Cass. civ., sez. I, sentenza 04/09/2009, n. 19229
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In tema di espropriazione, l'indennizzo di cui all'art. 46 della legge n. 2359 del 1865 presuppone che il diritto di proprietà del privato, per effetto della legittima realizzazione di un'opera pubblica, abbia subito l'imposizione di una servitù o un danno consistente nella perdita o diminuzione delle facoltà essenziali inerenti al godimento dell'immobile nella sua intrinseca ed originaria destinazione e che tra la realizzazione dell'opera e il danno sussista un nesso causale. Ne consegue che la situazione di vantaggio oggetto del pregiudizio determinato dalla c.d. espropriazione larvata deve preesistere all'esecuzione dell'opera e deve formare oggetto di allegazione e prova da parte del richiedente. (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso il diritto all'indennizzo, perché il privato non aveva provato né allegato il suo preesistente diritto di accesso alla via pubblica).
La mancata liquidazione, nella sentenza, degli onorari di avvocato costituisce un errore materiale che può essere corretto con il procedimento di correzione di cui agli artt. 287 e seguenti cod. proc. civ., in quanto l'omissione riscontrata riguarda una statuizione di natura accessoria e a contenuto normativamente obbligato, che richiede al giudice una mera operazione tecnico-esecutiva, da svolgersi sulla base di presupposti e parametri oggettivi. (Nella specie, il giudice aveva liquidato le spese e i diritti di procuratore, omettendo gli onorari, dopo aver affermato in motivazione che le spese dovevano seguire la soccombenza).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente -
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14095/2004 proposto da:
AEREG S.A.S. DI MA GI E C. (c.f. 06222300631), già SALGIÒ s.a.s. di MM PE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso DE LI ON, rappresentata e difesa dall'avvocato VIOLANTE Giancarlo, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BANCA DELLA CA (c.f. 04504971211), per atto di fusione tra la BANCA POPOLARE DELL'IRPINIA S.P.A. e BANCA POPOLARE DI SALERNO S.P.A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 15, presso l'avvocato MASTROLILLI STEFANO, rappresentata e difesa dall'avvocato TEDESCHI Mario, giusta procura a margine del controricorso;
COMUNE DI AVELLINO (c.f. 00184530640), in persona del Commissario Straordinario legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAVIA 28, presso l'avvocato PORPORA RAFFAELE, rappresentato e difeso dagli avvocati BASCETTA AMERIGO, SANTUCCI DE MAGISTRIS GIOVANNI, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrenti -
contro
DEL FAVERO S.P.A. IN LIQUIDAZIONE;
- intimata -
avverso la sentenza n. 1383/2003 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/04/2003;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 27/05/2009 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;
udito, per la ricorrente, l'Avvocato GIANCARLO VIOLANTE che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
uditi, rispettivamente per i controricorrenti NC P. Irpinia e Comune Avellino, gli Avvocati STEFANO MASTROLILLI e RAFFAELE PORPORA, per delega, che hanno chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Avellino con sentenza del 6 giugno 2000 respinse la domanda della soc. LG, proprietaria di un fondo con retrostante capannone ubicato nel territorio comunale (in catasto all'art. 25746, fg. 22, part. 644 ed all'art. 16625, fg. 22, part. 582) ,la quale lamentava che la NC Popolare dell'Irpinia fosse stata autorizzata dal comune di Avellino a realizzare un asse viario di accesso ed altre opere di urbanizzazione previsti nel piano particolareggiato che avevano tra l'altro comportato un notevole aumento della quota di detti manufatti rispetto al livello naturale del proprio immobile, provocandogli gravi danni,fra cui una notevole diminuzione di valore, quantificati da una perizia giurata in L. 431.805.582.
L'impugnazione della s.a.s. AEREG, succeduta nelle more alla LG, è stata rigettata dalla Corte di appello di Napoli, con sentenza del 23 aprile 2003, la quale ha osservato: a) che era infondata la richiesta della società collegata al dedotto sconfinamento nel proprio fondo in conseguenza dell'esecuzione dell'opera pubblica perché escluso dalle risultanze della c.t.u., la quale aveva accertato che l'originario confine dell'immobile della società non aveva subito alcuna modifica;
b) che mancava altresì la prova di qualsiasi pregiudizio arrecato al fondo dal manufatto stradale)neppure derivante dal dislivello esistente tra due immobili, perché preesistente alla realizzazione dell'opera pubblica;
c) che il danno della L. n. 2359 del 1865, ex art. 46, non poteva farsi discendere neppure dal mancato accesso diretto del fondo AEREG sulla via pubblica, perché detta società non aveva nel suo patrimonio alcun preesistente diritto a conseguirlo, e perché nessuno dei convenuti glielo aveva attribuito.
