Cass. pen., sez. III, sentenza 09/09/2020, n. 25439

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 09/09/2020, n. 25439
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25439
Data del deposito : 9 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1) C V, nata a Siracusa il 09/03/1982 2) M R, nato a Siracusa il 21/06/1990 3) A G, nato a Avola il 09/06/1998 4) M P, nato a Avola il 29/06/1993 avverso l'ordinanza del 07/11/2019 del Tribunale di Siracusa visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere G F R;
lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P F, ai sensi dell'art. 83, comma 12-ter, d.l. n. 18/2020, conv., con modiff., dalla I. n. 27/2020, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi;
letta la memoria difensiva di replica del 1° luglio 2020 depositata nell'interesse dei ricorrenti con cui si è insistito per l'accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7 novembre 2019, il Tribunale di Siracusa ha respinto le istanze di riesame proposte dagli odierni ricorrenti avverso il decreto di sequestro preventivo dei centri scommesse recanti insegna STANLEYBET dai medesimi gestiti in Siracusa e Avola, essendo stato ravvisato il fumus del reato di cui all'art. 4, comma 4-bis, I. 13 dicembre 1989, n. 401) in relazione alle scommesse dai medesimi raccolte in assenza dell'autorizzazione di cui all'art. 88 t.u.l.p.s. Il sequestro delle aziende - locali, materiale informatico, documenti - è stato autorizzato sul rilievo che la libera disponibilità delle stesse avrebbe consentito la ripresa dell'attività illecita, così protraendo ed aggravando le conseguenze del reato.

2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario, hanno proposto comune ricorso per cassazione i quattro indagati, deducendo la violazione della legge penale incriminatrice con riguardo al ritenuto fumus del reato. Premesso di avere tutti avanzato richiesta al Questore di Siracusa ai fini di ottenere l'autorizzazione di cui all'art. 88 t.u.l.p.s. per svolgere attività di trasmissione dei dati inerenti proposte negoziali di giocate alla S con sede a Malta - operatore comunitario autorizzato nel paese di appartenenza - con la quale avevano stipulato contratto di ricevitoria, i ricorrenti lamentano che tali istanze erano illegittimamente state disattese (quelle di Veronica Castelli, Roberto Miraglia e Giuseppe Amato erano state respinte per carenza del titolo concessorio;
quella di Pasquale Magliocco non aveva invece avuto alcun esito), senza che fossero peraltro stati rilevati motivi di ordine pubblico o elementi soggettivi squalificanti idonei a giustificare una limitazione delle libertà fondamentali tutelate dal diritto europeo. Richiamando nel corposo ricorso la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea e quella nazionale (penale ed amministrativa) formatasi sul punto, i ricorrenti evidenziano che S è operatore comunitario ed è sempre stato illegittimamente discriminato, in violazione del diritto dell'Unione europea, nel rilascio di concessione per operare in Italia quale soggetto abilitato alla raccolta di scommesse, dapprima nelle c.d. gare Coni del 1996 e Bersani del 2006, da ultimo nel c.d. Bando Monti (art. 10, comma 9-octies, d.l. n. 16 del 2012). Nei loro confronti non poteva pertanto essere applicata la sanzione penale prevista dall'art. 4, comma 4-bis, I. 401/1989, dovendo il giudice nazionale disapplicare tale disposizione in quanto contrastante con gli artt. 49 e 56 t.u.f.u.e., trattandosi di restrizione della libertà di stabilimento e prestazione dei servizi non coerente né sistematica, tantomeno proporzionata, ed inoltre contrastante con i principi di concorrenza, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento, certezza del diritto, equivalenza, effettività, tutela del legittimo affidamento e leale collaborazione. In particolare, contrariamente a quanto affermato nell'ordinanza impugnata - che ha ritenuto violato il divieto di intermediazione previsto dall'art. 2 d.m. n. 111/2006, erroneamente qualificando i centri gestiti dai ricorrenti quali punti di raccolta di scommesse nel "gioco a distanza" - i Centri Trasmissione Dati (CTD) dei ricorrenti erano qualificabili come luoghi di vendita appartenenti alla rete fisica della S ed il citato art. 2 d.m. 111/2006 ammette che i concessionari raccolgano scommesse a mezzo di propri CTD, sì che pure nei loro confronti opera il divieto di applicare sanzioni penali che si pongano in contrasto con le disposizioni di matrice eurounitaria, divieto nel caso della S e dei propri CTD ripetutamente affermato dalla giurisprudenza europea e da quella nazionale. Si lamenta, inoltre, che - soffermandosi soltanto sulla clausola contenuta nella lett. 3) dell'accordo di prestazione servizi sottoscritto dai ricorrenti con S e omettendo di valutare l'intero contenuto del contratto - il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che il mandato conferito si limitasse alla sola prestazione di un servizio di trasmissione dati e non autorizzasse invece i centri alla diretta raccolta delle scommesse.

3. Con successiva memoria depositata in Cancelleria, i ricorrenti hanno insistito sulle argomentazioni e conclusioni già rassegnate nel cumulativo ricorso, come pure hanno fatto con la memoria di replica alle conclusioni scritte con cui il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L'ordinanza impugnata afferma che il contratto concluso tra gli indagati e S - a quanto par di capire, di identico contenuto per tutti e quattro i ricorrenti - li autorizzava soltanto a trasmettere al bookmaker le scommesse effettuate dai clienti, senza poter invece raccogliere le giocate in contanti e pagare le vincite e che gli stessi, al di fuori di un rapporto contrattuale formalizzato, avevano invece dato vita ad una forma di intermediazione tra clienti e allibratore straniero vietata dall'art. 4, comma 4-bis, I. 401/1989, sì che la loro attività non poteva essere riferita alla S, con conseguente inapplicabilità delle disposizioni di matrice eurounitaria invocate in ricorso.

2. Questa ricostruzione, tuttavia, appare in contrasto con gli accertamenti di polizia che la stessa ordinanza riepiloga, sì che la complessiva lettura del provvedimento - che, come si vedrà, da un lato, richiama principi giurisprudenziali non pertinenti rispetto al caso di specie e, d'altro lato, non considera il contesto normativo delineato nel d.m. 111/2006, invocato dagli indagati - non consente di comprendere l'iter logico giuridico posto a base della decisione. La motivazione, dunque, è soltanto apparente, ciò che integra gli estremi della violazione di legge di cui all'art. 125, comma 3, cod. proc. pen. deducibile anche col ricorso per cassazione avverso provvedimenti cautelari reali, essendo fondata su argomentazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto (Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, G, Rv. 260314), sì da integrare un vizio tanto radicale da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza che consentano di rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, I, Rv. 239692;
Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli e a., Rv. 269656;
Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, F, Rv. 269296).
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