Cass. civ., sez. II, sentenza 02/12/2022, n. 35458

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 02/12/2022, n. 35458
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 35458
Data del deposito : 2 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

e - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso7934-2017 proposto da: CASAZZA MARIA CARLA, CASAZZA MCHELA, CASAZZA MARGHERITA, CASAZZA FANCESCO, CASAZZA PAMELA e C A, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE n. 14 A-4, presso lo studio dell'avv. G P, che li rappresenta e difende unitamente all'avv. A M -ricorrenti -

contro

AGRIFOGLIO PIERINA, ROCCATAGLIATA MCA e ROCCATAGLIATA GIORGIO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CARSO n. 67, presso lo studio dell'avv. C T, che li rappresenta e difende unitamente agli avv.ti G S, FANCESCA LUDETTI e P MRSIGLI -controricorrenti - nonchè

contro

CASAZZA PETRA -intimata - avverso la sentenza n. 205/2016 della CORTE D'APPELLO di GENOVA, depositata il 23/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2022 dal Consigliere Dott. S O;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. T B, il quale ha concluso per l’accoglimento del sesto motivo del ricorso, con assorbimento degli altri;
uditi l'avv. A M per parte ricorrente, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso, e l’avv. G S per parte controricorrente, il quale ha concluso invece per il rigetto del ricorso

