Cass. civ., sez. II, sentenza 27/11/2019, n. 30984
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso 8615-2015 proposto da: C L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEVERE 44, presso lo studio dell'avvocato F D G, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato B D M;- ricorrente e c/ricorrente all'incidentale - AVOGADRO DEGLI AZZONI MALVASIA GHERARDO, in proprio ed in qualità di procuratore speciale di LUDESCHI FRANCESCA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI, 11, presso lo studio dell'avvocato E S R, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato P S R;- controricorrente incidentale - nonchè contro M A;- intimato - avverso la sentenza n. 2451/2014 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, depositata il 04/11/2014;udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/05/2019 dal Consigliere A O;udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale C M che ha concluso per la parziale inammissibilità e per il rigetto nel resto del ricorso principale e per l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato;uditi gli Avvocati DI G F, DE M Bruno difensori del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento delle difese esposte ed in atti. Fatti di causa L C, con atto di citazione del 7 giugno 2005, conveniva in giudizio le germane M e F L innanzi al Tribunale di Treviso - Sezione Distaccata di Conegliano. L'attore chiedeva la condanna delle convenute, ex art.2932 c.c., all'esecuzione in forma specifica di due contratti preliminari di compravendita immobiliare sottoscritti - rispettivamente- in data 16 marzo 2004 e 2 marzo 2005. Con i due detti negozi il Cendron si era impegnato ad acquistare per sé o per persona da nominare l'ampia barchessa di una villa veneta sottoposta a vincolo storico ed architettonico ai sensi del D.L.vo n. 42/2004, nonché la piena proprietà di una vasta area scoperta, anch'essa vincolata, di pertinenza della suddetta villa e rientrante nel complesso denominato "Villa Amalteo", il tutto al prezzo rispettivamente pattuito di C 258.230,00 e di C 50mila. Le convenute resistevano alla domanda attorea e, costituitesi in giudizio, deducevano la nullità ovvero l'annullabilità -per contrarietà a norme imperative e per indeterminatezza e/o indeterminabilità dell'oggetto, nonché per errore essenziale- di entrambi i suddetti contratti preliminari. Le medesime convenute avviavano, di poi con citazione in data 17 ottobre 2005, azioni nei confronti sia del Cendron, che del mediatore M Alberto.Quest'ultimi due resistevano, una volta avviato il separato giudizio, alla domande svolte dalle sorelle Lucheschi, domande delle quali chiedevano il rigetto. Il M proponeva, inoltre, domanda riconvenzionale nei confronti di entrambe le germane attrici. L'adito Tribunale di prima istanza, già disposta la riunione dei giudizi, con sentenza n. 1499/2010, dichiarò la nullità di entrambi i predetti contratti preliminari, rigettando la domanda attorea, nonché quella svolta nei confronti del mediatore M e l'altra da quest'ultimo esperita in via riconvenzionale nei confronti delle medesime sorelle attrici. La decisione del Giudice di prime cure veniva impugnata dal Cendron, nonché -con appello incidentale- dal M. Resistevano all'interposto gravame le germane appellate. L'adita Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 2451/2014, rigettava i proposti appelli, con condanna delle spese del giudizio in favore delle appellate. Avverso e per la cassazione della suddetta decisione della Corte territoriale ricorre il Cendron con atto affidato a due ordini di motivi e resistito con controricorso da F L in proprio e quale erede di M L. La controricorrente ha, altresì, interposto ricorso incidentale condizionato resistito con apposito controricorso dal ricorrente principale. Non ha svolto attività difensiva l'intimato M." Nell'approssimarsi dell'udienza hanno depositato memorie sia il ricorrente che la controricorrente. Ragioni della Decisione 1.