Cass. civ., sez. I, sentenza 08/07/2009, n. 16052

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La sospensione di diritto dalla carica di consigliere comunale, a seguito di sentenza di condanna non definitiva per uno dei delitti previsti dall'art. 59, comma 1, lett. a), del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, non decorre dalla data della pubblicazione della sentenza di condanna, ma dalla comunicazione del provvedimento di sospensione emesso dal Prefetto al Consiglio comunale; ciò sulla base dell'interpretazione letterale e della "ratio" della disposizione, anche alla luce dei successivi commi 3 e 4 dello stesso art. 59, secondo cui l'intervento del Prefetto non è meramente dichiarativo, ma costitutivo dell'efficacia della sospensione.

In materia di contenzioso elettorale, le disposizioni di cui agli artt. 82, terzo comma, e 82-bis, secondo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, secondo le quali il ricorso va notificato alle controparti, unitamente al decreto presidenziale di fissazione dell'udienza, dopo il suo deposito presso la cancelleria del giudice adito, non si applicano al giudizio di cassazione, nel quale la comunicazione di tale decreto deve essere effettuata dalla cancelleria a norma dell'art. 377 cod. proc. civ., atteso che, in riferimento a tale giudizio, l'art. 82-ter dello stesso decreto prevede solo la fissazione dell'udienza in calce al ricorso già notificato.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 08/07/2009, n. 16052
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16052
Data del deposito : 8 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C C - Presidente -
Dott. P U R - rel. Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. B R - Consigliere -
Dott. D M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PREFETTO DELLA PROVINCIA DI RIETI (c.f. *80224030587*), domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- ricorrente -


contro
\RUGGERI SANDRO\ (c.f. *RGGSDR55M26G492X*), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BOCCA DI LEONE

78, presso lo STUDIO BDL, rappresentato e difeso dall'avvocato S D E, giusta procura a margine del controricorso;



- controricorrente -


contro
COMUNE DI RIETI, \MOZZETTI ATTILIO\;



- intimati -


avverso la sentenza n. 1681/2008 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 05/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2009 dal Consigliere Dott. U R P;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato M B che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA

Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 685/07 il Tribunale di Rieti, in accoglimento del ricorso D.P.R. n. 570 del 1960, ex art. 82 proposto da \Ruggeri Sandro\, annullava la Delib. del locale consiglio comunale adottata in data 1 ottobre 2007 con cui il ricorrente era stato sospeso dalla carica di consigliere comunale a seguito di condanna non definitiva per il reato di cui all'art. 317 c.p. inflittagli dal Tribunale di Rieti con sentenza n. 92 del 13.6.2003. Proponeva impugnazione il Prefetto della Provincia di Rieti con atto notificato, oltre che al \Ruggeri\, ad \Attilio M\, eventuale subentrante nella stessa carica, ed al Comune.
All'esito del giudizio la Corte d'Appello di Roma con sentenza del 18.4-5.5.2008, conformemente alle conclusioni del Procuratore Generale, rigettava il gravame, compensando integralmente fra le parti le spese del grado fra l'appellante ed il \Ruggeri\. Dopo aver riaffermato la legittimazione del prefetto, rilevava la corte d'Appello che correttamente il tribunale aveva ritenuto che il termine di sospensione dalla carica previsto in diciotto mesi in presenza di sentenza non definitiva di condanna per uno dei reati richiamati dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 59 (nel caso in esame l'art. 317 c.p.) decorre dalla data di pubblicazione della sentenza di condanna del giudice penale e non già da quella del provvedimento prefettizio che accerti l'esistenza di una tale causa o dalla delibera del consiglio comunale in quanto tali successive fasi amministrative hanno natura dichiarativa e/o di presa d'atto. Osservava quindi che nessuna rilevanza poteva assumere che solo dopo quattro anni fosse stata comunicata alla Prefettura da parte dell'ufficio giudiziario la sentenza di condanna a seguito di esposto indirizzato al Prefetto ed al Presidente del tribunale e che solo allora fosse stata avviata la procedura per la sospensione in quanto ormai si era consumato irreversibilmente il periodo di diciotto mesi. A conferma della correttezza di tale interpretazione richiamava il disposto dell'art. 59, comma 3, ultima parte, in esame il quale indica quale "dies a quo" dell'ulteriore termine di proroga di dodici mesi la data di emissione della sentenza di rigetto dell'appello proposto avverso la sentenza di condanna di primo grado. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione il prefetto della Provincia di Rieti che deduce un unico articolato motivo di censura.
Resiste con controricorso, illustrato anche con memoria, \Ruggeri Sandro\ che eccepisce in via pregiudiziale l'inammissibilità del ricorso per violazione del D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82, comma 3, sia perché notificato senza il decreto di fissazione dell'udienza da parte del Presidente della Corte di cassazione e sia per una valida costituzione in giudizio del ricorrente.
Nè il Comune ne' il \M\ hanno svolto attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
Pregiudizialmente devono essere rigettate entrambe le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate del \Ruggeri\. Quanto alla prima, riguardante la mancanza del decreto del Presidente della corte di cassazione di fissazione dell'udienza in calce al ricorso notificato e sollevata in relazione al D.P.R. n. 570 del 1960, art. 82, comma 3, aggiunto dalla L. n. 1147 del 1966, art. 1,
si rileva che è da tempo consolidato il principio secondo cui in tema di contenzioso elettorale detto decreto non deve essere notificato unitamente al ricorso ma solo comunicato dal cancelliere ai sensi dell'art. 377 c.p.c. (Cass. 456/82;
Cass. 2778/83). La disposizione in esame non prevede infatti una tale modalità, a differenza del precedente art. 82, comma 2 relativo alla notifica dell'atto di appello, ma solo la fissazione dell'udienza in calce al ricorso già notificato, con la conseguenza che la comunicazione non può che avvenire mediante la cancelleria, come prevede il richiamato art. 377 c.p.c.. Per quanto riguarda la seconda, con cui è stata dedotta l'inosservanza dei termini perentori per la costituzione in giudizio, peraltro sollevata senza alcuna indicazione delle date ma solo del tutto genericamente, si osserva che, relativamente al difensore del \Ruggeri\, al comune ed alla Procura generale presso la corte d'Appello di Roma, l'atto è stato spedito per la notifica il 7.10.2008 ed il deposito è avvenuto il 16.10.2008, mentre per il \M\, nei cui confronti è stato spontaneamente integrato il contraddittorio da parte dell'Avvocatura Generale, la notifica del ricorso è avvenuta il 22.10.2008 ed il deposito il 30.10.2008. In entrambi i casi quindi risulta rispettato il termine dimezzato prescritto dall'art. 82, comma 3 di giorni dieci rispetto a quello di venti previsto dall'art. 369 c.p.c.. Con l'unico motivo di ricorso il Prefetto della Provincia di Rieti denuncia violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 59 commi 1, 3 e 4.