Per la cassazione della sentenza l'AEREG ha proposto ricorso per 6 motivi;
cui resistono sia il comune di Avellino, che la NC PO dell'Irpinia con controricorso. L'amministrazione comunale ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Il Collegio deve, anzitutto, ribadire la regola che l'impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza impugnata e successiva all'anno dalla pubblicazione di questa, ma ancora ammessa per l'effetto della sospensione del termine di cui all'art. 327 cod. proc. civ., durante il periodo feriale, atteso lo stretto
collegamento esistente tra quest'ultima disposizione ed il successivo art. 330 c.p.c., va notificata non alla parte personalmente bensì indifferentemente, a scelta del notificante, o presso il procuratore della medesima costituito nel giudizio "a quo", o nel domicilio eletto, ovvero nella residenza dichiarata per quel giudizio;
per cui non ha pregio l'eccezione di nullità della notifica del ricorso formulata dal comune di Avellino sull'erroneo presupposto che essendo trascorso l'anno dalla pubblicazione della sentenza di appello (23 aprile 2003), la stessa non potesse più eseguirsi presso il procuratore costituito nel giudizio di merito (Cass. 14756/2007;
27713/2005;
18572/2004).
Con il primo motivo, l'AEREG, deducendo violazione dell'art. 116 cod. proc. civ., nonché difetto assoluto di motivazione, si duole che la
Corte di appello abbia contestato e comunque ritenuto non dimostrato il proprio assunto che l'asse viario avrebbe dovuto trovarsi alla stessa quota del proprio fondo, laddove tale circostanza risultava agevolmente ricavabile dalla relazione tecnica-illustrativa dell'opera allegata alla deliberazione comunale del 30 aprile 1983 ove si indicava la necessità di elevare la quota stradale già prevista in 364 m. nel piano particolareggiato, ad almeno 367 metri per convogliare le acque nere dei complessi in costruzione;
e costituiva il presupposto cui erano ancorate entrambe le richieste formulate.
Con il secondo motivo,deducendo violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., nonché mancanza assoluta e contraddittorietà di motivazione,
addebita alla sentenza impugnata: a) di aver ritenuto che in primo grado non era stata proposta una vera e propria domanda di indennizzo in base alla disposizione della L. n. 2359 del 1865, art. 46, senza considerare che l'interpretazione della domanda va compiuta attraverso il suo intero contenuto, le finalità perseguite, nonché le richieste della parte;
i quali dimostravano che la LG aveva inteso richiedere il pagamento di tutto quanto dovuto a titolo risarcitorio e/o indennitario in dipendenza della occupazione e trasformazione parziale di parte del terreno e della perdita di valore del residuato, come del resto ampiamente illustrato nella comparsa conclusionale;
b) di aver ritenuto che nel giudizio di appello essa società avesse invece mutato prospettiva, insistendo nell'indennizzo di cui al menzionato art. 46 della legge fondamentale, senza considerare l'inequivoco termine "occupazione illegittima", nonché altre circostanze, quale la chiamata in giudizio dell'impresa appaltatrice, o la mancanza di una procedura ablativa che dimostravano la volontà di insistere e semmai sviluppare l'originaria domanda risarcitoria.
Con il terzo motivo,deducendo violazione dell'art. 2043 cod. civ., nonché ulteriori carenze di motivazione, si duole che i giudici di appello abbiano escluso lo sconfinamento da parte dell'asse viario ritenendo che nessuna incertezza esistesse tra i confini dei due immobili in base alla ricostruzione del c.t., invece meramente ipotetica ed apparente, come evidenziato dalla stessa sentenza che pur l'aveva acriticamente recepita: contestando per converso il contenuto dell'atto di appello ove si dimostrava il contrario in base ad una perizia di parte in forma giurata, dalla quale risultava che la costruzione del raccordo aveva finito per invadere il terreno di essa ricorrente, trasformandone irreversibilmente una frazione. Rileva che l'opposta conclusione del consulente è stata raggiunta in modo apodittico, senza alcuna indagine specialistica, ne' l'ausilio di rilievi topografici certi, inducendo in errore la decisione impugnata non in grado di motivare sulle contestazioni e sulle critiche da essa appellante formulate alla sentenza del Tribunale. Con il quarto motivo, deducendo violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 46, nonché omessa, illogica e carente motivazione, censura la
sentenza in relazione alla statuizione di rigetto della richiesta di indennizzo previsto dalla menzionata norma della legge fondamentale del 1865: a) per aver erroneamente ritenuto che essa società non avesse fornito la prova del pregiudizio sofferto, e che nessuna carenza sarebbe quindi imputabile al c.t.u. per non averlo accertato;
b) per non aver considerato, invece, che essa aveva