Cass. civ., SS.UU., sentenza 10/09/2013, n. 20698
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Non incorre in eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera riservata al legislatore la decisione del Consiglio di Stato che abbia annullato un regolamento ministeriale escludendone il suo carattere di norma primaria - asseritamente determinato da rinvio recettizio ad opera della legge successiva - ove tale risultato sia stato, con evidenza, raggiunto in via interpretativa, non assumendo alcun rilievo l'esito dell'interpretazione, come tale ricadente in un (eventuale) errore di giudizio, sottratto al sindacato delle Sezioni Unite. (Nella specie, con il d.m. 256 del 2003 il Ministero dell'economia e delle finanze aveva dettato i criteri per il riconoscimento dell'esenzione di accise per biodiesel e tale disciplina era stato oggetto di richiamo da parte della legislazione successiva; le S.U., dopo aver sottolineato l'inesistenza di un evidente rinvio materiale - che, di per sé, avrebbe escluso ogni attività interpretativa - hanno posto in risalto che il Consiglio di Stato, con effettiva, ampia e articolata motivazione, aveva attribuito al richiamo del citato regolamento valenza strumentale "di servizio" a carattere provvisorio e non integrativa della norma).
Non sussiste giudicato implicito sulla giurisdizione allorché l'interesse a sollevare l'eccezione del difetto di giurisdizione, nella specie per aver invaso la sfera delle attribuzioni riservate al legislatore, annullando una norma regolamentare diventata primaria in forza di rinvio recettizio, sorga sulla base del percorso decisionale in concreto adottato dal giudice in grado di appello.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. A M - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente di sez. -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. M L - rel. Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22004-2012 proposto da:
NOVAOL S.R.L., OIL.B. UNIPERSONALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato M L, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati INVERNIZZI ROBERTO, C E R, per delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
M S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLE MUSE 8, presso lo studio dell'avvocato P A, che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
contro
ECO FOX S.R.L. - SOCIETÀ UNIPERSONALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 56, presso lo studio dell'avvocato G B, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato CORTIGLIONI STEFANO, per procura speciale del notaio dott. Enrico Marchionni di Pesaro, rep. 579241 del 30/04/2013, in atti;
- resistente con procura -
AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore protempore, MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO DELLE SVILUPPO ECONOMICO, MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI, MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO, in persona del rispettivi Ministri pro-tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
e contro
ALCHEMIA ITALIA S.R.L. in liquidazione, GDR BIOCARBURANTI S.R.L., BIODESEL BOKEL GMBH, CEREAL DOCKS S.P.A., BIODIESEL VIENNA GMBH, MUNZER BIOINDUSTRIE GMBH, FOX PETROLI S.P.A., GREENENERGY INTERNATIONAL LTD, RHEINISCHE BIO ESTER GMBH &CO KG, DIESTER INDUSTRIE S.A.S., BIODIESEL KARNTEN GMBH, ITAL GREEN OIL S.R.L., COMLUBE S.R.L. in liquidazione, PINUS TKI D.D., AGROINVEST S.A., CAFFARO BIOFUEL S.R.L., FAR FABBRICA ADESIVI RESINE S.P.A., B.F. OILS LIMITED, BIONOR TRANSFORMACION S.A., NOVAOL AUSTRIA GMBH, DP LUBRIFICANTI S.R.L., ITAL BI OIL S.R.L., POLIOLI S.P.A., REDOIL ITALIA S.P.A. in liquidazione, NATURAL ENERGY WEST GMBH;
- intimati -
avverso la sentenza n. 812/2012 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 16/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;
