Cass. pen., sez. III, sentenza 28/10/2022, n. 40869
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: CASSA DEPOSITI E PRESTITI SPA avverso l'ordinanza del 01/03/2022 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere A A;sentite le conclusioni del PG TOMASO EPIDENDIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;udito il difensore, AV. M B, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.RITENUTO IN FATTO 1.La «Cassa Depositi e Prestiti Spa» (d'ora in poi CDP) ricorre, quale terza interessata, per l'annullamento dell'ordinanza del 01/03/2022 (dep. il 07/04/2022) del Tribunale di Napoli che ha rigettato la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo del 18/01/2022 del GIP del medesimo tribunale, adottato nell'ambito del procedimento iscritto a carico di varie persone per i reati di cui agli artt. 416, commi primo, secondo e terzo, cod. pen. (capo 1), 81, cpv., 110, 481, 640, commi primo e secondo, n. 1), 61, nn. 7 e 11, cod. pen. (capo 2), 8, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, 61 n. 2, cod. pen. (capo 3) e 56, 110, cod. pen., 10-quater, d.lgs. n. 74 del 2000 (capo 4), in esecuzione del quale sono stati sottoposti a sequestro i crediti di imposta di cui al d.l. n. 34 del 2000 acquistati da CDP dal Consorzio SGAI per complessivi euro 4.776.675,20. 1.1.Con il primo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione degli artt. 321, cod. proc. pen., 240 cod. pen., 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, sotto il profilo del difetto del requisito della pertinenza al reato dei crediti di imposta sequestrati a CDP e della non configurabilità degli stessi in termini di prodotto, profitto o corpo del reato. In particolare si ricostruisce la normativa a fondamento del richiamato Superbonus, evidenziando, all'esito, che - contrariamente a quanto si legge nell'ordinanza - lo stesso credito sorgerebbe soltanto nel momento in cui il beneficiario (ovvero colui che ha sostenuto le spese per gli interventi di cui all'art. 121, d.l. citato) esercita l'opzione per la cd. cessione (termine che si assume improprio), in luogo della detrazione diretta (o dell'ulteriore opzione per il cd. sconto in fattura);prima di tale momento, non esisterebbe alcun credito in capo al beneficiario, ma soltanto il diritto alla detrazione fiscale, ben diverso dall'altro sotto vari profili, a cominciare dalla sua incedibilità. Il credito in capo al cessionario sorgerebbe, dunque, a titolo originario, non derivativo, cosicché qualunque vizio dovesse riguardare il diritto alla detrazione - compresa la radicale assenza dei presupposti, come si contesta nel caso di specie - non potrebbe trasmettersi al credito costituito. La correttezza di questa conclusione emergerebbe evidente dal testo dell'art. 121 del d.l. n. 34 del 2020, in forza del quale - nel caso di insussistenza dei requisiti per accedere all'agevolazione fiscale - gli effetti pregiudizievoli sorgerebbero esclusivamente in capo al beneficiario del Superbonus, ossia a colui che ha sostenuto le spese per gli interventi, al quale sarebbe imposto il versamento di quanto portato in detrazione;il cessionario (come la ricorrente), per contro, risponderebbe soltanto per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, oppure nell'ipotesi di concorso nella violazione compiuta dal beneficiario, da accertare secondo gli ordinari criteri penalistici. Soltanto in questi casi - estranei alla vicenda in esame - al cessionario sarebbe dunque precluso validamente disporre del credito, altrimenti di certo suscettibile di esser portato in compensazione o ulteriormente ceduto. La stessa conclusione, ancora, troverebbe conferma negli altri atti - interpretativi e normativi - riconducibili all'autorità di governo ed all'Agenzia delle Entrate, che il ricorso diffusamente richiama, dai quali risulterebbe, per un verso, che il credito "deriverebbe" dall'esercizio di opzione del beneficiario/cedente, e, per altro verso, che l'eventuale accertamento della mancanza dei presupposti per accedere al Superbonus non comporterebbe - in capo al cessionario - la perdita del diritto di utilizzare il credito acquistato, se non nelle limitate ipotesi appena richiamate. In nessun caso, dunque, il credito potrebbe esser ritenuto prodotto o profitto del reato, se non addirittura corpo del reato, come invece si legge nell'ordinanza. Ulteriore conferma, infine, risulterebbe dall'art. 3, comma 1, d.l. 25 febbraio 2022, n. 13, che prorogherebbe i termini di utilizzo dei crediti di imposta nel caso in cui gli stessi siano oggetto di sequestro disposto dall'Autorità giudiziaria, una volta cessati gli effetti del provvedimento. Ancora, si evidenzia che nessuno dei successivi interventi normativi sul testo, volti a ridurre il rischio di frodi, avrebbe previsto la perdita del diritto di credito in capo al cessionario, come invece affermato dal Tribunale. D'altronde, se la finalità ultima dell'incentivo fiscale in questione fosse quella di immettere nuova liquidità sul mercato, come sostiene la ricorrente, emergerebbe allora evidente la necessità di tutelare gli operatori economici protagonisti della circolazione di queste risorse;e proprio per rispondere a tale esigenza, dunque, la responsabilità del cessionario dovrebbe essere contenuta nei limitati termini di cui sopra, come peraltro espressamente indicato in tutte le fonti normative che il ricorso richiama (insieme ad un'ordinanza del Tribunale di Treviso), e delle quali il Tribunale non avrebbe tenuto conto. 