Cass. pen., sez. IV, sentenza 06/06/2018, n. 25547

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 06/06/2018, n. 25547
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25547
Data del deposito : 6 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: dalla parte civile COMUNE DI CARISIO dalla parte civile SALTARELLI ERMANNO nato il 22/11/1947 a PIACENZA nel procedimento a carico di: CORDIOLI CORRADO nato il 23/05/1962 a VALEGGIO SUL MINCIO D'ANNA SALVATORE nato il 19/10/1962 a FAVARA inoltre: SOCIETA SACAL SOCIETA' ALLUMINIO CARISIO SPA MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE PARTI CIVILI avverso la sentenza del 12/09/2017 della CORTE APPELLO di TORINOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A M Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore M G F che ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, agli effetti civili. E' presente l'avvocato L E del foro di VERCELLI in difesa di COMUNE DI CARISIO, SALTARELLI ERMANNO e delle PARTI CIVILI, che deposita conclusioni scritte unitamente alla nota spese alle quali si riporta chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. E' presente l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO del foro di ROMA in difesa di MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE, che deposita conclusioni scritte e nota spese, alle quali si riporta associandosi alle conclusioni del procuratore generale e alle richieste dell'avvocato L difensore dei ricorrenti. E presente l'avvocato G M del foro di TORINO in difesa di D'ANNA SALVATORE, che insiste per l'inammissibilità dei ricorsi. E' presente l'avvocato LAGEARD GIOVANNI del foro di TORINO in difesa di CORDIOLI CORRADO e della SOCIETA SACAL SOCIETA' ALLUMINIO CARISIO SPA, che insiste per la conferma della sentenza impugnata. A

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Vercelli, con sentenza in data 11.07.2016, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Cordioli Corrado e D'Anna Salvatore in riferimento ai reati di cui ai capi A (art. 674 cod. pen.) e B (art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152/2006), in quanto estinti per intervenuta prescrizione. Il Tribunale affermava la penale responsabilità dei predetti imputati in riferimento al reato di cui al capo C (artt. 439 e 452 cod. pen.), con condanna alle pene di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili. A Cordioli Corrado, in qualità di amministratore delegato e a D'Anna Salvatore in qualità di delegato in materia di sicurezza ed ecologica della SACAL spa, che svolge attività di fonderia di seconda fusione di rottami di alluminio - con riguardo al capo C dell'imputazione, per il quale il Tribunale ha pronunciato condanna - si contesta di avere avvelenato la falda idrica e le sostanze alimentari indicate in rubrica. Ciò in quanto, nello svolgimento della predetta attività produttiva, utilizzando trucioli di alluminio contaminati da diossina e violando l'autorizzazione ad effettuare operazioni di recupero dei trucioli, provocavano emissioni di polveri nell'ambiente interno dello stabilimento, dotato di un sistema di abbattimento non adeguato;
e provocavano dispersione eolica di diossina e la trasmissione degli inquinanti su basi non impermeabilizzate della falda idrica e nel sottosuolo.

2. La Corte di Appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Vercelli in data 11.07.2016, assolveva Cordioli Corrado e D'Anna Salvatore dal reato loro ascritto al capo C perché il fatto non sussiste. Il Collegio si soffermava sulla nozione di avvelenamento, come individuata dal diritto vivente, osservando che la stessa è riferibile a condotte che, per la qualità e quantità dell'inquinante, siano pericolose per la salute pubblica, vale a dire potenzialmente idonee a produrre effetti tossico- nocivi per la salute. Rilevava che la predetta pericolosità deve essere riferita a specifici quantitativi (dosi) di sostanza contaminante, cui siano scientificamente associabili effetti avversi per la salute. La Corte territoriale osservava che le diossine e i policlorobifenili sono sostanze non genotossiche;
che non vi è prova che una quantità contenuta delle predette sostanze abbia effetto cancerogeno;
e che per tale ragione si tratta di sostanze non tassativamente vietate dalla legge, come avviene per l'amianto.

