi, principale ed incidentale.


5 - Col primo motivo del ricorso principale, la signora Maria Luisa C censura la sentenza impugnata, ai sensi dell'articolo 360, 1^ co., nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione dell'articolo 12 bis, legge 1 dicembre 1970, n. 898 (introdotto dall'articolo 16, legge 6 marzo 1987, n. 74), e per omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione sul punto relativo al riconoscimento del proprio diritto ad ottenere una quota-parte dell'indennità di fine rapporto di lavoro spettante all'ex coniuge.
5.1. - Sostiene la ricorrente che il giudice d'appello, interpretando erroneamente la sua domanda - come se fosse diretta ad ottenere la pronta liquidazione della quota spettantele sulla futura indennità di fine rapporto di lavoro dovuta all'ex marito, laddove invece tendeva al mero riconoscimento, in via preventiva e cautelare, di tale diritto - l'aveva ingiustamente dichiarata inammissibile, con motivazione inadeguata.
Insiste, quindi, nell'affermare che il diritto ad una percentuale, precisata dal citato articolo 12 bis, sull'indennità suddetta sorgerebbe all'atto della proposizione della domanda di divorzio, indipendentemente dall'effettiva erogazione (e percezione, da parte del coniuge lavoratore) di tale indennità, se questa matura dopo la sentenza;
ciò comporterebbe la legittimazione ad agire, per la condanna in via preventiva e cautelare al pagamento della quota - similmente a quanto dispone, in tema di garanzia dell'esecuzione degli obblighi derivanti dalla pronunzia di divorzio, l'articolo 8, legge n. 898/1970 -, al fine di evitare che l'avente diritto
all'indennità possa disporne a danno del coniuge, ad esempio, mediante la cessione del credito.
5.2. - La corte d'appello è pervenuta alla pronunzia
d'inammissibilità della domanda in esame,, osservando che il S, dipendente tuttora in servizio, non aveva ancora maturato il diritto al trattamento di fine rapporto di lavoro;
che, quindi, mancava il presupposto logico-giuridico delle domande di accertamento del preteso diritto alla quota d'indennità e di attribuzione diretta di essa alla richiedente da parte dell'ente erogante. 5.3. - Il motivo di ricorso è infondato.
5.4. - La motivazione della sentenza impugnata, contenente una sintetica esposizione (punto 5.2) delle ragioni di rigetto della domanda - esattamente interpretata dalla corte territoriale come "domanda di accertamento del diritto" (alla quota del trattamento di fine rapporto) e richiesta d'ingiunzione all'ente erogatore per il versamento diretto ad essa reclamante -, è esente dai vizi denunziati ed è, comunque, integrabile ai sensi dell'articolo 384, 2^ co., c.p.c., essendo il dispositivo conforme a diritto. Le considerazioni esposte al punto seguente mostrano, infatti, che la lamentata violazione dell'articolo 12 bis, legge n. 898/1970 (introdotto dall'articolo 16, legge n. 74/1987) non sussiste. 5.5. - Tale norma dispone che il coniuge titolare di assegno di divorzio ha diritto ad una percentuale, nella misura indicata dal secondo comma, dell'indennità "percepita" dall'altro coniuge "all'atto della cessazione del rapporto di lavoro";
salvo che non sia passato a nuove nozze.
Pertanto, in base all'interpretazione letterale della disposizione di legge in esame, il diritto ad ottenere la quota d'indennità diviene attuale, ed è quindi. agibile, nel momento in cui, cessato il rapporto di lavoro dell'ex coniuge, questi percepisce il relativo trattamento;
esso è, inoltre, soggetto alla condizione negativa del mancato passaggio a nuove nozze del richiedente, che sia titolare di assegno di divorzio.
Nel caso di specie, la prima di tali condizioni non si è verificata perché, come rileva la corte d'appello, il S è tuttora in attività di servizio e non ha percepito l'indennità;
la seconda non è attualmente verificabile, dovendo essere accertata nel momento in cui il diritto si attualizza e diviene agibile, all'atto della cessazione del rapporto di lavoro dell'ex coniuge.
La declaratoria d'inammissibilità della domanda è, quindi condivisibile, in relazione a tutti i contenuti della medesima. Anche perché, in quanto interpretabile come richiesta di mero accertamento, con sentenza dichiarativa dell'esistenza e della titolarità del diritto alla quota d'indennità (salva, in ogni caso, l'eventualità negativa del passaggio a nuove nozze), difetta l'interesse ad agire che, nell'azione di mero accertamento, è identificabile nell'esigenza di rimuovere un'oggettiva e pregiudizievole situazione d'incertezza, dipendente da atti o fatti concreti, non da mere supposizioni (S.U. nn. 565/2000, 264/1996 e, fra le molte, Cass. nn. 3157/2001, 6859/1993, 3461/1990). Incertezza oggettiva che. nel caso di specie, non sussiste, mancando sia l'attualità del diritto sia la contestazione di esso nella sua astrattezza.
Sotto altro aspetto, come richiesta di condanna condizionata del terzo (datore di lavoro) ad eseguire direttamente nei confronti della richiedente l'eventuale, futuro versamento della quota (da determinare alla stregua dell'articolo 12 bis cit., 2^ co.), l'inammissibilità della domanda deriva sia dal fatto che la condanna condizionata - pur essendo ammessa nel nostro ordinamento, in omaggio al principio di economia dei giudizi - non deve essere subordinata al verificarsi di un evento (come il mancato passaggio ad altre nozze) il cui accertamento possa esigere un nuovo esame nel merito (Cass. nn. 13665/2000, 6329/1996, 978/1991) sia, e soprattutto, dal fatto
che il terzo non è parte in questo giudizio.
È da notare, infine, che la legge non prevede, per l'adempimento in executivis dell'obbligo di corrispondere la quota d'indennità in parola, le stesse opportunità concesse all'avente diritto, a determinate condizioni, nei confronti dei terzi debitori dell'obbligato, per l'adempimento degli oneri relativi al mantenimento dei figli (articolo 148, 2^ co., c.c.), al mantenimento ed agli alimenti per il coniuge separato (articolo 156, 6^ co., c.c.), all'assegno di divorzio ed al contributo per il mantenimento dei figli in regime di divorzio dei genitori (articolo 8, 3^ co., legge n. 898/1970, novellato dall'articolo 12, legge n. 74/1987). Per tali ragioni, ed in conformità alla premessa (punto 5.3), questo motivo di ricorso è infondato.

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