1.2.Con il secondo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione degli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 240 cod. pen., in relazione agli artt. 10- quater e 12-bis, d.lgs. n. 74 del 2000, sotto il profilo della erronea interpretazione e applicazione della nozione di persona estranea al reato. Contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza, la ricorrente dovrebbe essere ritenuta (non solo persona offesa, ma anche) terzo di buona fede, avendo agito utilizzando tutti i dovuti criteri di diligenza;il mancato esperimento di controlli sostanziali, contestato dal Tribunale, non potrebbe infatti essere riconosciuto, in quanto soltanto l'Agenzia delle Entrate sarebbe titolare di un tale compito e, dunque, munita dei relativi poteri di accertamento, di certo "inaccessibili ai comuni cessionari." La stessa Groupama, peraltro, avrebbe comunque adottato elevati standard di diligenza professionale, come ampiamente documentato al Tribunale e richiamato nel motivo. 1.3.Con il terzo motivo deduce l'inosservanza e l'erronea applicazione del sequestro per equivalente ai danni di persona estranea al reato. Si lamenta infatti la surrettizia applicazione di un sequestro per equivalente ai danni di un soggetto terzo ed estraneo al reato, dato che la ricorrente avrebbe visto vincolata una somma di denaro che in nessun modo potrebbe essere ricondotta con certezza ai crediti qui in esame, facendo ormai parte di un insieme indistinto costituito dalla totalità dei crediti acquistati. D'altronde, l'assegnazione di un codice identificativo a ciascun credito comunicato all'Agenzia delle Entrate sarebbe stata introdotta solo successivamente, cosicché nulla confermerebbe che l'ingente somma sequestrata alla ricorrente abbia ad oggetto proprio i crediti sorti nella vicenda di cui al procedimento. 2. A confutazione della richiesta del PG di rigetto del ricorso, il 15/09/2022 CDP ha presentato una memoria con cui ha ribadito la fondatezza delle proprie argomentazioni. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso è infondato. 2.Nell'ambito del procedimento penale iscritto a carico di numerose altre persone, il pubblico ministero ha ritenuto l'esistenza di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di più delitti di truffa, evasione fiscale e falso onde beneficiare indebitamente del cd. "superbonus" previsto dagli art. 119 e 121, d.l. n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. La rubrica ipotizza che gli associati, operando per il tramite del Consorzio SGAI (legalmente rappresentato dal capo-promotore del sodalizio), «adescavano ignari privati cittadini interessati ad usufruire de/regime fiscale di favore introdotto con l'art. 121 del DL 34/2020 (cd. Superbonus 110%), che compilavano schede informative e sottoscrivevano contratti, e, dopo avere attestato falsamente l'esistenza dei presupposti di legge attraverso la posizione dei visti di conformità, emettevano fatture per lavori mai eseguiti, in tal modo facevano diventare il Consorzio titolare dei relativi crediti di imposta (pari al 100% di quanto fatturato incrementato del 10%), che successivamente venivano ceduti dietro corrispettivo e/o utilizzati in compensazione, per un totale di euro 109.892.524,00 di crediti di imposta, ceduti per un totale pari a 95.366.066,05 euro». L'attuazione del programma criminoso contemplava, di conseguenza, la consumazione dei delitti provvisoriamente rubricati ai capi 2 (artt. 81, cpv., 110, 481, 640, commi primo e secondo, n. 1, 61, nn. 7 e 11, cod. pen.: varie truffe pluriaggravate commesse ai danni, tra gli altri, di CDP, che aveva acquistato crediti in tal modo costituiti per un valore nominale complessivo di euro 4.776.675,20), 3 (artt. 8, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, 61, n. 2, cod. pen.: emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti siccome relative e lavori mai eseguiti), e 4 (artt. 110, 56, cod. pen., 10-quater, d.lgs. n. 74 del 2000: tentativo di omesso versamento di somme dovute al Fisco utilizzando in compensazione crediti inesistenti). 2.1.11 GIP, investito della domanda di cautela reale, ritenuta la sussistenza indiziaria dei reati e l'esigenza cautelare-impeditiva di cui al primo comma dell'art. 321, cod. proc. pen., con decreto del 18/01/2022 ha ordinato il sequestro preventivo dei beni già appresi dalla polizia giudiziaria in esecuzione dell'omologo decreto urgente del pubblico ministero, tra i quali, per quanto qui rileva, i crediti ceduti dal Consorzio a CDP.
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