Cass. pen., sez. V, sentenza 22/09/2021, n. 35031
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da M D nato a ROMA il 09/04/1983 HAZDOVIC CELENTANO nato a TORINO AIL 30/06/1989 Avverso la SENTENZA del 16/09/2020 della CORTE di APPELLO di ROMAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere M T B;letta la requisitoria scritta, del 19 MAGGIO 2021, del Sostituto Procuratore Generale, V SENATORE, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi. Letta la memoria, del 07 giugno2021, dell'avvocato F R, difensore di MKIC che, in replica alle richieste del Procuratore generale, insiste nell'accoglimento del ricorso. - Udienza tenutasi ai sensi dell'art. 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137 - RITENUTO IN FATTO 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato - riqualificando il fatto ai sensi dell'art. 56 cod. pen., con conseguente rideterminazione della pena - la decisione del Tribunale di quella stessa città, nei confronti di M D e H C, dichiarati colpevoli di furto in appartamento, pluriaggravato, con l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione temporanea dagli uffici pubblici, e dell'espulsione dal territorio dello Stato, all'esito della espiazione della pena principale, ai sensi dell' art. 235 cod. pen. 2. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati, con il ministero del rispettivo difensore di fiducia. 2.1. M D si duole della declaratoria di inammissibilità della richiesta del difensore di revoca della misura di sicurezza, pronunciata sul presupposto che essa, essendo stata formulata solo in sede di discussione, costituisse motivo nuovo. Sostiene, invece, la Difesa ricorrente che l'espulsione disposta ai sensi dell'articolo 235 cod. pen. sarebbe da equiparare a una misura cautelare e, pertanto, i presupposti di applicabilità e la conseguente revoca potrebbero essere richiesti anche in udienza e indipendentemente dai motivi di appello. 2.2. H C lamenta il vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato in capo all'imputato. 3. Il Procuratore Generale ha concluso, con requisitoria scritta, per l'inammissibilità dei ricorsi. 4. Il difensore di Mikic ha depositato in data 07 giugno 2021 memoria di replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale. Sul presupposto che l'espulsione di cui all'art. 235 cod. pen. costituisca, non pena accessoria, ma misura di sicurezza personale, il cui presupposto ( la pericolosità sociale) è rivedibile in ogni momento dall'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 208 cod. pen., insiste nell'accoglimento del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi non sono fondati. 1.Quello di Mikic parte da una prospettiva errata, ovvero che la misura dell'espulsione fosse stata applicata provvisoriamente dal giudice della cognizione, ai sensi dell'art. 206 cod. pen. Così non è, giacchè, invece, la misura è stata oggetto di statuizione al momento della pronuncia della sentenza di primo grado da parte del Tribunale, poi venendo confermata dalla Corte di appello. 1.1. E' opportuno, altresì, sgombrare il campo da equivoci circa la natura dell'espulsione dal territorio dello Stato di uno straniero (o dell'allontanamento di un cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea) di cui all'art. 235, primo comma, cod. pen., che costituisce, secondo l'orientamento espresso da questa Corte di legittimità, una misura di sicurezza personale facoltativa (Sez. 1 n. 51161 del 09/05/2018 Rv. 274652 ). Essa, quindi, trova la sua disciplina generale negli artt. 199 e ss. cod. pen., è può, pertanto, essere disposta soltanto se il giudice di merito, con congrua e logica motivazione, accerti - alla luce dei criteri posti dall'art.133 cod. pen. (come richiamati dall'art. 203 cod. pen.) - la sussistenza in concreto della pericolosità sociale del condannato (Sez. 4, n. 15447 del 14/03/2012, Nnake, Rv. 253507;Sez. 2, n. 39359 del 20/07/2016, Adna, Rv. 268303). Questo indirizzo, in linea di principio da condividersi e ribadirsi, si fonda sulla considerazione che la misura di sicurezza personale di cui si tratta non presenta alcun profilo di automatica obbligatorietà, essendo rimessa - al pari delle altre misure di sicurezza, a cui afferisce il regime giuridico stabilito in via generale dall'art. 202 cod. pen. - alla discrezionalità del giudice di merito, il quale la applica ogni volta che abbia verificato la sussistenza della pericolosità sociale. La natura in tal senso facoltativa della misura prevista dall'articolo 235 cod. pen. trova conferma nella lettera della norma, differente da quella che disciplina altri casi di espulsione, in particolare quello di cui all'art. 86 D.P.R. n. 309 del 1990 (il quale prescrive, in modo più stringente, che la misura "deve" essere disposta ogni volta in cui si riconosca la pericolosità sociale del condannato). Questa diversità si riflette sugli oneri motivazionali incombenti sul giudice, che è tenuto a esplicitare comunque la valutazione in ordine alla pericolosità sociale (anche sulla scorta di Corte cost., sent. n. 58 del 1995), pur se negativa, con conseguente mancata applicazione della misura, in caso di obbligatorietà della misura, ciò che non gli è invece richiesto laddove si tratti di misura facoltativa regolata dall'art. 235 cod. pen. (Sez. 1, n. 18901 del 21/03/2019 Rv. 276186).
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