Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 21/05/2019, n. 13649

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La nozione di disabilità, anche ai fini della tutela in materia di licenziamento, deve essere costruita in conformità al contenuto della Direttiva n. 78/2000/CE del 27 novembre 2000, sulla parità di trattamento in materia di occupazione, come interpretata dalla CGUE, quindi quale limitazione, risultante in particolare da menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.

In tema di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, derivante da una condizione di "handicap", sussiste l'obbligo della previa verifica, a carico del datore di lavoro, della possibilità di adattamenti organizzativi ragionevoli nei luoghi di lavoro ai fini della legittimità del recesso, che discende, pur con riferimento a fattispecie sottratte "ratione temporis" alla applicazione dell'art. 3, comma 3 bis, del d.lgs. n. 216 del 2003, di recepimento dell'art. 5 della Dir. 2000/78/CE, dall'interpretazione del diritto nazionale in modo conforme agli obiettivi posti dal predetto art. 5, considerato l'obbligo del giudice nazionale di offrire una interpretazione del diritto interno conforme agli obiettivi di una direttiva anche prima del suo concreto recepimento e della sua attuazione.(Nella specie, la S.C. ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato ad un dipendente - dichiarato inidoneo alle mansioni di autista ed adibito, inizialmente, a compiti di aiuto meccanico e, successivamente, a mansioni di addetto alle pulizie, per essersi il medesimo rifiutato di svolgere tali ultime mansioni - sul rilevo che la stessa società datrice aveva dimostrato di poter adibire il lavoratore ai predetti compiti, compatibili con le menomazioni fisiche ed in adempimento dell'obbligo di adozione di accorgimenti ragionevoli esigibili).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 21/05/2019, n. 13649
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13649
Data del deposito : 21 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

TI T I R I D 21 MAG 2019 E T N E S E - AULA 'A' I L L O 13649/19 B E T N E S E - E Oggetto N REPUBBLICA ITALIANA O ZI IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE R. G. N. 1693/2018 SEZIONE LAVORO Cron.13649 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Rep. Dott. VITTORIO NOBILE Presidente Ud. 07/02/2019 Consigliere PU Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE Consigliere Dott. FEDERICO DE GREGORIO Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI Rel. Consigliere Dott. CARLA PONTERIO ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 1693-2018 proposto da: BILOTTA TRASPORTI S.R.L. (GIA' BILOTTA TRASPORTI S.A.S.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 157, presso lo studio dell'avvocato GIULIO MURANO, che la rappresenta e difende;
ricorrente 2019 contro 539 PUGLIESE ANNUNZIATO, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ROSETTA PROFITI;
- controricorrente avverso la sentenza n. 1201/2017 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 23/06/2017 R.G. N. 734/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/02/2019 dal Consigliere Dott. CARLA PONTERIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato GIULIO MURANO;
udito l'Avvocato FRANCESCA COLELLI per delega verbale Avvocato ROSETTA PROFITI. R.G. n. 1693/2018 FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza n. 1201 pubblicata il 23.6.2017, ha respinto l'appello della Bilotta Trasporti s.a.s., confermando la decisione di primo grado che, in accoglimento della domanda proposta da GL AN, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato al predetto con lettera del 6.3.08 e condannato la società datoriale alla reintegra e al risarcimento del danno.

2. La Corte territoriale ha premesso, in fatto, come il GL, rientrato al lavoro nell'ottobre 2005 dopo un grave infortunio sul lavoro occorso nel 2004, fosse stato giudicato dal medico competente inidoneo "allo stato attuale" alle mansioni di autista e adibito ai compiti di aiuto meccanico presso l'officina aziendale;
che nel dicembre 2007 era stato dichiarato permanentemente inidoneo alle mansioni di autista;
che la società gli aveva offerto il ruolo di addetto alle pulizie con riduzione dell'orario di lavoro e, di fronte al rifiuto dello stesso, aveva intimato il licenziamento per sopravvenuta permanente inidoneità fisica alle mansioni di autista e per il rifiuto di impiego in attività compatibili con le residue capacità lavorative.

3. La Corte di merito ha escluso che dalla certificazione del medico competente del 25.10.05 potesse desumersi il carattere provvisorio della inidoneità alle mansioni di autista che, se pure accertata "allo stato attuale", tuttavia non appariva come avente carattere transitorio e destinata alla risoluzione in tempi certi;
la medesima inidoneità alle mansioni era stata attestata nel successivo certificato del 21.12.07. 4. Secondo la sentenza impugnata, la scelta della datrice di lavoro, di fronte alla accertata inidoneità del GL alle mansioni di autista, di creare una apposita postazione lavorativa di ausilio al personale dell'officina aziendale, costituiva adempimento dell'obbligo posto a carico della società dall'art. 1, comma 7, L. n. 68 del 1999 (confermato dall'art. 42, D.Lgs. n. 81 del 2008);
con la conseguenza che dovesse ritenersi illegittimo licenziamento intimato sulla base di un presupposto (la definitiva inidoneità alle mansioni di autista) non più attuale, avendo la società assegnato il predetto fin dall'ottobre 2005 a mansioni diverse, compatibili con la residua capacità lavorativa. CA Ponterio, esterཨ་རི་མང་ལུ་ལུ་ 1 R.G. n. 1693/2018 5. La Corte di merito ha escluso che potessero aver rilievo le prestazioni previdenziali per i postumi da infortunio ai fini dell'aliunde perceptum;
ha ritenuto infondata l'eccezione di aliunde perceptum, peraltro sollevata dalla società per la prima volta in appello, avendo il lavoratore documentato la tempestiva iscrizione nelle liste di disoccupazione.

6. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Bilotta Trasporti s.r.l. (già Bilotta Trasporti s.a.s.), affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso il sig. GL.

7. La Bilotta Trasporti s.r.l. ha depositato memoria, ai sensi dell'art. 378 c.p.c.. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Col primo motivo di ricorso la Bilotta Trasporti s.r.l. ha censurato la sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 7, e dell'art. 4, L. n. 68 del 1999. 2. Ha sostenuto l'erronea sussunzione della fattispecie oggetto di causa nelle citate disposizioni di cui alla L. n. 68 del 1999 sul rilievo che il sig. GL non fosse mai stato giudicato invalido o disabile e che nei confronti del predetto era stata solo accertata dal medico competente, ai sensi dell'art. 16, D.Lgs. n. 626 del 1994, l'inidoneità alla mansione per cui era stato assunto.

3. Col secondo motivo la società ricorrente ha dedotto, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 42, D.Lgs. n. 81 del 2008 e dell'art. 11 Preleggi.

4. Ha sostenuto come Corte

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