Cass. pen., sez. III, sentenza 08/02/2023, n. 05454

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 08/02/2023, n. 05454
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05454
Data del deposito : 8 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da P D, nato a San Severino Marche il 17-11-1985 avverso la ordinanza del 14-06-2022 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Macerata;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso trattato ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020;
udita la relazione del Consigliere V D N;
Letta la requisitoria del Procuratore generale, L B, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. È impugnata l'ordinanza emessa in data 14 giugno 2022 con la quale il I Tribunale di Macerata ha rigettato il reclamo proposto dal ricorrente avverso il decreto di archiviazione pronunciato dal Gip in data 29-31 marzo 2022, ai sensi dell'art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. per la particolare tenuità del fatto.

1.1. Il ricorrente, nell'interposto reclamo, premetteva di aver ricevuto un avviso di conclusione delle indagini preliminari nel quale si ipotizzava a suo carico il reato di cui all'art. 256, comma 1, d.lgs. 4 aprile 2006, n. 152 poiché, in qualità di legale rappresentante della Pandolfi Rottami s.r.I., effettuava la gestione illecita di circa 370 kg di apparecchiature RAEE costituite schede elettroniche/ conferendole per il trasporto a S S proprietario dell'autocarro targato CV068EY mezzo non autorizzato per il trasporto di tali rifiuti. Commesso in Pollenza in data 28 marzo 2018. Aggiungeva che, con istanza notificata in data 13 gennaio 2022, il pubblico ministero, pur ritenendo fondata la notizia di reato, aveva richiesto l'archiviazione del procedimento in ragione della particolare tenuità dei fatti contestati, cosicché, con atto depositato in data 22 gennaio 2022, il difensore proponeva opposizione alla richiesta di archiviazione, evidenziando, in limine, l'interesse ad opporsi avverso la richiesta di archiviazione (interesse consistente nell'ottenimento di un provvedimento di archiviazione più favorevole che non comportasse la memorizzazione nel casellario di un fatto di reato seppure particolarmente tenue). Argomentava, quindi, sulla manifesta infondatezza della notitia crimins e chiedeva che fosse disposta l'archiviazione del procedimento per infondatezza del reato ipotizzato e, in via subordinata, stante l'evidente interesse a poter dimostrare, in dibattimento, la propria totale estraneità ai fatti ascrittigli, chiedeva che il Gip restituisse gli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell'art. 409, commi 4 e 5, cod. proc. pen. Esponeva che, all'esito della camera di consiglio del 29 marzo 2022, il Gip disponeva, invece, l'archiviazione del procedimento, ritenendo che: a) gli elementi probatori desumibili dal fascicolo del P.M. costituissero "idoneo quadro di accusa in ordine alla sussistenza del reato contestato";
b) fosse "condivisibile la prospettazione del P.M. circa l'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen.";
c) fosse "irrilevante la richiesta dell'indagato di esercizio della azione penale (essendo evidente il possibile interesse ad una prossima prescrizione, allo stato interrotta dalla fissazione della camera di consiglio)". L'indagato, pertanto, reclamava avverso il provvedimento con il quale il Gip aveva rigettato l'opposizione all'archiviazione, ricorrendo al tribunale monocratico di Macerata e dolendosi, in primo luogo, della violazione dell'art. 411 comma 1- bis, cod. proc. pen., da ritenersi, a suo avviso, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il giudice, su richiesta dell'indagato formulata in sede di opposizione, debba restituire gli atti al P.M. affinché eserciti l'azione penale. A tal proposito, precisava che, con il reclamo, non intendeva contestare le valutazioni del Gip in merito alla fondatezza del quadro accusatorio e alla particolare tenuità del fatto, bensì intendeva censurare l'impugnata ordinanza nella parte in cui aveva ritenuto "irrilevante" ed aveva, dunque, disatteso la richiesta, avanzata dalla difesa in via subordinata rispetto all'archiviazione per infondatezza della notitia criminis, di restituzione degli atti al pubblico ministero affinché esercitasse l'azione penale e consentisse all'indagato di dimostrare la propria assoluta innocenza con tutti gli strumenti e le garanzie riconosciute dalla legge. Dopo aver sottolineato le differenze che intercorrono tra l'archiviazione per manifesta infondatezza della notitia criminis e quella disposta per la particolare tenuità del fatto, il ricorrente ricordava che quest'ultima presuppone l'accertamento di un fatto di reato, con la conseguenza che il provvedimento del Gip che accoglie tale richiesta deve essere iscritto nel casellario giudiziale. Dopo aver ricordato le cadenze procedimentali in caso di opposizione