uditi gli avvocati Roberto INVERNIZZI, Emanuele COGLITORE per delega dell'avvocato Luigi Manzi, Stefano CORTIGLIONI, Alessandro PACE, Massimo BACHETTI dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi principale ed incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La soc. Mythen ebbe a proporre, tra il 2006 ed il 2008, quattro ricorsi al TAR per il Lazio per l'annullamento del D.M. N. 256 del 2003 del M.E.F. e dei suoi atti applicativi emessi dalla Agenzia delle Dogane ed aventi ad oggetto l'assegnazione alla Mythen di determinati quantitativi di tonnellate di biodiesel in esenzione di accisa sul contingente annuale previsto: le censure della ricorrente si appuntavano sul D.M. n. 256 del 2003 adottato in attuazione dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 21, comma 6 e là dove esso decreto aveva dettato criteri per fissare i limiti della prevista esenzione dalla accisa. Il primo giudice amministrativo, pronunziando sulle impugnazioni riunite, nella sentenza 11.02.2010 ha ravvisato che l'oggetto comune e principale delle impugnazioni era proprio il D.M. n. 256 del 2003, atto imputato, in quanto fonte di natura regolamentare, di una diretta violazione dei precetti costituzionali e quindi di vizi di carattere sostanziale ed ha pertanto considerato che, su tali basi, essendo la conoscenza del regolamento di molto anteriore alla proposizione del primo ricorso Mythen, tutti i ricorsi dovessero essere ritenuti irricevibili per tardività. La sentenza è stata impugnata dalla soc. Mythen contestandosi radicalmente la affermata tardività delle impugnazioni in relazione al reale momento dell'insorgere dell'interesse impugnatorio e quindi proponendosi doglianze di omessa pronunzia sulle questioni poste della illegittimità comunitaria del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 21, comma 6 e successive modificazioni, della illegittimità dei criteri
posti dal D.M. n. 256 del 2003, art. 4 nell'assegnare i contingenti di biodiesel beneficianti della esenzione di accisa e della maturazione di un credito risarcitorio. Costituitisi il M.E.F., il Ministero dello Sviluppo, il Ministero dell'Ambiente, il Ministero delle Politiche Agricole alimentari e forestali nonché l'Agenzia delle Dogane, e non costituitesi le società intimate (tra le quali, per quel che occupa, le socc. Oil.B. Unipersonale e Novaol), il Consiglio di Stato con sentenza 16.2.2012, in riforma della decisione impugnata relativamente alla dichiarata improcedibilità delle impugnazioni Mythen, ha accolto le stesse impugnazioni e pertanto ha annullato il D.M. n. 256 del 2003, art. 4, comma 2 e gli atti applicativi sull'assunto sostanziale della perpetrata frustrazione delle regole della concorrenza e delle attese delle nuove imprese sul mercato da parte della data regola di agevolazione delle accise delle produzioni di biodiesel e nel quadro formale di una perpetrata violazione della Direttiva 2003/30/CE, delle leggi nazionali e degli artt. 3-41-53-97 Cost. Ha anche ordinato la rideterminazione per tre annualità del quantitativo di biodiesel in esenzione od agevolato, anche a titolo di risarcimento del danno.
Nella articolata motivazione della sentenza il Consiglio di Stato ha, per quel che rileva ed in sintesi:
A) ricostruito la storia della normativa primaria e secondaria di rilievo, affermando che la disciplina di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 21, comma 6 e successiva modifica di cui al L. n. 388 del 2000, art. 22, comma 2 regolava la esenzione dalla accisa del
biodiesel nei limiti di un contingente annuo di 300.000 tonnellate secondo i criteri demandati al decreto ministeriale regolamentante i requisiti soggettivi e le caratteristiche del prodotto, che il D.M. n. 256 del 2003 aveva quindi adottato regolamento di determinazione delle condizioni per l'applicazione dell'accisa agevolata ed all'art. 4 aveva previsto criteri di riduzione ponderata della base di computo della agevolazione nei casi di eccedenza del contingente annuo di 300.000 tonnellate, che il successivo L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 521 aveva ridotto a 200.000 tonnellate annue il contingente
annuo di esenzione dall'accisa e che ulteriori precisazioni su detto contingente erano state dettate dalla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 421 e la L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 371 (che aveva
introdotto in sostituzione dell'originario art. 21 del D.Lgs. n. 504 del 1995), che nel corpo di detti provvedimenti (quello del 2006
