Cass. pen., sez. V, sentenza 21/03/2023, n. 12000

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 21/03/2023, n. 12000
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12000
Data del deposito : 21 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: G F nato a CAMPIGLIA MARITTIMA il 25/08/1967 avverso la sentenza del 17/06/2021 della CORTE di APPELLO di FIRENZEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere P C;
letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale F L, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 17 giugno 2021 dalla Corte di appello di Firenze, che - per quanto qui di interesse - ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio la decisione del Tribunale di Livorno che aveva condannato G F per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, relativi alla società "GMT di Zaccagni M & C. s.a.s." (dichiarata fallita il 2 dicembre 2009). Secondo l'ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l'imputato, in qualità di legale rappresentante della società, avrebbe distratto l'intero patrimonio della società (immobilizzazioni per 350.822 euro) e avrebbe tenuto i libri e le scritture contabili in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

2. Avverso la sentenza della Corte di appello, l'imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.

2.1 Con un primo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 44 e 158 cod. pen. Sostiene che i reati si sarebbero estinti per prescrizione già prima della pronuncia della sentenza di secondo grado, atteso che il momento di consumazione dei medesimi dovrebbe essere individuato non nel momento in cui è intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, bensì in quello in cui si sarebbe perfezionato il reato di bancarotta in tutti i suoi elementi costitutivi, che coinciderebbe con la data in cui la società, poi fallita, era stata ceduta: il 29 dicembre 2007. La tesi del ricorrente si basa sul presupposto che la sentenza dichiarativa di fallimento non costituisca elemento costitutivo del reato di bancarotta né condizione obiettiva di punibilità, ma mera condizione di procedibilità. In tale prospettiva, la dichiarazione di fallimento costituirebbe soltanto il riconoscimento di uno stato economico obiettivo della società e renderebbe procedibile ciò che di per sé era già perfetto dal punto di vista della tipicità e della punibilità della condotta incriminata. La dichiarazione di fallimento, a parere del ricorrente, renderebbe procedibile l'azione penale e applicabile la sanzione rispetto ad un fatto già perfetto e offensivo.

2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all'art. 219 legge fall. Il ricorrente contesta l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 219 legge fall., sostenendo che, nel caso in esame, non vi sarebbe una pluralità di fatti di bancarotta, bensì un'unica bancarotta distrattiva. La bancarotta documentale, a suo parere, risulterebbe assorbita dalla bancarotta distrattiva, atteso che l'omesso aggiornamento dei libri contabili sarebbe stato dolosamente diretto proprio a occultare la condotta distrattiva tenuta dall'imputato. L'omessa registrazione della sorte dei beni strumentali, secondo la ricostruzione del ricorrente, sarebbe stata esclusivamente funzionale alla distrazione dei beni stessi e, pertanto, dovrebbe ritenersi assorbita nell'unica condotta di bancarotta fraudolenta distrattiva.

2.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 530 e 533 cod. proc. pen. e 87 e 216 legge fati. Il ricorrente contesta la motivazione della sentenza impugnata poiché non avrebbe fornito risposta al terzo motivo d'appello, con il quale la difesa aveva rappresentato che alcuna condotta distrattiva poteva ritenersi integrata giacché oggetto della medesima erano beni strumentali ottenuti dalla fallita in leasing e recuperati dalle società che li avevano dati in locazione. Sostiene che la Corte territoriale si sarebbe disinteressata di quanto affermato dal curatore, basandosi esclusivamente sul mancato rinvenimento dei beni e, solo perciò, ritenuti sottratti all'attivo.

2.4. Con un quarto motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen., 37 e 133 cod. pen. e 216 legge fall. Il ricorrente lamenta la mancata applicazione del minimo edittale previsto per la pena accessoria, sostenendo che la motivazione sul punto sarebbe meramente apparente;
in sostanza la decisione della Corte di appello si sarebbe risolta in un vero e proprio automatismo, consistito nel commisurare la pena accessoria a quella principale.

3. Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.

4. L'avv. P C, per l'imputato, ha depositato memoria scritta con la quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

1.1. Il primo motivo è inammissibile. La tesi della sentenza dichiarativa di fallimento come condizione di procedibilità, che non trova riscontro nella giurisprudenza di legittimità, è manifestamente infondata, in quanto priva detta sentenza di qualsiasi ruolo nella fattispecie incriminatrice. Pertanto, la Corte territoriale ha correttamente evidenziato che, in ordine alla natura giuridica da riconoscere alla dichiarazione di fallimento nell'ambito della fattispecie della bancarotta, esistono due orientamenti nella giurisprudenza di legittimità - uno che ritiene la sentenza di fallimento elemento costitutivo, l'altro che la ritiene condizione obiettiva di punibilità - e che, a prescindere dall'accoglimento dell'una o dell'altra tesi, il momento di consumazione del reato non cambia, dovendo essere sempre individuato con il momento della pronuncia della sentenza in questione. Conseguentemente, in ogni caso, «il termine di prescrizione del reato di bancarotta prefallimentare decorre dal momento in cui interviene la sentenza dichiarativa di fallimento e non dal momento di consumazione delle singole condotte distrattive precedenti a tale declaratoria>> (Sez. 5, n. 45288 del 11/05/2017, Gianesini, Rv. 271114).
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