Lamenta che la Corte d'Appello abbia ritenuto per la sospensione prevista dalla richiamata norma per l'ipotesi di condanna non definitiva decorra dalla data di pubblicazione della sentenza e non già dal provvedimento del prefetto comunicato al consiglio comunale, senza tener conto, in primo luogo, che una tale interpretazione, e cioè se si consideri la sospensione già in corso, priva di significato il compito attribuito dalla legge al Prefetto di accertare la sussistenza della causa di sospensione e di notificare il relativo provvedimento all'organo conciliare ed, in secondo luogo, che in tal caso le delibere adottate con la partecipazione del consigliere per il quale si è verificata la causa di sospensione con l'effetto immediato dalla pubblicazione della sentenza dovrebbero considerarsi illegittime. Sostiene inoltre che in base ad una corretta interpretazione deve convenirsi invece, al fine di evitare una sospensione meramente virtuale, che la misura della sospensione, pur sorgendo con la sentenza definitiva, produce i suoi effetti solo con la delibera del consiglio comunale. Deduce infine l'erroneità dell'argomento tratto dall'art. 59, comma 3, riguardante la diversa ipotesi di proroga della sospensione per la durata di dodici mesi con decorrenza dalla sentenza di conferma della condanna di primo grado in quanto in tal caso sia la Prefettura che il consiglio comunale sono già a conoscenza del provvedimento e ben possono seguire lo sviluppo della vicenda penale.
Orbene l'interpretazione del D.Lgs. n. 265 del 1999, art. 59, fornita dai giudici di merito offre un quadro sulle modalità di applicazione dell'istituto della sospensione degli amministratori pubblici locali, raggiunti da una sentenza di condanna non definitiva per determinati reati, non giustificata dalla lettera e dalla "ratio" della norma. Va in primo luogo precisato che la previsione dell'operatività "di diritto" espressamente prevista dal comma 1 non consente alcun riferimento di ordine temporale e non può quindi considerarsi sinonimo di immediatezza, indicando invece sia l'assenza di qualsiasi discrezionalità da parte del giudice e, conseguentemente degli organi amministrativi richiamati dalla stessa norma allorché si accerti la responsabilità per uno dei reati previsti dal combinato disposto di cui al comma 1, lett. A, dell'art. 58 e dell'art. 59 della legge in esame e sia la sua applicazione in sede amministrativa anche qualora il giudice penale abbia omesso di dichiarare la sospensione, atteso che trattasi di un effetto penale della condanna di natura provvisoria, la cui durata è prevista in misura fissa senza alcuna discrezionalità in merito.
La diversa interpretazione adottata dalla Corte d'Appello - secondo cui l'intervento del Prefetto e quello del Consiglio Comunale hanno natura meramente dichiarativa, o di presa d'atto mentre il momento costitutivo è rappresentato unicamente dalla sentenza di condanna da cui quindi comincerebbe a decorrere il termine di sospensione - priverebbe del resto di ogni significato, come correttamente ha dedotto il ricorrente, il comma 4 dello stesso art. 59 il quale prevede la comunicazione della decisione (che in sospensione comporti) al Prefetto il quale, "accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimento agli organi, che hanno convalidato l'elezione o deliberato la nomina". Non si vede infatti quale finalità dovrebbero soddisfare l'accertamento da parte del Protetto della causa di sospensione a la successiva comunicazione se la sospensione medesima dovesse intendersi già operante a seguito della sentenza.
In tal caso infatti sarebbe sufficiente prevedere la comunicazione da parte della cancelleria direttamente all'organo consiliare. Nè può sfuggire come tale accertamento da parte del Prefetto ben si accordi con la natura di effetto penale, sia pure cautelare, della sospensione e con la necessità quindi, di una sua iniziativa anche qualora il dispositivo di condanna della sentenza non preveda espressamente, come sopra si è evidenziato, l'applicazione della sospensione.
Del resto, sotto altro profilo, può altresì rilevarsi che non è estraneo all'ordinamento l'ipotesi di provvedimenti già esecutivi che richiedono però una verifica integrativa da parte di altri, soggetti, come ad esempio, per ricordare il caso più eclatante, la necessità dell' apposizione della formula esecutiva prevista dall'art. 475 c.p.c., in calce alla sentenza per poter procedere alla sua esecuzione.
Lo stesso è da dirsi, quindi, attesa la formulazione della norma, nel caso in esame, con la conseguenza che l'intervento del Prefetto deve ritenersi, non già meramente dichiarativo, ma costitutivo dell'efficacia, vale a dire un passaggio obbligato volto alla verifica da parte dell'organo amministrativo designato che la sospensione sia stata disposta ovvero che la condanna riguardi uno dei reati per i quali è prevista.