recante l'art. 22 bis, con nuova delega di regolamento attuativo dei criteri) era stata posta previsione di adozione di un nuovo D.M. regolamentare e di applicazione medio tempore del D.M. n. 256 del 2003 e previa autorizzazione da parte della Commissione Europea), che nel frattempo era intervenuta la direttiva 2003/30/CE attuata in Italia con il D.Lgs. n. 128 del 2005, artt. 1 e 3 che sino alla emanazione del nuovo ed ut supra atteso D.M. n. 156 del 2008 i criteri di ripartizione della quota agevolata di biodiesel erano stati pertanto dettati dal richiamato D.M. n. 256 del 2003, che la fonte normativa primaria del detto D.M. era dunque e restava il citato D.Lgs. 504 del 1995, art. 21, comma 6;
B) chiarito la portata normativa e le condizioni di efficacia temporale del regolamento in relazione al succedersi di una fonte primaria ad altra che pur non lo richiami e rammentato il regime di impugnazione del regolamento stesso con riguardo alla specificità dell'interesse leso ed alla tipologia dei vizi dai quali sia afflitto e la possibilità di pervenire tanto alla invalidazione diretta quanto alla mera disapplicazione del regolamento in discorso, con la conseguenza ,da trarre nella specie di ritenere - contrariamente a quanto opinato dal primo giudice - che l'interesse alla impugnazione di Mythen era palesemente insorto solo con l'adozione degli atti derivati;
C) disatteso la censura di illegittimità comunitaria del D.Lgs. n.504 del 1995, art. 21, comma 6 novellato, per contrasto con la
direttiva 2003/30/CE, e rigettato la censura di recepimento materiale dei criteri di cui al D.M. n. 256 del 2003, art. 21, comma 6 da parte delle richiamate leggi 311/2004, 421/2005, 296/2006, in particolare ed a tal ultimo proposito contestando che sussistessero le condizioni per sollevare questioni di legittimità costituzionale (artt. 3-41-53- 97 Cost.) a carico di dette norme di legge come "implementate" dai criteri del regolamento recepito: ad avviso del Consiglio di Stato non sussisteva affatto la ventilata ipotesi di rinvio materiale o di integrazione regolamentare della fattispecie legislativa, viceversa essendosi verificato soltanto il richiamo temporaneo ed attuativo delle norme regolamentari in un quadro di protratta loro "utilizzazione";e di qui la conseguenza per la quale era ben consentito al giudice amministrativo il sindacato delle norme regolamentari assumendo a parametro di detto sindacato le norme primarie;
D) ritenuto invece fondato il motivo di appello denunziante di eccesso di potere, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento le regole di cui al D.M. n. 256 del 2003, art. 4, comma 2 nella parte in cui portavano ad evidenza come il meccanismo regolamentare di ingresso alle agevolazioni consentiva il risultato di pervenire alla attribuzione della quantità di biodiesel agevolato facendola dipendere in modo irragionevole dal "dato storico" della produzione immessa in consumo, e ciò a danno della impresa che intendeva accedere al mercato ed a sostanziale difesa delle posizioni storicamente definite, con un pregiudizio rinnovato anche con riguardo alle annualità successive alla prima e perpetrando pertanto sia una indiscutibile distorsione della concorrenza sia una palese dissonanza dalla direttiva 2003/30/CE e dagli artt. 3, 41, 53 e 97 Cost.. Contro la stessa sentenza 812/12 del Consiglio di Stato, sono stati proposti due ricorsi principali ed un ricorso incidentale e, segnatamente:
A) un ricorso di OILB. s.r.l. Unipersonale notificato l'1.10.2012 alle Amministrazioni dello Stato, a Mythen ed a società ulteriori (Alchemia Italia, Carfaro Biofuel, Cereal Docks, Comlube, F.A.R., Fox Petroli, GDR Biocarburanti, Ital BI OIL, Ital Green OIL, NOVAOL, Polioli, Redoil Italia, D.P. Lubrificanti, Diester Industrie);
B) un ricorso di NOVAOL notificato l'1.10.2012 agli stessi soggetti di cui sopra (tranne Diester Industrie ma anche a OIL.B. s.rl. unipersonale.
C) agenzia delle Dogane e le altre Amministrazioni hanno proposto due controricorsi in data 12.11.2012 notificandoli a Novaol, Oil.B. e Mythen ed in esso articolando ricorsi incidentali diretti alla cassazione della sentenza in accoglimento del ricorso principale e di quello incidentale stesso;
Mythen ha notificato controricorsi avverso i ricorsi principali e controricorso avverso l'incidentale delle Amministrazioni statali. ECO FOX s.r.l. ha depositato procura speciale 30.3.2013 in vista della partecipazione alla discussione orale.
