Cass. pen., sez. V, sentenza 10/02/2022, n. 04899

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 10/02/2022, n. 04899
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04899
Data del deposito : 10 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: GIOVINAZZI FRANCESCO nato a MASSAFRA il 02/06/1952 avverso la sentenza del 07/10/2020 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, dott. L O, il quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso lette le conclusioni del difensore del ricorrente Ritenuto in fatto 1. Per quanto ancora rileva, con sentenza del 07/10/2020 la Corte d'appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la decisione di primo grado, quanto alla condanna di F G, in relazione al reato di minaccia grave commesso in danno di P R il 13/09/2013 - in tal modo riqualificato l'originario delitto di atti persecutori - e di lesioni - esclusa la circostanza aggravante contestata di cui all'art. 585 cod. pen. - commesse in danno di P R il 13/09/2013 e di V R il 18/01/2014 (questa e non il 28/01/2014 è la data indicata dal giudice di primo grado).

2. Nell'interesse del G è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo si lamenta mancanza di motivazione in ordine alla insussistenza dei presupposti di legge e di cui all'art. 649 cod. proc. pen., anche con riguardo agli artt. 527 e 529 cod. proc. pen. e all'art. 4 del protocollo n. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali in relazione alla valutazione delle prove orali e documentali e alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese, con particolare riguardo a quelle rese da V R.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge, con riguardo alla ritenuta sussistenza degli elementi, oggettivo e soggettivo, dei reati attribuiti all'imputato. Si sottolinea l'assenza di prove certe, la mancata valutazione della riconducibilità del male prospettato attraverso la minaccia alla volontà dell'agente e, infine, il mancato accertamento di alterazioni anatomiche accompagnate da una riduzione apprezzabile della funzionalità.

2.4. Con il quarto motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

3. Sono state trasmesse, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale e del difensore dell'imputato, il quale reitera le censure svolte, sottolineando la prospettiva dell'omesso esame, da parte della Corte territoriale, delle censure sviluppate nell'atto di appello. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. Il divieto del bis in idem ha come suo presupposto l'identità del fatto e, come la Corte territoriale ha puntualmente chiarito, alla luce della documentazione prodotta, il G, in un distinto giudizio, è stato ritenuto responsabile: a) del reato di cui all'art. 660 cod. pen., posto in essere sino al febbraio 2015 in danno di Pietro e V R (e in questo caso diversa è la materialità della condotta rispetto a quelle di cui al presente procedimento);
b) del delitto di danneggiamento consumato il 21/02/2015 in danno di V R (e anche in questo caso è diversa la condotta);
c) del delitto di minaccia in danno di V R e Giuseppe Russo posto in essere in svariate occasioni sino al 21/02/2015 (e, in questo caso, quindi è assorbente il rilievo che la minaccia non è stata indirizzata, come nel presente procedimento, nei confronti di P R;
né risultano attribuite, nel precedente giudizio, lesioni). Il ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale abbia proceduto ad un «mero confronto» tra i fatti giudicati nei due procedimenti, senza spiegare cos'altro il giudice avrebbe dovuto fare, e propone una applicazione «in chiave estensiva» del ne bis in idem, ma neppure illustra i contorni ricostruttivi della sua aspirazione (se non nell'obiettivo perseguito del suo proscioglimento) né indica quale sarebbe il fondamento normativo di una siffatta lettura allargata, visto che tutti i riferimenti anche giurisprudenziali che menziona hanno riguardo al fatto e sono coerenti con la soluzione accolta dai giudici di merito.
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