Diversamente, come esattamente ha sostenuto l'Avvocatura, qualora il periodo di diciotto mesi successivo alla sentenza di condanna trascorra, come è avvenuto nel caso in esame, senza che i menzionati organi amministrativi siano venuti a conoscenza della sentenza, si configurerebbe una sorta di sospensione virtuale in quanto caratterizzata dalla presenza dell'organo consiliare del soggetto sospeso.
Ma una tale conseguenza, non valutata dalla Corte d'Appello, non tiene altresì conto che la norma, oltre all'interesse generale costituito dalla necessità che degli organi elettivi pubblici non facciano parte, sia pure in via provvisoria, soggetti raggiunti da pronunce di condanna per determinati reati ritenuti incompatibili con il mandato ricevuto, tutela soprattutto l'interesse del singolo ente di cui l'organo consiliare è l'espressione.
Con riferimento al caso in esame, non può certamente negarsi infatti l'interesse del Comune al concreto rispetto della normativa sulla sospensione di cui si discute, interesse che trova la sua prima tutela proprio nel diritto alla conoscenza del relativo provvedimento, vale a dire del requisito indispensabile perché essa possa avere pratica attuazione.
Nell'interpretazione della legge la ricerca dell'interesse che si è inteso tutelare o, se si vuole, della sua finalità costituisco infatti il metodo più sicuro per conferirle il significato più corretto.
Nè ha considerato la Corte d'Appello che in una tale situazione dovrebbero allora ritenersi invalide tutte le delibere cui ha partecipato il soggetto virtualmente sospeso. Dalle due, l'una o il soggetto condannato non si considera sospeso prima della comunicazione ufficiale da parte del Prefetto ovvero, se la sospensione decorre immediatamente, non possono considerarsi valide le delibere cui ha partecipato in qualità di consigliere. Una tale argomentazione non trova ostacolo, come pure si è sostenuto, nel comma 2, secondo cui "nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando non sia convalidata la supplenza, non sono computati al fine della verifica del numero legale, ne' per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata".
Detta previsione postula necessariamente infatti la conoscenza dell'intervenuto provvedimento di sospensione in quanto, diversamente, l'organo deliberante non si potrebbe porre il problema dell'eventuale supplenza ed, in mancanza, dell'esclusione dal computo del membro sospeso.
Del pari non può condividersi l'ulteriore argomentazione che la Corte d'Appello ha. tratto dall'ultima parte del comma 2 dello stesso art. 59, riguardante l'ipotesi in cui la sospensione debba essere reiterata per il periodo di dodici mesi qualora, entro il precedente termine di diciotto mesi, la sentenza di condanna venga confermata in appello con decisione non definitiva. Con riferimento a tale ipotesi la Corte territoriale ha sottolineato infatti l'espressa previsione della decorrenza del nuovo termine direttamente dalla sentenza di appello e l'ha considerata altamente significativa per l'interpretazione della norma relativa al primo periodo di sospensione.
Detta conclusione si presta pero a due ordini di considerazioni: una di carattere formale e l'altra dettata dall'esigenza di non assimilare situazioni diverse.
Quanto alla prima, è evidente la diversa previsione formulata nelle due ipotesi, facendo espresso riferimento la norma all'intervento del Prefetto per la prima applicazione del provvedimento di sospensione e prevedendo invece testualmente la decorrenza dalla sentenza di appello nel caso in cui la decisione di primo grado venga confermata in appello.
Quanto alla seconda obiezione, non può certamente negarsi la diversità di situazioni in quanto nell'ipotesi di cui al comma 3, a differenza di quella relativa alla prima applicazione, l'organo consiliare, essendo già a conoscenza dello stato di sospensione in cui versa un suo membro, ben può comportarsi di conseguenza attivandosi per conoscere gli sviluppi del procedimento penale e riammettere eventualmente il suddetto membro sospeso il quale, oltre tutto, ha certamente interesse a rendere edotto il consiglio dell'avvenuta decorrenza.
Il ricorso va pertanto accolto e l'impugnata sentenza cassata. Ricorrendo le condizioni per una decisione nel merito, si rigetta il ricorso introduttivo proposto da \Ruggeri Sandro\ avverso la Delib. 1 ottobre 2007, n. 17, con cui il Consiglio Comunale di Rieti lo aveva sospeso dalla carica di consigliere comunale. La novità della questione giustifica la totale compensazione delle spese dell'intero giudizio.

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