Fissata udienza in data 11.6.2013, l'Avvocatura generale, OIL.B., NOVAOL e M hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. ed i loro difensori, nonché il difensore di ECO FOX, hanno discusso oralmente. MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio, pronunziando sulle impugnazioni principali ed incidentali, tutte convergenti nel predicare ad opera della sentenza impugnata la perpetrazione di un "eccesso di potere ai danni del legislatore", che le impugnazioni siano infondate. I due ricorsi principali, di identico contenuto, dopo aver ricostruito il quadro normativo "di sfondo" e dopo aver descritto le impugnazioni Mythen e gli esiti processuali in primo e secondo grado, sviluppano le censure di eccesso di potere giurisdizionale predicando l'essersi realizzato un eccesso di potere del giudice amministrativo e tal eccesso illustrando attraverso la denunzia di svariati errores in procedendo per poi arrivare al cuore della questione: ad avviso delle ricorrenti le norme primarie successive (quelle di cui alle L. n. 311 del 2004 - L. n. 266 del 2005 - L. n. 296 del 2006),
richiamando in sè il D.M. del 2003 a "completamento" del proprio contenuto prescrittivo sui criteri di ripartizione dei benefici in fase transitoria, avrebbero operato un rinvio materiale al D.M. n. 256 del 2003, si che il Consiglio di Stato avrebbe dovuto astenersi dall' annullare l'art. 4, comma 2 del predetto D.M. perché il diverso assunto avrebbe significato, come ha significato, nulla più che annullare norme primarie direttamente assegnanti i quantitativi di biodiesel in regime di esenzione da accisa, operazione certamente non consentita.
I ricorsi, per sostenere tale prospettazione, seguono il seguente itinerario: A) contestano la rilevanza della temporaneità del richiamo cui la sentenza affida la decisione sul carattere non materiale del rinvio, B) affermano che proprio la qualità dei richiami fatti dalle tre leggi finanziarie denotava l'esistenza della integrazione normativa e contestano che il condizionamento di applicazione con la formula "in quanto compatibili" avesse rilievo di sorta, C) traggono conforto a tale affermazione dalla ampiezza e pregnanza delle regole recepite e dalla carenza di alcun precetto sostitutivo nelle norme di legge succedutesi nel richiamo. E di qui la conclusione per la quale le assegnazioni avvennero direttamente in forza di legge sì che la loro contestazione avrebbe finito per impingere su norme primarie e la decisione da parte del giudice amministrativo, pertanto, non avrebbe potuto che essere declinata, ogni dubbio sulla ragionevolezza dei criteri delle assegnazioni dovendo essere invece rimesso alla Corte Costituzionale. Più sintetico il ricorso incidentale dell'Avvocatura Generale che, in adesione ai ricorsi di OIL.B e NOVAOL predica l'eccesso nell'avere il Consiglio di Stato annullato una norma regolamentare diventata primaria in forza del rinvio recettizio di cui al L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 521 L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 421, L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 371. M ampiamente controdeduce eccependo sia la preclusione a far valere solo avverso la sentenza d'appello la questione di giurisdizione sia la inconsistenza della ipotesi di eccesso di potere ai danni del legislatore essendo stata svolta solo attività di interpretazione delle norme di legge operanti il preteso "rinvio" (nulla più che un richiamo) ed osservando, nel merito, la correttezza della lettura normativa data.
Va in primo luogo espresso dissenso dalla eccezione di preclusione sollevata da M, essendo proprio quello in disamina il caso in cui è ammissibile una questione di giurisdizione secundum eventum litis (SU 11075 del 2012). La preclusione, è noto, è stata recepita nell'art. 9 comma 2 del C.P.A. approvato con D.Lgs. n. 104 del 2010, ratione temporis applicabile alla specie, ed è frutto della elaborazione dei principii di queste Sezioni Unite posti sin dalla sentenza 24883 del 2008 ed in questi anni costantemente ribaditi sino alle recenti decisioni 148 e 4214 del 2013. Il rilievo della controricorrente Mythen non appare però cogliere nel segno ma non già, come in modo inconferente eccepito da NOVAOL ed OIL.B., perché si dovrebbe ritenere ancora "aperta" la questione di giurisdizione in forza della questione posta nel quarto motivo di appello M (che avrebbe consentito, in quanto fonte di dubbi di legalità del D.M. in contestazione, di ritenere contestata la base di valutazione della sua efficacia normativa primaria). Di contro, e più generalmente, va rammentato che, se è ben vero che nell'attuale regime delle preclusioni sopra rammentato l'ammissibilità della questione non può ritenersi affidata alla sola sussistenza di un interesse impugnatorio (in tal caso l'ammissibilità indebitamente dispiegandosi secundum eventum litis), è anche vero che l'interesse si connota e qualifica in relazione alla pluralità delle patologie attingenti -in tema di rispetto dei limiti della potestà giurisdizionale - la sentenza emessa.
