Cass. pen., sez. I, sentenza 13/06/2019, n. 26180
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ciato la seguente SENTENZA Sul ricorso proposto da: 1) C G, nato il 17/01/1957;Avverso l'ordinanza emessa il 02/07/2018 dal Tribunale di Roma;Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. A C;Lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona di P M, che ha concluso per il rigetto del ricorso;v RILEVATO IN FATTO 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma, quale Giudice dell'esecuzione, rigettava la richiesta di G C, finalizzata a ottenere la correzione del provvedimento di esecuzione di pene concorrenti n. 2369/2008 R.E.S., emesso nei suoi confronti dalla Procura della Repubblica di Roma il 23/03/2009, nella parte in cui utilizzava, a titolo di fungibilità, la frazione di custodia cautelare di un anno, otto mesi e diciotto giorni - sofferta per il reato di cui agli artt. 110 e 609-bis cod. pen., per il quale era stato assolto dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 19/05/2015 - prima di riconoscere all'istante il beneficio dell'indulto previsto dalla legge 31 luglio 2006, n. 241. Tale richiesta veniva presentata da C allo scopo di ottenere la riparazione per l'ingiusta detenzione e veniva rigettata dal Giudice dell'esecuzione sull'assunto che nel momento in cui la frazione detentiva in questione, per effetto della sentenza di assoluzione emessa nei suoi confronti, diventava sine titulo si convertita automaticamente in periodo fungibile, rilevante ai sensi dell'art. 657 cod. proc. pen. 2. Avverso tale ordinanza G C, a mezzo dell'avv. M C, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all'art. 657 cod. proc. pen., conseguente al fatto che il periodo di custodia cautelare di un anno, otto mesi e diciotto giorni di custodia cautelare, sopra citato, veniva reso fungibile prima dell'applicazione dell'indulto di cui alla legge n. 241 del 2006, con la conseguente contrazione temporale del beneficio, riconosciuto nella sola misura di un anno, un mese e ventuno giorni. Ne discendeva che il Giudice dell'esecuzione non aveva tenuto conto dell'interesse del ricorrente all'applicazione dell'indulto di cui alla legge n. 241 del 2006 nella sua massima estensione, valutando il periodo di detenzione ingiustamente sofferto anche nella prospettiva di cui all'art. 314 cod. proc. pen., posto dal legislatore in alternativa alla fungibilità della pena. Queste ragioni imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
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