FATTI DICAUSA

Con atto di citazione notificato il 27.9.2008 Roccatagliata Domenico e Agrifoglio Pierina evocavano in giudizio Casazza Francesca, Casazza Adriano, Casazza Pietro, Casazza Margherita, Casazza Maria Carla e Casazza Michela dinanzi il Tribunale di Chiavari, invocando l’accertamento dell’esistenza di una servitù di passaggio, pedonale e carrabile, a carico del fondo dei convenuti, in tesi per titolo convenzionale, ed in ipotesi per usucapione. Nella resistenza dei convenuti, i quali eccepivano l’estinzione del diritto reale per non uso ventennale, il Tribunale accoglieva in parte la domanda, limitatamente alla servitù di passaggio pedonale, che dichiarava acquisita per usucapione. Con la sentenza impugnata, n. 205/2016, la Corte di Appello di Genova accoglieva il gravame interposto dagli originari attori avverso la decisione di prime cure, riconoscendo l’esistenza del diritto di passaggio, pedonale e carrabile, sulla base del titolo convenzionale dai predetti allegato, rigettando invece l’appello incidentale proposto dagli originari convenuti. Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione Casazza Francesca, Casazza Adriano, Casazza Pietro, Casazza Margherita, Casazza Maria Carla e Casazza Michela, affidandosi a dieci motivi. Resistono con controricorso Agrifoglio Pierina, Roccatagliata Monica e Roccatagliata Giorgio, anche in veste di eredi di Roccatagliata Domenico. In prossimità dell’udienza pubblica, ambo le parti costituite hanno depositato memoria. Il P.G., nella persona del Sostituto Dott. Tommaso Barile, ha concluso per l’accoglimento del sesto motivo di ricorso, con assorbimento degli altri.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 342 e 163 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di rilevare la nullità della citazione in appello per omessa indicazione dei fatti ed elementi di diritto a fondamento della domanda. Con il terzo motivo , che merita di essere esaminato unitamente al primo, i ricorrenti lamentano invece la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale non avrebbe rilevato che la a Agrifoglio ed il Roccatagliata non avevano indicato alcun titolo a fondamento della loro domanda. Le due censure sono infondate. La Corte di Appello ha dato atto che gli appellanti avevano invocato la riforma della decisione di prime cure, nella parte in cui essa aveva ritenuto che non fosse stata dimostrata, sulla base dei titoli indicati in primo grado, la servitù di passaggio, pedonale e carrabile, oggetto della domanda principale spiegata. L’atto introduttivo del gravame, dunque, si fondava chiaramente sui titoli allegati dagli originari attori a fondamento della propria domanda di confessoria servitutis. La Corte di merito ha poi ricostruito le vicende dei fondi, dominante e servente (cfr. pagg. 10 e ss. della sentenza impugnata), ed ha ritenuto che nell’atto del 24.10.1927, con il quale l’area era stata ceduta al Comune di Santa Margherita Ligure, era già indicata la strada carrozzabile sulla quale insisteva il diritto reale oggetto di causa. Ha poi affermato che il successivo atto del 21.1.1958, con il quale l’ente locale aveva a sua volta trasferito l’area allo IACP, conteneva uno specifico richiamo al titolo di provenienza del 1927, “… evidentemente esprimendo l’intenzione delle parti di costituire una servitù di passaggio non solo pedonale ma altresì carrabile”(cfr. pag. 11 della sentenza impugnata ). La Corte territoriale ha inoltre affermato che gli attori avevano acquistato dallo IACP, con contratto del 30.7.1980, al quale era stata allegata planimetria, richiamata in atto e sottoscritta dai contraenti, parte del fabbricato eretto sull’area oggetto dei rogiti del 1927 e 1958, a vantaggio del quale esisteva il diritto di passaggio pedonale e carrabile rivendicato dagli originari attori. La Corte di merito ha altresì ritenuto che tale ricostruzione fosse confermata dalla descrizione della stradacome “carrozzabile”, tanto nei titoli dianzi elencati, che nella divisione del 12.12.1932, con la quale i danti causa del Comune avevano regolato la loro residua comproprietà, dando atto dell’esistenza del tracciato carrabile di cui anzidetto. Da quanto precede deriva che sia in primo grado, che in appello, la domanda proposta dalla Agrifoglio e dal Roccatagliata era fondata sui titoli di provenienza;
il che conduce all’infondatezza delle censure proposte con il primo ed il terzo motivo. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe travalicato il motivo di impugnazione, ponendo a fondamento della propria decisione atti e documenti depositati solo in seconda istanza. Con il quarto motivo, i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere inammissibili i titoli di provenienza non allegati in prime cure. In particolare, gli originari attori avevano prodotto, in primo grado, solo gli atti del 30.7.1980 e del 24.1.1958, e non anche quello del 24.10.1927, che era stato invece prodotto solatanto in appello. Con il quinto motivo, i ricorrenti contestano la violazione e falsa applicazione degli art. 345 c.p.c. e 54 del D.L. 22.6.2012, n. 83, convertito con modificazioni in L. 7.8.2012, n. 134, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché il giudice di secondo grado avrebbe dovuto rilevare che il testo dell’art. 345 c.p.c., come modificato dalla richiamata novella del 2012, vigente ratione temporis, non consentiva di ritenere ammissibili documenti depositati in appello, ancorché indispensabili ai fini della decisione. Inoltre, nel caso di specie detti documenti sarebbero stati prodotti non con il primo atto difensivo della fase di gravame, ma successivamente, in