all'archiviazione per la particolare tenuità del fatto, opposizione alla quale è legittimato l'indagato all'evidente fine di ottenere un provvedimento di archiviazione più favorevole che non comporti la memorizzazione nel casellario di un fatto di reato seppure particolarmente tenue, il ricorrente assumeva che l'art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., tuttavia, nel definire i possibili esiti della camera di consiglio, non distingue a seconda che l'opposizione sia presentata dalla persona offesa o dall'indagato, né stabilisce a quali condizioni il Gip deve accogliere la richiesta di archiviazione o restituire gli atti al P.M., cosicché, a suo avviso, una lettura costituzionalmente orientata della norma avrebbe imposto di ritenere che, nei casi in cui l'indagato, subordinatamente all'archiviazione per infondatezza della notizia di reato, chiedesse la restituzione degli atti al P.M. affinché eserciti l'azione penale, il Gip fosse tenuto ad accogliere tale richiesta. Se così non fosse, infatti, l'indagato, senza aver potuto esercitare appieno le sue facoltà difensive, vedrebbe automaticamente riconosciuta, a suo carico, una responsabilità penale che, pur non comportando l'irrogazione di una sanzione, non è comunque scevra di conseguenze proprio perché il definitivo "accertamento" di un fatto di reato particolarmente tenue, oltre ad essere iscritto nel casellario, impedirebbe all'autore del fatto di poter beneficiare dell'applicazione dell'art. 131- 3 bis cod. pen. qualora in futuro fosse riconosciuto responsabile di un nuovo fatto particolarmente tenue della stessa indole. Chiedeva, perciò, al tribunale del reclamo, qualora avesse ritenuto che l'attuale formulazione dell'art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. fosse ostativa all'interpretazione costituzionalmente orientata fornita dal reclamante, di sollevare una questione di illegittimità costituzionale del citato comma 1-bis dell'art. 411 cod. proc. pen. per manifesta contrarietà all'art. 24 della Costituzione, sottolineando come tale questione, oltre che non manifestamente infondata, fosse altresì rilevante nel giudizio, dal momento che il Gip aveva ritenuto "irrilevante" la richiesta dell'indagato di restituzione degli atti al P.M. ai fini dell'esercizio dell'azione penale. In particolare, affermava che il Gip aveva ritenuto di poter discrezionalmente respingere la richiesta dell'indagato, sostenendo, peraltro, che tale richiesta potesse essere animata dalla finalità di perseguire la prescrizione del reato (e non considerando invece che proprio lo spettro della prescrizione aveva costituito la ragione principale per la quale il P.M. aveva tentato di "chiudere" il procedimento con una richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto). Concludeva, infine, precisando che l'art. 410-bis, comma 2, cod. proc. pen. stabilisce che "l'ordinanza di archiviazione è nulla solo nei casi previsti dall'articolo 127, comma 5" e affermava come anche tale disposizione - ove letta nell'interesse dell'indagato che si era visto respingere l'opposizione e che si vedeva definitivamente "accertato" il fatto di reato particolarmente tenue - dovesse ritenersi manifestamente contraria con quanto disposto dagli artt. 24, comma 2, e 111, comma 7, della Costituzione, non consentendo allo stesso indagato di dedurre un vizio di violazione di i legge. Instava, quindi, affinché Tribunale del reclamo, se del caso previo giudizio incidentale di legittimità costituzionale, dichiarasse la nullità dell'ordinanza di archiviazione adottata dal Gip di Macerata e, per l'effetto, disponesse la restituzione degli atti al pubblico ministero, eventualmente provvedendo ai sensi dell'art. 409, commi 4 e 5, cod. proc. pen.

1.2. Il Tribunale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., che il ricorrente chiedeva al giudice del reclamo di sollevare, affermando che la disciplina introdotta dall'art. 411 comma 1-bis cod. proc. pen. non viola gli artt. 24, comma 2, e 111, comma 7, Cost., essendo il diritto di difesa garantito dalla specifica procedura che prevede, in prima battuta, il contraddittorio delle parti dinanzi al Gip e la celebrazione di una udienza camerale a seguito dell'opposizione proposta dall'indagato o dalla persona offesa avverso la richiesta di archiviazione del P.M. per particolare tenuità del fatto e, successivamente, prevede, in conseguenza della novella ex lege n. 103 del 2017, il reclamo dinanzi al Tribunale in composizione monocratica, mentre il previgente art. 409, comma 6, cod. proc. pen. prevedeva la possibilità di ricorrere per cassazione. Il Tribunale ha poi sottolineato come il rimedio auspicato dal reclamante (ossia di vincolare, in caso di opposizione, il P.M. all'esercizio dell'azione penale) contrastasse con il sistema processuale e, conclusivamente, ha rigettato il reclamo ritenendolo infondato.
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