3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino, ai soli fini della responsabilità civile, hanno proposto ricorso per Cassazione le parti civili Comune di C e S E, a mezzo del difensore.Con il primo motivo viene dedotta la violazione di legge: ciò in quanto la Corte di Appello ha ignorato le argomentazioni affidate alla memoria depositata all'udienza del 12.09.2017 dalle parti civili, a confutazione delle censure dedotte dagli appellanti. Gli esponenti denunciano la nullità della decisione, per lesione dei diritti di intervento e assistenza. Con il secondo motivo le parti civili deducono la violazione di legge. Osservano che la Corte di Appello ha osservato che il reato di cui al capo C risultava prescritto, facendo erroneamente decorrere il relativo termine dalla data di effettuazione delle analisi eseguite sugli ortaggi contaminati. Considerano che l'avvelenamento è un reato istantaneo la cui consumazione si verifica con la condotta idonea a determinare l'avvelenamento. Rilevano che la prescrizione maturata medio tempore consentirebbe al giudice di appello di confermare le statuizioni civili ex art. 578 cod. proc. pen. Con il terzo motivo viene dedotto il vizio motivazionale ed il travisamento della prova. Le parti civili osservano che non è condivisibile il ragionamento sviluppato dalla Corte di Appello di Torino che ha condotto alla assoluzione degli imputati. Le parti civili, dopo essersi soffermate sulle diverse valutazioni che erano state effettuate dal Tribunale di Vercelli, richiamano arresti della giurisprudenza di merito, in ordine alla struttura del reato di avvelenamento e, in particolare, sulla rilevanza della contaminazione di acque anche solo destinabili al consumo umano, se pure non concretamente destinate a tale consumo. Ciò posto, le ricorrenti evidenziano che il tema di prova, esaminato dal Tribunale, involge apprezzamenti di natura scientifica sui profili tossicologici delle diossine e dei policlorobifenili - e sulla valutazione dei rischi per la salute umana derivanti dalla esposizione a determinati agenti - che dipendono anche dalla scelta dei diversi metodi di analisi che, in materia, si contengono il campo nella comunità scientifica. Al riguardo, nel ricorso si evidenzia che alcuni consulenti avevano adottato il metodo statunitense Slope Factor, basato sulla valutazione del rischio, mentre altri tecnici hanno utilizzato il metodo europeo con soglia, in base al quale anche per le diossine, sussiste una dose di assunzione giornaliera tollerabile. Le parti civili rilevano che il principio di precauzione deve ritenersi applicabile in materia di danno ambientale, anche da parte del giudice penale. Le deducenti sostengono che la Corte di Appello, con motivazione sbrigativa, ha liquidato come non condivisibili le valutazioni espresse dal Tribunale. Le parti civili osservano che la Corte distrettuale non ha spiegato per quale ragione ha disatteso il lavoro peritale fondato sulla analisi di rischio sanitario- ambientale sito-specifica che viene utilizzato per valutare l'efficacia di interventi di messa in sicurezza, nonché i rischi per l'uomo associati a situazioni di contaminazione diffusa, anche da parte del Ministero dell'Ambiente.--- Le ricorrenti rilevano che il reato contestato risulta configurabile ove l'avvelenamento abbia la potenzialità di nuocere alla salute;
sottolineano che il Tribunale ha fatto buon governo del richiamato principio di precauzione;
e ritengono non conferente l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata, circa la natura non genotossica delle diossine. Le esponenti contestano la valutazione espressa dalla Corte di Appello, rilevando che i giudici di secondo grado hanno omesso di verificare la stessa riconducibilità della contaminazione all'attività della SACAL ed hanno considerato che la pratica del lavaggio-pelatura degli ortaggi e la loro stagionalità integravano un fattore di sicurezza. Le parti civili sottolineano che l'inquadramento, o meno, delle diossine come sostanze genotossiche è tema dibattuto dagli scienziati;
e rilevano che la Corte di Appello, nel discostarsi dalla perizia, ha travisato i presupposti decisivi della questione, sulla base di meri luoghi comuni, avendo affermato che se fossero tossiche sarebbero vietate dalla legge. Nel ricorso si evidenzia che la Corte territoriale ha disatteso i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, sul governo della prova scientifica.
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