Si vuoi intendere, come già considerato nella sentenza 5949 del 2013, che, se l'invasione dei confini di altra giurisdizione è immediatamente percepibile dalla parte pur vittoriosa nel merito e se quindi ben può dirsi insorto un interesse ad impedire che, se pur subordinatamente (S.U. 5456 del 2009), la cognizione permanga in un plesso giurisdizionale privo di potestas judicandi, ben possibile è che l'invasione o lo sconfinamento o l'indebita rinunzia all'esercizio del potere si registrino ad esclusivo (quanto imprevedibile) carico della pronunzia del giudice di appello. E queste Sezioni Unite hanno al proposito nei tempi più recenti delineato il quadro di siffatti "eccessi" o "difetti" strettamente connessi alla portata della decisione del giudice di appello: si rammenta infatti quanto statuito in ordine all'invasione, da parte del giudice amministrativo, della sfera riservata alla discrezionalità della P.A. (da ultimo le sentenze 2312 e 5942 del 2012) od alla ipotesi teorica di decisioni "para normative" (S.U. 24411 del 2011) od - ancora - all'indebito rifiuto di somministrare la tutela che al giudice amministrativo incombeva di dare (da S.U. 30254 del 2008 a S.U. 15240 e 10870 del 2011). Ebbene in siffatte ipotesi non è in alcun modo predicabile che l'eccesso od il rifiuto commessi dal giudice speciale in grado di appello non siano denunziabili ex art. 362 c.p.c., comma 1 sol perché la parte vittoriosa in primo grado non avesse inteso proporre un appello incidentale, posto che l'appello, in quelle condizioni, sarebbe stato non solo "cautelativo" ma anche "alla cieca". Ed è alla stregua di tali considerazioni, quindi, coerenti con una corretta definizione dei limiti di formazione del giudicato interno sulla giurisdizione nei soli casi in cui la pronunzia di primo grado incida sul quadro del riparto tra plessi giurisdizionali, che la questione ben poteva essere posta nei ricorsi principali e in quello incidentale. Orbene, e venendo al "cuore" delle questioni poste, dalla lettura dei ricorsi si coglie la originalità della pretesa di formulare per il caso sottoposto una censura di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, nella specie predicandosi l'avvenuta invasione dello spazio legislativo non già in chiave nomopoietica ma direttamente in chiave abrogatrice.
Sotto il primo profilo (quello della invasione creatrice) è noto l'orientamento che ha affermato essere chiara la implausibilità del tentativo di configurare un eccesso di potere a danni del legislatore rinvenendolo in una attività di individuazione interpretativa. È stata anche di recente affermata da queste Sezioni Unite (S.U. 24411 e 2068 del 2011 e 3688 del 2009) la non configurabilità del preteso eccesso di potere (già affermato nell'ordinanza 24175 del 2004 in continuità con la n. 11091 del 2003) le volte in cui il Giudice speciale od ordinario individui una regula juris facendo uso dei suoi poteri di rinvenimento della norma applicabile attraverso la consueta attività di interpretazione anche analogica del quadro delle norme. Si è in particolare ricordato che, con riguardo ai limiti al sindacato delle Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato, l'eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera di attribuzioni riservata al legislatore è figura di rilievo affatto teorico, in quanto - dovendosi ipotizzare che il giudice applichi, non già la norma esistente, ma una norma all'uopo creata - detto eccesso potrebbe ravvisarsi solo a condizione di poter distinguere un'attività di produzione normativa inammissibilmente esercitata dal giudice, da un'attività interpretativa, attività quest'ultima certamente non contenibile in una funzione meramente euristica, ma risolventesi in un'opera creativa della volontà della legge nel caso concreto.