occasione della costituzione del nuovo difensore depositata il 4.2.2015. Con il sesto motivo, i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 345, 183 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe dovuto decidere sulla sola base degli atti prodotti in prime cure, dai quali non si evinceva la prova dell’esistenza del diritto reale oggetto della domanda spiegata dagli originari attori. Le quattro censure, suscettibili di esame congiunto, sono infondate. Il terzo comma dell’art. 54 del D. L. n. 83 del 2012, convertito in legge n. 132 del 7.8.2012, prevede testualmente che “La disposizione di cui al comma 1, lettera b), si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Nel caso di specie, la sentenza impugnata era stata emessa dal Tribunale di Chiavari nel 2010 e il gravame era stato proposto nello stesso anno, tanto è vero che esso era distinto dal numero R.G. 1097/2010. Ne deriva che la preclusione al deposito, in appello, dei documenti ritenuti indispensabili ai fini della decisione, introdotta dalla novella del 2012, non è applicabile al giudizio concluso con la decisione oggi impugnata. Inoltre, va evidenziato che, secondo l’accertamento in fatto condotto dal giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, l’atto del 24.1.1958, che era stato prodotto già in primo grado, richiamava quello, precedente, del 24.10.1927. Di conseguenza, con la produzione di quest’ultimo in appello non è stato introdotto alcun tema di prova nuovo. Con il settimo motivo , i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 1063 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte ligure avrebbe fornito una interpretazione erronea dei titoli di provenienza, che –ad avviso dei ricorrenti–non facevano riferimento ad una servitù carraia. Il giudice di merito, pertanto, avrebbe potuto, al massimo, riconoscere l’esistenza di una servitù solo pedonale. La censura è inammissibile, perché si risolve nella proposizione di una lettura alternativa del dato negoziale, senza considerare che “La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazionedel ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piùinterpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l'interpretazionepoi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l'altra” (Cass. Sez.3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017 , Rv. 646649 ;
conf. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. del 27/06/2018 , Rv. 649677;
in precedenza, nello stesso senso, Cass. Sez. 3 , Sentenza n. del 20/11/2009, Rv.610944 e Cass. Sez. L , Sentenza n. del 15/11/2013, Rv.628585). Con l’ottavo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1073 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale non avrebbe valutato l’eccezione di estinzione, per non uso ventennale, del diritto di servitù rivendicato dagli originari attori;
eccezione che era stata sollevata in prime cure, e riproposta in appello. Il motivo è fondato. I ricorrenti evidenziano che la questione era stata riproposta con l’appello incidentale, e dalla sentenza non risulta esaminato in nessun modo il profilo dell’effettivo uso del diritto reale. Sussiste, di conseguenza, il lamentato vizio di omessa pronuncia. Non rileva, sul punto, la questione del giudicato esterno dedotta dalla parte controricorrente con la memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, in quanto essa lascia impregiudicato il profilo dell’eventuale prescrizione del diritto reale per non uso ventennale. Con il nono motivo, i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte genovese avrebbe riconosciuto la sussistenza di un diritto di servitù diverso da quello rivendicato nei motivi di appello. In questi ultimi, infatti, gli originari attori avevano invocato il riconoscimento del diritto di passaggio a carico della strada privata denominata “villa ba ssa” , mentre con la sentenza impugnata sarebbe stato loro attribuito il diritto reale a carico dei mappali 1170 e 1171. La censura è inammissibile. La Corte di Appello da atto che i mappali 1170 e 1171 corrispondevano alla particella 466 (cfr. ultima pagina della sentenza impugnata), la quale a sua volta corrispondeva al terreno sul quale era stato edificato il fabbricato di cui al mappale 624 (cfr. 11 della sentenza). Trattasi di accertamento di fatto che non può essere soggetto a censura in questa sede, alla luce del principio, che merita di essere ribadito, secondo cui il motivo di ricorso non può mai risolversi in un'inammissibile istanza di revisi one delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013 , Rv. 627790). Né va trascurato che “L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3 , Sentenza n. 12362 del 24/05/2006 , Rv. 589595: conf. Cass. Sez. 1 , Sentenza n. del 23/05/2014 , Rv. 631448;
Cass. Sez. L , Sentenza n. del 13/06/2014, Rv. 631330). Infine, con il decimo motivo , i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte ligure avrebbe erroneamente regolato le spese del giudizio di secondo grado. La censura è assorbita dall’accoglimento dell’ottavo motivo, poiché il giudice del rinvio dovrà riesaminare la fattispecie, in relazione alla censura accolta, e disciplinare ex novo le spe se di lite, ivi incluse quelle del presente giudizio di legittimità. In definitiva, vanno rigettati il primo, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo;
vanno dichiarati inammissibili il settimo ed il nono motivo;
va accolto l’ottavo motivo e dichiarato assorbito il decimo. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Genova, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
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