- In via preliminare deve esaminarsi l'eccezione di improcedibilità del ricorso da ultimo sollevata dalla parte controricorrente con la memoria in data 4 marzo 2019. L'eccezione si fonda sull' "omesso deposito della copia notificata della decisione impugnata con la relazione di notificazione", nonché sulla citazione di molteplici decisioni in tema di applicazione dell'art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., tutte anteriori al 2017. Nella stessa memoria è testualmente specificato che "la copia notificata presso il procuratore è stata depositata in originale unitamente al controricorso". L'eccezione è infondata. Tanto poiché non risulta al circostanza dedotta a sostegno della eccezione e, comunque, le S.U. di questa Corte con sentenza n. 10648 del 2 maggio 2017, nel risolvere i contrasti in ordine all'applicazione della suddetta norma, hanno definitivamente affermato che "in tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest'ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perché prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l'istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio". 2.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di "violazione e falsa applicazione degli artt. 1418 cod. civ. in relazione alle norme tutte di cui al D.L.vo n. 42 del 2004 (ai sensi) dell'art. 360, n. 3 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, con riguardo all'esistenza dei presupposti per qualificare il bene oggetto di contratto preliminare quale bene culturale soggetto alle disposizioni del D.L.vo n. 42 del 2004". Quanto alla parte del motivo relativo alla suddetta prospettata violazione di legge deve osservarsi quanto segue. Con la decisione gravata, oggi in esame, la Corte territoriale modificava la ratio della nullità del contratto preliminare per cui è controversia (ritenuta in prime cure in relazione alla violazione della L. n. 47/85 dedotta e recepita nel primo grado dal Giudice). Detta Corte incentrava, viceversa, attenzione sulla "contrarietà a norme imperative", nonché sulla indeterminatezza dell'oggetto del contratto oggetto del seguente secondo motivo del ricorso. Il motivo ora in esame è, in punto, fondato.La prescritta riserva di autorizzazione ministeriale per l'alienazione di beni di valore storico-paesaggistico ex art. 56 D.L.vo n. 42/2004 è, infatti, prevista solo per "atti che alienano in tutto o in parte" beni storici, salva la denuncia (art. 59 D.L.vo. cit) al competente Ministero degli atti do trasferimento. Non sussiste, quindi, una prescrizione di legge che sanzioni con la nullità, in ipotesi come quella in esame, i contratti preliminari. La nullità di cui al suddetto art. 56 è, per di più, una nullità relativa. Al riguardo non può che rinviarsi al principio, qui ribadito e condiviso, della nota, condivisa e ribadita pronuncia (n. 4378/2012) delle si questa Corte secondo cui "l'art. 56, comma 1, lett. b), nonché comma 4 bis, sono le norme applicabili, in via preventiva, alle alienazioni dei beni culturali appartenenti a persone giuridiche private senza fini di lucro, in quanto richiedono che queste siano preventivamente autorizzate da parte del Ministero e che l'autorizzazione possa essere rilasciata "a condizione che dalla alienazione non derivi danno alla conservazione e alla pubblica fruizione dei beni medesimi". In proposito, ritiene il collegio di dover dare continuità all'indirizzo interpretativo, affermato già in tempi non recenti (cfr. Cass. n. 1429/1967 e S.U. n. 1440/71, nonché Cass. S.U. n. 5070/89) e ribadito in diverse successive occasioni (cfr. Cass. n. 5688/90, n. 4559/91, n. 10083/98, nonché di recente Cass. n. 10920/05 e n. 5773/09), con riferimento all'art. 61 della legge n.1089 del 1939, per il quale la nullità sancita da tale ultima norma ha carattere relativo, in quanto prevista nel solo interesse dello Stato e pertanto non può essere fatta valere nei rapporti fra altri soggetti o essere rilevata d'ufficio dal giudice. La norma di chiusura dell'art. 164, comma 1, del codice dei beni culturali di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004 ("le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti contro i divieti stabiliti dalle disposizioni del Titolo 1^ della Parte seconda, o senza l'osservanza delle condizioni e modalità da esse prescritte, sono nulli"), che trova applicazione con riferimento all'obbligo di preventiva autorizzazione ex art. 56, risponde al medesimo interesse statale e pertanto consente di riferire anche alla disposizione di più recente introduzione il principio già espresso con riguardo alla norma corrispondente della legge del 1939, della quale riproduce il tenore letterale. Quindi, unico legittimato a far valere la nullità della vendita di bene culturale perché compiuta in difetto dell'autorizzazione del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 56 è il Ministero competente al rilascio.' Per di più, ancora, non può non rilevarsi come la Corte territoriale ha, in effetti, del tutto elusa la valutazione del fatto, come in atti dedotto dalla odierna parte ricorrente, che la procedura di vincolo (D.L.vo n. 42/2004) del complesso denominato "Villa Amalteo" era stata avviata solo nel corso del giudizio di secondo grado (come da comunicazione ministeriale del 7.3.2011 depositata il 13.10 di quello stesso anno) e non sussisteva al momento della sottoscrizione dei preliminari per cui è causa. Il motivo deve, dunque essere accolto. 