Ma sulla base di tali considerazioni appare al Collegio, venendo al secondo profilo - per il quale sarebbe evidente l'ipotesi di una abrogazione indebita di una norma di rango primario operata dal Consiglio di Stato avvalendosi extra moenia del suo potere di annullare gli atti di normazione secondaria illegittimi, ipotesi fondata sull'assunto che un rinvio materiale a quegli atti operata dalle norme di legge del 2004, 2005 e 2006 li avesse elevati alla sostanza di norme primarie (la cui invalidazione sarebbe quindi spettata alla Corte Costituzionale e giammai al giudice amministrativo) - che la proposta di lettura della impugnata decisione sia priva di alcuna plausibilità.
Il problema, certamente originale, che dai ricorsi consapevolmente si pone non è certo quello della sollecitazione di una improponibile verifica della correttezza tecnica della decisione del Consiglio di Stato, che la attenta difesa delle ricorrenti ben sa essere non denunziabile innanzi a queste Sezioni Unite, ma è quello della richiesta di valutare se la asserita evidenza del rinvio recettizio avesse dato al D.M. ruolo indiscutibile di norma primaria e quindi ineluttabilmente segnato di eccesso di potere il suo annullamento, quasi che tanto il fenomeno del rinvio quanto la patologica decisione di ignorarlo fossero percepibili ictu oculi dal giudice della giurisdizione senza necessità di percorrere la strada stretta quanto impervia (e preclusa) della verifica della correttezza della svolta interpretazione. Ora, a parte la estrema difficoltà di intuire siffatta evidenza, non si può negare che anche la scelta di qualunque giudice di escludere il configurarsi di un rinvio recettizio ben può essere, come solitamente è, frutto di mera interpretazione delle norme, come tale ricadente negli (eventuali) errori di giudizio, sottratti al sindacato ex art. 362 c.p.c., comma 1. Ed allora, l'unica ipotesi di verifica che queste Sezioni Unite ritengono essere plausibilmente percorribile nel sollecitato riscontro della (in)esistenza dell'eccesso ai danni del legislatore è quella di correlare la categoria della evidenza non ai risultati della interpretazione (interpretazione appunto da escludere le volte in cui vi sarebbe evidenza di un rinvio materiale) ma alla stessa esistenza di una attività interpretativa, nessun eccesso essendo predicabile le volte in cui emerga come evidente che interpretazione, e solo interpretazione, sia stata svolta.
Ed è proprio tale attività che emerge (.....con evidenza) essere stata svolta dalla impugnata sentenza, sol che si leggano le considerazioni svolte alle pagine 59, 60, 61 e 62 della decisione stessa. Il Consiglio di Stato - sollecitato da M nel suo subordinato quarto motivo di appello a valutare la vicenda del rinvio materiale onde risolvere la affermata invalidità del D.M. n. 256 del 2003, art. 4, comma. 2 quantomeno in termini di sospetto di incostituzionalità della norma - affronta la questione posta, rammenta le condizioni alle quali è ipotizzabile la vicenda della integrazione normativa, le ravvisa nel caso di richiamo del regolamento "a completamento" della norma successiva di rango primario, esclude che tal vicenda sia ravvisabile nella specie, indica singolarmente i dati significativi della scelta legislativa di richiamare il regolamento pregresso non già a propria "integrazione" bensì quale strumento applicativo di "servizio" interinalmente adottato. È chiara dunque l'evidenza di una attività interpretativa ed è chiaro che essa - perché effettiva, e non già perché condivisibile - al tempo stesso in cui fa emergere la inconsistenza della ipotesi di eccesso di potere, preclude alcun sindacato a queste Sezioni Unite sui suoi risultati.
Posto che, pertanto, le formulate censure - pur nella ampia articolazione descrittiva di cui ai ricorsi principali ed incidentale - finiscono per ricadere indiscutibilmente nella non consentita sollecitazione della verifica degli errores in judicando o in procedendo del giudice speciale (da ultimo S.U. 15428 e 17244 del 2012, 1711, 3267, 4297 e 12106 del 2013), si deve concludere per la evidente infondatezza dei ricorsi che ad esse censure, come nella specie, si siano, in realtà, esclusivamente affidati. La soccombenza delle ricorrenti società e delle Amministrazioni statali ne determina la solidale condanna alla refusione delle spese in favore della controricorrente M. Si compensano le spese nel rapporto processuale tra Eco Fox e le altre parti.