Cass. pen., sez. IV, sentenza 04/10/2019, n. 40800

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 04/10/2019, n. 40800
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 40800
Data del deposito : 4 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MTI ANDREA nato a OVARO il 21/01/1990 avverso la sentenza del 11/06/2018 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A E;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore D C che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. E' presente l'avvocato A M del foro di TORINO in difesa di MTI ANDREA il quale illustrando i motivi del ricorso insiste per l'accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Udine del 12 gennaio 2016, ha ridotto la durata della sospensione della patente di guida per anni due e ha confermato la condanna emessa nei confronti di M A alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione per il reato di cui all'art. 589 cod. pen.. 1.1. In ordine alla ricostruzione della vicenda, il Tribunale ha premesso che il pre- sente procedimento concerne l'esito mortale delle lesioni riportate da D F A, trasportata in data 30 gennaio 2012 sul sedie posteriore dell'auto Skoda Yeti condotta da D F S lungo la S.R. 355 con direzione Ovaro - Villa Santina, a seguito dell'urto avvenuto tra detto mezzo e il rimorchio trainato dal trattore agri- colo Same, carico di tronchi appena tagliati, guidato da M A, dopo che tale mezzo si era immesso nella predetta strada regionale dalla strada vicinale "Lo- calità Ombladina". D F A decedeva a causa dei traumi conseguenti all'urto dei due mezzi. Al momento del fatto il luogo del sinistro era completamente buio, i segnali lumi- nosi posteriori del trattore non erano funzionanti e il lampeggiante stroboscopico pre- sente sulla sommità della cabina non era attivo in violazione dell'art. 112, comma 4, C.d.S.: in caso di un loro dovuto e corretto funzionamento, D F S avrebbe avvertito la presenza del rimorchio, subito dopo aver superato un dosso, molto prima dei venti metri del raggio visivo del suo mezzo. Nella parte posteriore del rimorchio era presente un cartello segnalante "carico sporgente", non conforme alla figura V di cui all'art. 361 Reg. C.d.S.;
i catarifrangenti posteriori del rimorchio erano del tutto offuscati e scheggiati, per cui, in caso di do- vuta e corretta attivazione dei segnali di illuminazione tra il superamento del dosso e l'incrocio, la visibilità sarebbe stata di circa m. 150, tale da consentire agevolmente di frenare o di effettuare manovre di emergenza. Il trattore procedeva ad andatura lenta, tenuto conto delle sue condizioni e del notevole carico. La velocità di D F S non era calcolabile con certezza, ma era contenuta entro i limiti previsti su quel tratto stradale.

1.2. La Corte territoriale ha ritenuto corretti i calcoli aritmetici effettuati dal con- sulente del pubblico ministero, dai quali era emerso che il tempo totale impiegato dal trattore, sommando il tempo di accelerazione, il tempo dovuto alla velocità di crociera del trattore e il tempo di frenata, era di 11,2 secondi;
il veicolo Skoda si trovava ad una distanza compresa ad una distanza compresa tra i 237 m. e i 250 m. dal luogo di posizione di quiete. Si poteva accertare che, in condizione di visibilità notturna, i proiettori anabbaglianti potevano essere scorti reciprocamente da entrambi i veicoli.Tenuto conto, invece, della mancanza di fanali posteriori accesi e del dispositivo luminoso lampeggiante stroboscopico non funzionante del trattore guidato dal Moro- cutti, il conducente del veicolo Skoda avrebbe potuto cominciare a vedere la sagoma del rimorchio solo a circa m. 20 da detto mezzo. Il M, peraltro, avrebbe do- vuto percepire l'arrivo del veicolo guidato da D F S, i cui fari anabbaglianti erano accesi, e, conseguentemente, desistere dall'immettersi nella SR 355, proce- dendo con la massima cautela, essendo a conoscenza dell'assenza di illuminazione del proprio veicolo e della mancanza di illuminazione del carico posteriore. Secondo le risultanze della consulenza del P.M., condivise dalla Corte territoriale, tra il superamento del dosso e il punto d'urto v'era una distanza di 150 metri, ben superiore al raggio di illuminazione degli anabbaglianti di D F S. Tale di- stanza sarebbe stata idonea a consentire, in caso di funzionamento degli impianti di illuminazione attiva e passiva, al conducente dell'autovettura notevoli margini di fre- nata e di manovre di emergenza, utili ad evitare l'impatto o a determinarne un altro meno grave.

2. Il M, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.

2.1. Inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 40 cod. pen. e correlato vizio di motivazione. Si deduce che a pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata è stato osservato che entrambi i veicoli si sarebbero potuti reciprocamente vedere, per cui D F S avrebbe dovuto adeguare la velocità e l'attenzione nella guida. Si ravvisa altresì l'illogicità delle seguenti affermazioni contenute in sentenza: l'av- vistamento del M da parte di D F S solo ad una distanza di m. 20, avendo quest'ultimo di certo percepito, quando era ancora distante, i proiettori anab- baglianti del trattore;
l'attribuzione della responsabilità al M, per non avere desistito dall'imboccare la SR 35. Il trattore guidato dal M era dotato di cartello di segnalazione del carico e, parzialmente, di catarifrangenti, dispositivi che aumentavano le possibilità di avvista- mento anche a rr aggiore distanza;
il fascio luminoso proiettato dai fari anabbaglianti dell'auto Skoda guidata da D F S avrebbe dovuto consentire al conducente di percepire ostacoli situati ad una distanza di almeno 30/40 m. e di porre in essere la reazione, che avrebbe consentito di evitare l'impatto o di ridurre le conseguenze.

2.2. Vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze at- tenuanti generiche.Si rileva che la Corte di appello ha valutato i medesimi profili considerati per la commisurazione della pena anche ai fini del diniego delle circostanze attenuanti ge- neriche, senza valutare l'incensuratezza, la condotta successiva al reato e le condi- zioni di vita del rvlorocutti.
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