3.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio si deduce l'erroneità della gravata decisione per violazione degli artt. 1418 e 1436 c.c. in relazione agli artt. 1362 e 1367 c.c. ai sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c. Viene, altresì, dedotto l'omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, con riferimento all'indagine sull'oggetto dei contratti preliminari conclusi. Il motivo, con riguardo ad entrambi i profili dallo stesso sollevati, è fondato. Non risulta, innanzitutto, alcun cenno alla pur dovuta valutazione dell' "estratto di mappa colorato in blu ed allegato agli atti preliminari con annotazione a mano" ( così come detto nella nota depositata innanzi alla Corte territoriale il 26.11."10, doc. 4).Tanto al precipuo fine dei valutare sotto ogni aspetto la possibilità di ricostruzione ed identificazione dell'oggetto dei contratti preliminari. In altre parole, ancora, va rilevato che non si è tenuto conto della possibilità di determinazione dell'oggetto dei contratti dalla "inequivocabile identificazione dell'immobile compravenduto" a mezzo dell'accennato ricorso ai disponibili dati idonei scopo. Deve, al riguardo, inoltre osservarsi quanto segue non senza evidenziare come la giurisprudenza di questa Corte abbia, già da tempo, delineato un quadro generale per cui può esservi integrazione del contratto al fine della determinazione dell'oggetto e può anche non non esservi una perfetta coincidenza fra oggetto del contratto preliminare e di quello definitivo. Al fine della determinabilità dell'oggetto di un contratto ben può farsi ricorso ad una valutazione" in base ad elementi contenuti nel relativo atto scritto" quale "l'inequivocabile identificazione dell'immobile compravenduto per il tramite dell'indicazione dei confini o di altri dati oggettivi incontrovertibilmente idonei allo scopo e ad impedire, perciò, che rimangano margini di dubbio sull'identità del suddetto immobile" (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 29 maggio 2007, n. 12506).Alla bisogna può rinvenirsi idoneo strumento identificativo dell'oggetto nel frazionamento ancorchè predisposto e non ancora approvato così come evidenziato nel condiviso principio enunciato da Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 3 settembre 2013, n 20131, seocndo cui "ai fini dell'individuazione dell'oggetto di un contratto di trasferimento immobiliare, costituisce fondamentale strumento interpretativo l'utilizzazione dei dati risultanti dal tipo di frazionamento cui le parti abbiano fatto specifico riferimento, senza che assuma rilievo la circostanza che, alla data della stipulazione, il medesimo frazionamento non risultasse ancora approvato, venendo esso in considerazione non già nella sua efficacia tipica di atto della procedura di variazione catastale, che si perfeziona soltanto a seguito della approvazione, ma quale documento integrativo del negozio, formato sull'accordo dei contraenti". A tali condivisi e ribaditi principi questa Corte, nell'accogliere il fondato secondo motivo del ricorso principale non può che rinviare. 4.- Con il ricorso incidentale condizionato si lamenta la "violazione dell'art. 345, comma 3 c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 4 dello stesso codice". Detto ricorso è inammissibile per violazione del precetto di cui agli artt. 366 e 370.co. 2 c.p.c. in quanto lo stesso non contiene la prescritta esposizione sommaria dei farri di Il causa, ma la sola mera indicazione che la sentenza di appello ha respinto gli appelli avverso la sentenza di primo grado. Il ricorso qui in esame non è, pertanto, ammissibile. 5. - Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso principale va accolto ed il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile. La gravata sentenza, per effetto del detto accoglimento, va cassata con rinvio alla Giudice in dispositivo indicato che provvederà alla decisione uniformandosi ai principi innanzi enunciati.
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